· Città del Vaticano ·

La spinta a colmare mancanze nel teatro di Čechov

Nel giardino
delle complessità

 Nel giardino delle complessità  QUO-086
15 aprile 2024

Desiderare, avvertire la profonda mancanza di qualcosa: un sentimento potente e vitale capace di muovere ogni cosa e tracciare il percorso delle nostre stesse esistenze; un sentimento tremendamente complesso e pieno di sfaccettature, veicolato dal nostro essere e dalla nostra sensibilità.

Il drammaturgo russo Anton Čechov, tra i maggiori autori letterari e teatrali del xix secolo, ci parla del desiderio attraverso due tra le sue più importanti opere teatrali: Il gabbiano (1896) e Il giardino dei ciliegi (1904). I personaggi di questi due testi si ritrovano a vivere istanze attribuibili ad ogni essere umano, messe in scena attraverso l’espressione di intense sfumature emozionali e complessi stati d’animo. Complessità che si va ad amalgamare perfettamente all’interno del racconto con una grande componente narrativa che, appunto, riguarda proprio l’intenso “desiderare” dei personaggi protagonisti. Se con Il gabbiano abbiamo la possibilità di osservare, in linea generale, quello che si identifica sempre di più come un impellente bisogno di amore, con Il giardino dei ciliegi, invece, abbiamo la sensazione che il desiderio sia un elemento fortemente legato ad una dimensione pressoché definibile “illusoria”: i progetti e i ragionamenti stessi dei personaggi, infatti, sembrerebbero costantemente veicolati da una fragile speranza che, agli occhi del pubblico, appare sin dall’inizio vana. Non a caso, l’elemento che accomuna questi desideri espressi dai personaggi, di entrambe le opere, è proprio la tragedia costituita dall’impossibilità di realizzarli.

La trama de Il gabbiano espone l’intrecciarsi di diverse individualità in una vicenda che sembrerebbe non lasciare possibilità di appagamento sentimentale per nessuno: Kostja (Konstantin Treplev), giovane drammaturgo teatrale, destinato a non ricevere mai l’affetto e l’approvazione che si aspetterebbe dalla madre, la famosa attrice Arkadina (Irìna Nikolàevna Arkàdina), e tormentato dall’amore non corrisposto per Nina, una giovane aspirante attrice. Proprio quest’ultima finirà per essere conquistata da Trigorin, noto scrittore e amante di Arkadina, che convincerà Nina a partire con lui verso Mosca, avvolto dal desiderio di un amore puro, giovanile e genuino. Scelta che, ovviamente, spezzerà il cuore di Arkadina e Kostja, incapaci, intanto, di trovare conforto l’uno con l’altra. Tragico è, inoltre, il forte sentimento provato da Maša nei confronti di Kostja, troppo preso dalla sua passione per il teatro e il suo tormento emotivo anche solo per accorgersene. Appare chiaro, quindi, quanto sia fondamentale l’amore tra le tematiche di quest’opera. Un amore profondo, crudele e spesso ambiguo che domina i protagonisti e indirizza ogni loro singolo passo. È interessante notare come i personaggi dell’opera e le loro aspirazioni siano strettamente legati tra loro, in un concatenarsi di eventi che lasciano spazio ad un epilogo dal sapore amaro, senza soluzione.       

Sapore amaro sicuramente riscontrabile anche nelle ingenue speranze dei protagonisti de Il giardino dei ciliegi, troppo orgogliosi e testardi per riuscire a raggiungere il loro obiettivo di salvare la meravigliosa proprietà che, per molti anni, era stata la loro casa. La grande magione e il vasto giardino, ormai non più splendenti come un tempo, rischiano di andare perduti per sempre a causa dei debiti finanziari accumulati dalla famiglia negli anni. Le soluzioni a tale problema, in realtà, si rivelano essere ben poche e la maggior parte delle volte, purtroppo, inattuabili.

Čechov in questo testo ci racconta di una vicenda senza speranza: il desiderio espresso dai personaggi, parimenti i loro progetti riguardo il futuro, sono strettamente guidati da un senso di fede che non poggia fondamento su alcuna base stabile. Inoltre, sin dal principio, i protagonisti si trovano ad avere una profonda e dolorosa consapevolezza del fatto che non ci sarà modo di tornare alla vecchia gloria e ricchezza che il giardino dei ciliegi aveva rappresentato in passato. Anche la soluzione più pragmatica, di dividere il giardino in tanti lotti da affittare ai villeggianti d’estate, non viene neanche presa in considerazione dall’aristocratica russa Ljuba che, proprietaria della tenuta, rifiuta l’idea che il suo prezioso giardino, simbolo di gioventù e infanzia, venga distrutto. Nel finale la famiglia sarà costretta a lasciare la proprietà, venduta all’asta, con il rumore degli alberi di sottofondo che vengono abbattuti.

Quest’opera, pubblicata da Čechov nel 1904, è molto probabilmente lo specchio stesso del drammaturgo che, ammalato di tubercolosi, trasporta il suo, ormai, rassegnato stato d’animo all’interno dell’atmosfera generale del testo. I protagonisti rifiutano la realtà, sono dissociati da essa. Ogni tentativo di trovare una soluzione è indissolubilmente legato alla consolazione di tante parole capaci di alleggerire il pensiero ma empiricamente senza utilità. Un desiderio vacuo, destinato a non avverarsi.     

di Leonardo Carducci