· Città del Vaticano ·

Al Cairo si tratta sulla tregua

Netanyahu: per l’attacco
a Rafah «c’è già una data»

TOPSHOT - Boys walk with a large sack containing collected plastic past the rubble of a destroyed ...
09 aprile 2024

Tel Aviv , 9. Nonostante il ritiro delle truppe israeliane da Khan Yunis, nel sud di Gaza, si fa concreta la prospettiva di un attacco di terra a Rafah, al confine con l’Egitto. L’operazione «accadrà, c’è già una data», ha infatti annunciato il premier, Benjamin Netanyahu, alimentando ulteriormente gli attriti con gli Usa che, invece, ribadiscono la propria contrarietà.

La diplomazia intanto è di nuovo al lavoro al Cairo per tentare di trovare un accordo sulla tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi israeliani, ma gli esiti sono a rischio fallimento. Dopo il cauto ottimismo filtrato ieri sera tanto sui media israeliani che su quelli arabi, Hamas ha espresso insoddisfazione per un’ultima proposta di Israele perché non risponde «a nessuna delle richieste del nostro popolo e della nostra resistenza».

Ora, però, si starebbe ragionando su una nuova proposta formulata dagli Stati Uniti. Secondo fonti egiziane, sul tavolo ci sono sei settimane di tregua in cambio del rilascio di 40 ostaggi, con un parziale ritorno di sfollati palestinesi nella parte nord della Striscia, la liberazione di un massimo di 900 prigionieri detenuti nelle carceri israeliane e la consegna di 400-500 camion di aiuti alimentari al giorno a Gaza. Nel frattempo, il capo della Cia, William Burns, ha chiesto uno stop immediato ai combattimenti durante la festa di Eid al-Fitr, che chiude il Ramadan. «La proposta per il rilascio degli ostaggi è stata consegnata ad Hamas, aspettiamo la loro risposta», anche se «ci potrebbe volere un po’ di tempo», ha riferito il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby.

Per parte palestinese, mentre fonti dell’organizzazione islamista spiegano all’Afp che «si sta studiando» l’accordo, un alto funzionario in Libano, Ali Baraka, confida alla Reuters che in realtà la proposta di cessate-il-fuoco è già stata respinta. A dominare, pertanto, è l’incertezza. E desta scalpore la rivelazione pubblicata dal «Times of Israel» di un rapporto confidenziale di un team di veterani dell’intelligence Usa e israeliana, secondo il quale non si dovrebbe permettere al Qatar di continuare a svolgere il ruolo di negoziatore chiave: esso — si legge nel testo — «non opera come mediatore indipendente» perché «beneficia direttamente delle ricadute geopolitiche e dei disordini derivanti dalle sue politiche».

Sicura è invece la pressione internazionale per mettere un freno a una guerra che tiene altissima la tensione con il Libano, l’Iran e lo Yemen. Per un cessate-il-fuoco e il sostegno alla creazione di uno Stato palestinese si sono espressi anche il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e il suo omologo cinese, Wang Yi, in un incontro a Pechino; mentre la Turchia ha imposto limiti alle esportazioni di numerosi beni verso Israele, compresi prodotti in acciaio, ferro e alluminio.

Sul campo ancora combattimenti. Almeno altri 16 morti, anche bambini, si registrano in raid su Khan Yunis e Maghazi: ucciso anche il sindaco di quest’ultima, Hatem Al-Ghamri.