· Città del Vaticano ·

Migliaia di sfollati rientrano a Khan Yunis dopo il ritiro dell’esercito israeliano dal sud di Gaza. Stallo nei negoziati per la tregua

Ritorno tra le macerie

epa11264877 A handout photo made available by the Egyptian Presidency shows Egyptian President Abdel ...
08 aprile 2024

Tel Aviv , 8. È uno scenario di devastazione quello che trovano quanti rientrano a Khan Yunis, nel sud di Gaza, dopo l’annuncio del ritiro delle truppe israeliane. Un ritorno tra le macerie della città ritenuta da Israele la roccaforte di Hamas, assediata per quattro mesi, che consegna a migliaia di sfollati, fuggiti ancora più a sud, nell’area di Rafah, non più terra e abitazioni, ma sabbia e detriti (che la Banca mondiale ha quantificato in 26 milioni di tonnellate). La prospettiva a breve termine è quella di continuare a vivere nelle tende di emergenza, provare a mettere in sicurezza alcune aree per evitare i furti degli sciacalli, e scavare sotto le macerie per recuperare ricordi personali od oggetti che potrebbero ancora tornare utili.

La notizia che Israele avrebbe ritirato l’esercito dalla zona meridionale della Striscia è giunta a sorpresa domenica 7 aprile, nel giorno del sesto mese di guerra — rimarranno solo i militari della Brigata Nahai che controllano il Corridoio Netzarim che divide i 363 chilometri quadrati dell’enclave palestinese in maniera orizzontale dal kibbutz Be’eri fino alla costa marittima — è stata spiegata dal ministro della Difesa, Yoav Gallant, il quale ha chiarito che la decisione è stata presa «nel momento in cui Hamas ha cessato di esistere come struttura militare in città». Ora, ha aggiunto, «le nostre forze hanno lasciato l’area per prepararsi alle loro future missioni, inclusa la missione a Rafah».

Il ritiro israeliano, hanno specificato alcune fonti, sarebbe riconducibile solo all’esigenza di garantire ai soldati un «periodo di riposo» per potersi riorganizzare. L’opzione di una operazione militare via terra nella città al confine con l’Egitto rimane dunque sul tavolo, tanto che le prossime settimane potrebbero servire per fare evacuare i circa 1,5 milioni di sfollati ammassati nelle tendopoli, anche se non è ancora chiaro dove possano essere diretti. E la Casa Bianca non ha mancato di far filtrare la «frustrazione» del presidente degli Usa, Joe Biden, che ha ribadito a Israele la richiesta a «fare di più».

La svolta nella strategia militare ha segnato comunque, secondo fonti delle Forze di difesa israelane (Idf), l’avvio della “terza fase” dell’operazione bellica, ovvero, quella «dei raid mirati e limitati».

Proprio nel giorno della decisione sul ritiro da Khan Yunis sono ripresi anche i colloqui al Cairo, sostenuti da Egitto, Qatar e Usa in particolare, per cercare di arrivare a una soluzione sul cessate-il-fuoco e il rilascio degli ostaggi in mano ai jihadisti. Fonti egiziane — citate dai media di Doha — hanno inizialmente fatto trapelare un certo ottimismo, riferendo di una possibile tregua temporanea da martedì prossimo per i tre giorni successivi della Festa di Eid el- Fitr, che mette fine al mese di Ramadan.

Ma tanto Israele che i palestinesi hanno smentito. «La distanza tra le parti è ancora grande e finora non c’è stato nulla di sostanziale», hanno riferito fonti del governo israeliano rilanciate da Canale 12 e dal quotidiano «Yedioth Ahronoth». «Al momento non si registrano progressi», ha detto una fonte da Gaza all’emittente libanese Al-Mayadeen, aggiungendo che «tutti i tentativi e gli sforzi dei mediatori si sono scontrati con l’ostinazione israeliana».

Sul terreno proseguono gli scontri. L’agenzia Wafa afferma che almeno sette persone sono morte e diverse altre rimaste ferite in un bombardamento israeliano di stamattina sul campo profughi di Shujaiya, nel centro della Striscia.

Mentre si registrano fibrillazioni nel governo di Benjamin Netanyahu: il ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, dice che senza un intervento su Rafah «il premier non avrà più il mandato per continuare», e il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha convocato il suo partito per «consultazioni urgenti» dopo il ritiro da Khan Yunis.