Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta,
perché, quando questa verrà a mancare,
essi vi accolgano nelle dimore eterne
(Luca, 16, 9)
Questo detto di Gesù, a prima vista piuttosto oscuro e fin sconcertante, è incastonato all’interno di una pagina nella quale l’evangelista Luca ha raccolto diversi insegnamenti di Cristo sulla ricchezza. Ad esempio, si ha un monito severo sul denaro che può diventare un idolo, esigente come il vero Dio: «Non potete servire a Dio e a mammona» (Luca, 16, 13). Il termine che è usato per definire la ricchezza è di origine aramaica, la lingua parlata in Terrasanta al tempo di Gesù: è curioso notare che la parola mammona contiene al suo interno la stessa radice (’mn, donde il nostro amen) del verbo della fede (“avere fiducia, credere”).
Si confrontano, così, due fedi antitetiche e san Paolo ammonisce severamente che «l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti» ( 1 Timoteo, 6, 10). Celebre è anche il motto paradossale di Cristo: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno di Dio» (Luca, 18, 25).
Ma ora veniamo al testo evangelico che abbiamo proposto. Di scena è qui la «ricchezza disonesta»: letteralmente in greco si ha «la mammona dell’ingiustizia». Si tratta, dunque, di una ricchezza frutto di corruzione, di prevaricazione, di ingiuste operazioni finanziarie. Ebbene, suggerisce Gesù, usatela per farvi veri amici, cioè donatela in opere di carità ai poveri. Essi, che secondo la Bibbia sono i privilegiati e i protetti da Dio, quando voi morirete, vi accoglieranno nelle «tende eterne», come si dice nell’originale, ossia vi faranno entrare in Paradiso tra i giusti.
Come è evidente, Cristo indica una strada per “lavare” il cosiddetto denaro “sporco”, la strada della carità fraterna, della generosità nei confronti dei miseri. In questa luce anche la ricchezza può trasformarsi da rischio di perversione e di idolatria in strumento positivo di salvezza. Ascoltiamo ancora Gesù in Luca: «Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e dove tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore» (12, 33-34).
Poche righe dopo la frase che stiamo esaminando, Gesù ammonisce sulla necessità della fedeltà sia nell’operare con le ricchezze materiali sia con quelle spirituali: «Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta — in greco c’è ancora “mammona ingiusta” — chi vi affiderà quella vera? E se non siete fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?» (16, 11-12). L’appello introduce, così, due distinte realtà, i beni esteriori, materiali e spesso disonesti, e i beni interiori, spirituali, personali. Lo stile della persona giusta è costante in ogni campo del suo agire, sia economico sia religioso, sia civile sia ecclesiale.
di Gianfranco Ravasi