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Nel paese senza più balocchi Cresce il numero di giovani e adolescenti coinvolti nell’azzardo

Un castello di carte per prevenire

 Un castello di carte per   prevenire  ODS-020
07 aprile 2024

Il gioco è direttamente correlato alla creatività, all’apprendimento, alla creazione del pensiero astratto, alla capacità di trovare soluzioni e di rivedere le proprie sequenze d’azione. Il gioco è terreno di sviluppo cognitivo, comunicativo e motorio, oltre ad offrire infinite opportunità di socializzazione. È il simbolico e le regole concrete, la disciplina e le prime esperienze di autonomia. È integrazione dell’Io e relazione con l’Altro. Disciplinando le spinte egoistiche e aggressive svolge una funzione di autoconsapevolezza, facendosi volano per il senso civico e il riguardo nei confronti della collettività.

È per questo e per molto altro che ogni essere umano, bambino o adulto che sia, non può prescindere dalla dimensione ludica.

Come per tutto ciò che reca piacere, però, il gioco può essere causa dell’instaurarsi della dipendenza, diventando a tutti gli effetti patologia.

A tal proposito il Dipartimento Dipendenze Patologiche asl Taranto in collaborazione con il Collettivo artistico Sano/sano di Grottaglie ha avviato nel 2024 un’iniziativa indirizzata alle prime classi delle scuole di secondo grado di città e provincia, finalizzata a far conoscere le dipendenze ed educare alla prevenzione attraverso l’arte e lo stesso gioco, stimolando la riflessione e il dibattito tra professionisti del settore e studenti.

Attraverso uno o più volontari, ma con la collaborazione di tutta la classe, si tratta di riuscire a costruire un grande castello di carte, oggetto emblematico della precarietà in cui si trovano a vivere le persone con disturbo da gioco d’azzardo.

Lo studente volontario (a turno, se a partecipare sono più di uno) raccoglie una carta da un secondo mazzo che riporta una domanda sul disturbo da gioco d’azzardo. Se dà la risposta corretta, il giocatore potrà scoprire altre carte dove sono raffigurate opere in ceramica e fotografiche, veri e proprie opportunity che renderanno la costruzione del castello più semplice. In caso contrario, lo stesso dovrà pescare dal mazzo degli imprevisti che i compagni utilizzeranno, ad esempio azionando un ventilatore o ponendo sugli occhi del giocatore delle lenti distorcenti la sua visione, che metteranno a rischio la tenuta del castello.

Ogni imprevisto rimanderà, in maniera più o meno velata, alle alterazioni che gli stati di dipendenza generano nei soggetti che ne sono vittime.

Ogni opportunity racconterà le marcate connotazioni sociali e sanitarie del gioco patologico.

Al progetto hanno contribuito Deni Bianco, maestro cartapestaio pluripremiato al carnevale di Putignano, che ha realizzato gli imprevisti, il maestro ceramista Giorgio Di Palma e il fotografo Dario Miale, le cui opere contribuiscono anche all’allestimento di una mostra nella scuola che ospita l’iniziativa. Le domande alle quali i giovani partecipanti sono chiamati a rispondere sono state realizzate dall’équipe del Gioco Patologico e delle dipendenze comportamentali del Dipartimento per le dipendenze della asl di Taranto, diretto dalla dottoressa Vicenza Ariano.

A conclusione del gioco, saranno proprio gli operatori del servizio a riprendere i contenuti delle carte relativamente alle risposte corrette e ancor più a quelle sbagliate dai partecipanti, avviando una discussione fuori dalle consuete modalità dell’intervento ex cattedra su gioco patologico e altre dipendenze comportamentali e non solo (gaming, dipendenza da internet...).

È di Bruno Munari, pittore futurista, designer, educatore e poeta, l’espressione «Giocare è una cosa seria», proprio perché il gioco non è solo svago e divertimento, ma è anche e soprattutto un’attività fondamentale per conoscere e sperimentare il mondo, e non solo nell’infanzia. Nelle finalità dei promotori del progetto «Siamo qui per giocare!», realizzato con fondi della regione Puglia, vi è la valorizzazione di questa imprescindibile occupazione umana, ma anche la coscientizzazione che la stessa perderebbe il suo più profondo e vitale significato appropriandosi dell’intero tempo di vita.

Il gioco è un’attività che trova il suo senso, infatti, tra le altre, tante opportunità riservate all’essere umano, che smetterebbe il proprio significato più autentico facendosi compulsione e dipendenza patologica.

Di gioco si può parlare, dunque, giocando e parlandone insieme, perché essere seri su argomenti così importanti non significa necessariamente essere seriosi e distanti.

Anna Paola Lacatena