Ha tante sfaccettature la parola “gioco”. È come un poliedro con facce luminose, quando la pensiamo associata allo sport e al divertimento; buie e cupe, se legata soprattutto all’azzardo. Nel suo decennale magistero Papa Francesco le ha guardate, analizzate, denunciate e ha offerto indicazioni per riconoscere, ad esempio, il valore relazionale del gioco o la pericolosità di una dipendenza che fa soffrire e distrugge le famiglie.
Francesco associa spesso l’azzardo alla mancanza di speranza, generata dalle difficoltà, dai dolori e dai problemi che strangolano la vita di molti. «Persone — sottolinea il Papa alla diocesi di Roma, il 17 giugno 2013 — immerse in una profonda tristezza da cui cercano di uscire credendo di trovare la felicità nell’alcol, nella droga, nel gioco d’azzardo, nel potere del denaro, nella sessualità senza regole… Ma si ritrovano ancora più delusi e talvolta sfogano la loro rabbia verso la vita con comportamenti violenti e indegni dell’uomo».
Negli occhi di Francesco ci sono ancora tante donne anziane di Buenos Aires che andavano in banca per prendere la pensione e poi si dirigevano nei luoghi dove poter “giocare” d’azzardo. «È una patologia — spiega il 3 febbraio 2018 alla Consulta nazionale antiusura — che ti prende e ti uccide».
Il vuoto che si avverte per la mancanza di un lavoro, il sentirsi indegni per questo, un impiego che non gratifica, ma anzi umilia, un rapporto finito male, un matrimonio in frantumi: sono tante le esche che il male lancia per stringere più forte il suo laccio. Francesco non si nasconde, parla apertamente del diavolo, «il padre della menzogna», che «nasconde le sue insidie dietro l’apparenza della sofisticazione, il fascino di essere “moderni”, di essere “come tutti gli altri”. Egli ci distrae con il miraggio di piaceri effimeri e di passatempi superficiali. In tal modo noi sprechiamo i doni ricevuti da Dio, giocherellando con congegni futili; sprechiamo il nostro denaro nel gioco d’azzardo e nel bere; ci ripieghiamo su noi stessi. Trascuriamo di rimanere centrati sulle cose che realmente contano».
Nella debolezza e nella ricerca di nuovi idoli, cresce il desiderio dell’uomo di spegnere il proprio malessere ricorrendo a soluzioni immediate che invece di risolvere, complicano fortemente il futuro. Parlando il 4 febbraio 2017 all’incontro “Economia di comunione”, promosso dal movimento dei Focolari, il Papa mette in guarda dal rischio di un capitalismo che vede nel denaro un vero e proprio idolo. «La “dea fortuna” — sottolinea — è sempre più la nuova divinità di una certa finanza e di tutto quel sistema dell’azzardo che sta distruggendo milioni di famiglie del mondo. I singoli prodotti (le auto, i telefoni…) invecchiano e si consumano, ma se ho il denaro o il credito posso acquistarne immediatamente altri, illudendomi di vincere la morte».
«Il principale problema etico di questo capitalismo — spiega il Papa — è la creazione di scarti per poi cercare di nasconderli o curarli per non farli più vedere. Una grave forma di povertà di una civiltà è non riuscire a vedere più i suoi poveri, che prima vengono scartati e poi nascosti. Gli aerei inquinano l’atmosfera, ma con una piccola parte dei soldi del biglietto pianteranno alberi, per compensare parte del danno creato. Le società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse creano. E il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine. Questa è l’ipocrisia!».
Nel cuore di Francesco c’è la disgregazione delle famiglie, messe alla prova dalle dipendenze e soprattutto dall’azzardo che rischia di farle finire sul lastrico. È un incastro di sofferenze che si sommano: dalla depressione che porta a giocare alle slot machine o al “gratta e vinci” come anche al casinò on line, dall’incapacità di smettere, dalle bugie che si dicono per coprire gli ammanchi in banca. Tutti gradini che portano alla distruzione della persona e del mondo che la circonda.
In loro il Papa vede «volti e storie che ci interpellano», davanti alle quali non si può rimanere indifferenti. «Questi nostri fratelli e sorelle — scrive Francesco in un messaggio alla 49.ma Settimana sociale dei cattolici italiani, 4 ottobre 2021 — sono crocifissi che attendono la risurrezione».
Ma se da una parte c’è la sofferenza dell’uomo e della famiglia, dall’altra il giro d’affari è davvero importante. Sono numeri che fanno spavento e che danno il segno dell’emergenza che l’azzardo genera, un «cancro sociale» l’aveva definito da Buenos Aires il cardinale Bergoglio, nel 2010, al pari del narcotraffico e della droga. «Le bombe — evidenzia il Papa nel discorso all’università Roma Tre, il 17 febbraio 2017 — distruggono i corpi, le dipendenze distruggono le menti, le anime, e anche i corpi». Parole pronunciate davanti a tanti giovani, le vittime preferite del gioco compulsivo. Una pratica che inevitabilmente interferisce nella loro vita e nelle loro abitudini con il pericolo di sfociare, nei casi più gravi, in un disturbo patologico, detto anche “gambling”, riconosciuto come una vera e propria dipendenza.
Internet è il luogo deputato al gioco, l’ambiente digitale definito dal Papa nell’esortazione apostolica Christus vivit, pubblicata il 25 marzo 2019, che in alcuni casi diventa “un territorio di solitudine, manipolazione, sfruttamento e violenza”, fino al dark web. I media digitali — scrive Francesco — possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche. Nuove forme di violenza si diffondono attraverso i social media, ad esempio il cyberbullismo; il web è anche un canale di diffusione della pornografia e di sfruttamento delle persone a scopo sessuale o tramite il gioco d’azzardo».
Il Papa una via la intravede nell’arginare il fenomeno: è quella famiglia che certamente rischia di disgregarsi, ma allo stesso tempo può diventare la roccia a cui aggrapparsi, anche di fronte al dramma dell’azzardo. Parlando alla General Assembly and Conference della European parents’ Association, l’11 novembre 2023, Francesco ricorda la gravosità del compito educativo che spesso coglie impreparate le coppie. Si sofferma in particolare sulla necessità di accudire i figli, ma anche stimolarli a maturare e a diventare autonomi, educarli sulla strada delle buone abitudini «nel rispetto della loro personalità e dei loro doni, senza imporre le nostre aspettative». «O ancora: trasmettere loro — dice il Pontefice — una positiva formazione all’affettività e alla sessualità; difenderli da minacce quali bullismo, alcol, fumo, pornografia, videogiochi violenti, azzardo, droga, eccetera».
È in quel nucleo protettivo a cui bisogna tornare, nel «luogo dell’incontro, della condivisione, dell’uscire da sé stessi per accogliere l’altro e stargli vicino, nel primo luogo dove si impara ad amare».
Francesco, nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, sottolinea quanto la famiglia «sia luogo della prevenzione», scuola di dialogo e anche del «mettersi in gioco». Il gioco è infatti costruzione di una relazione tra genitori e figli.
Il Pontefice lo sa bene e più volte, nel suo dialogo con le famiglie, ha rimarcato quanto sia importante. Lo ha fatto anche parlando al convegno diocesano di Roma, il 16 giugno 2014, rivelando che nella confessione fa sempre la stessa domanda: «E tu hai tempo per giocare con i tuoi figli?». La risposta è quasi sempre la stessa. «Ma, Padre, io quando vado a lavorare alla mattina, loro dormono, e quanto torno, alla sera, sono a letto, dormono». «Questa non è vita! — afferma il Papa —. È una croce difficile. Non è umano. Quando ero arcivescovo nell’altra diocesi avevo modo di parlare più frequentemente di oggi con i ragazzi e i giovani e mi ero reso conto che soffrivano di orfandad, cioè di orfanezza. Credo che lo stesso avvenga a Roma. I giovani sono orfani di una strada sicura da percorrere, di un maestro di cui fidarsi, di ideali che riscaldino il cuore, di speranze che sostengano la fatica del vivere quotidiano».
Una società di orfani, di nonni lontani, di mamme e papà “mangiati” dagli orari del lavoro. La soluzione per il Papa è buttarsi a terra per giocare nonostante la stanchezza, quel “perdere tempo” che è un cammino fruttuoso e creativo.
Ai genitori della parrocchia romana del Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi, il 6 maggio 2018, Francesco ripete che i valori si trasmettono giocando. «Bisogna saper giocare, saper parlare, saper perdere tempo con i figli. Questo — sottolinea il Pontefice — è il “dialetto” dell’amore, che fa trasmettere tutti i valori e la fede… Il nocciolo dell’amore è la famiglia. Quello che non si impara nella famiglia difficilmente si imparerà fuori».
Giocare per terra con papà, giocare pasticciando ai fornelli con mamma, giocare all’aperto con un fratello o una sorella e giocare in squadra anche in famiglia: quanti modi per crescere nella relazione, nel rispetto e nell’educazione!
Giocare per mettersi in gioco, non è un semplice mescolare le parole, è una prospettiva chiara da seguire. Papa Francesco la indica nell’incontro con il Centro sportivo italiano, il 7 giugno 2014, invitando i tanti ragazzi a «mettersi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio ed entusiasmo. Mettersi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un “pareggio” mediocre, dare il meglio di sé stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre». Perché la bellezza del gioco di squadra è stare insieme e crescere nella fraternità.
Un detto dice: «Sbagliando si impara», aggiungiamo da oggi: «Sbagliando, ma pure giocando, si impara». E anche molto.
di Benedetta Capelli