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Se vince il mercato In pericolo la salute, la legalità e la democrazia

La grande ipocrisia

 La grande ipocrisia  ODS-020
07 aprile 2024

Se ci si affida solo al mercato, allora mettiamoci l’anima in pace: l’azzardo vince a mani basse. Perché la scelta delle “regole del gioco” — anche se è una metafora che fa paura quando si parla di salute pubblica e democrazia — non le detta la fortuna, ma, per l’appunto, sono frutto di scelte: della politica, innanzitutto, e, in particolare, di chi si assume l’onere e l’onore di servire l’interesse pubblico. La crescita del giro d’affari intorno al business dell’azzardo vale davvero il cumulo di sofferenze che si riversa sulle persone e sulle famiglie (patologie, impoverimento, indebitamento…), se non di tragedie (studi scientifici rilevano una correlazione tra rischio suicidario e azzardo) e il pericolo di alimentare le organizzazioni criminali?

Evidentemente sì. Lunedì 11 marzo, il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame definitivo, un decreto legislativo sul riordino del comparto del gioco online che si propone di aumentare gli incassi da parte dello Stato, ma, allo stesso tempo, apre a nuove forme di azzardo e di business. Inascoltato l’allarme lanciato dalla Consulta nazionale antiusura che, durante il passaggio parlamentare nelle Commissioni Finanze e Bilancio, aveva evidenziato le gravi criticità del provvedimento chiedendo norme rispettose dell’integrità della persona umana e della famiglia, della salute pubblica e in generale del principio dell’utilità sociale.

«Il provvedimento del governo — spiega Maurizio Fiasco, sociologo e consulente della Consulta nazionale antiusura — da una parte, grazie al canale digitale renderà superfluo acquistare i tagliandi delle lotterie dal tabaccaio. Un’app sullo smartphone simulerà l’abrasione del cartoncino fisico. Dall’altra parte, con un consorzio di bookmakers di vari paesi si allargherà il giro delle scommesse, introducendo quelle così denominate “a liquidità condivisa”, una sorta di fondo comune tra compagnie del betting per lanciare il poker nell’area Schengen. Così, dopo l’Europa della moneta unica, ci sarà l’Europa dell’azzardo senza frontiere».

Per la sua attività di studioso del fenomeno dell’azzardo e di denuncia delle gravi ripercussioni a livello individuale e sociale, il prof. Fiasco è stato insignito nel 2015 dal presidente Sergio Mattarella dell’onorificenza riservata ai “nuovi eroi” della Repubblica Italiana. Da esperto, il suo giudizio sul nuovo decreto è molto severo, soprattutto per il ribaltamento di prospettiva che innesca, ponendo al primo posto gli interessi economici e al secondo le conseguenze dell’azzardo sulla salute delle persone. «Il decreto — spiega — toglie di mezzo un organismo indipendente di monitoraggio dell’azzardo, qual era l’”Osservatorio” istituito presso il Ministero della Salute, e attribuisce le funzioni di controllo a una “Consulta dei giochi pubblici ammessi in Italia” presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze nella quale deliberano anche i rappresentanti privati delle società concessionarie. È persino un eufemismo chiamare questa presenza “conflitto d’interesse”».

«C’è anche un altro aspetto che mi preoccupa — continua —. Quello che punta a qualificare il “videogioco” quale mezzo di “espressione artistica, di educazione culturale e di comunicazione sociale”. Anche se sono previste limitazioni nei confronti dei minori di 12 anni, si recupera il concetto di “gioco responsabile” (questione assai controversa anche nella letteratura internazionale), al netto di nessun contenimento della pratica. La pretesa è “educare” il giocatore. Così resta nell’ombra quanto le forme di questi giochi siano correlate a una patologia».

Tutto questo accade senza che l’opinione pubblica venga adeguatamente informata. Fiasco ha denunciato anche questa “congiura del silenzio”, come ha scritto di recente sul quotidiano “Avvenire”, l’unica voce che, da anni, porta avanti una campagna di informazione sul fenomeno dell’azzardo e i suoi pericoli. D’altra parte, assolto il sistema, l’unico “colpevole” è il giocatore o, meglio, chi non sa giocare “in modo responsabile”. Ma ha davvero senso parlare di “gioco responsabile”?

«Nel 2004 – dice Fiasco – tre clinici (uno statunitense, un canadese e un australiano), considerati tra i massimi esperti in materia, si riunirono a Reno nel Nevada e tirarono fuori il protocollo sul “responsible gambling”, il gioco responsabile. Guarda caso il simposio era sponsorizzato dalle compagnie del gioco d’azzardo. Secondo i tre ricercatori, in questo modo, si possono mettere d’accordo i consumatori, le concessionarie e lo Stato, sviluppando una strategia che non ha un forte impatto sulla salute e nello stesso tempo si fa carico dei giocatori con disturbi clinici. Per la stragrande maggioranza delle persone il gioco d’azzardo è un passatempo innocuo e piacevole. Per una minoranza può comportare dei rischi. L’obiettivo di questo protocollo è sviluppare dei “prodotti” in modo tale che questa minoranza non interferisca con la libertà di divertimento della maggioranza».

«Il mondo — continua Fiasco — si divide sostanzialmente tra una metà che non gioca, e non conosce nulla di questa realtà, e l’altra metà che gioca. Di questa metà, il 20% lo fa abitualmente e in questo 20% è presente la componente patologica. Per questa parte di popolazione esiste una diagnosi di gioco d’azzardo compulsivo. Fermarsi a questi dati vuol dire però avere una visione limitata e distorta di un fenomeno complesso. Dobbiamo immaginare di avere di fronte un prisma, dove ogni faccia è connessa all’altra. Per cui se tu ne guardi una sola ti sfugge l’insieme. Siamo nel regno della fortuna, del non determinabile, ma nulla è determinato dal caso. Tutto è all’interno di una progettazione. È come l’azione lobbistica dell’industria delle armi, secondo la quale non sono le armi che uccidono, ma è l’uomo che preme il grilletto, spara e uccide. Su oltre 150 milioni di persone che detengono un’arma, solo qualche migliaio spara e uccide. Ma se tu metti al denominatore gli omicidi e al numeratore gli omicidi da arma da fuoco, la prospettiva cambia completamente. La stessa cosa vale nell’azzardo».

L’Italia non fa eccezione, anzi. «Nel 2018, quindi con il 30% meno di denaro giocato rispetto ad oggi — ricorda Fiasco — una ricerca epidemiologica dell’Istituto Superiore di Sanità inquadrava nel gioco d’azzardo circa un milione e mezzo di persone con disturbo clinico. Avevamo circa 5 milioni di giocatori abitudinari, dai quali deriva circa l’80% del volume del denaro che si perde, l’80% del gettito per lo Stato e l’80% del profitto dei concessionari. Da tempo, però, abbiamo superato un’analisi puramente sanitaria. La salute non è l’assenza della malattia, ma il completo stato di benessere psichico, fisico e relazionale della persona nella sua complessità. Quindi, la sofferenza non è solo di coloro che hanno una diagnosi di disturbo clinico, ma è una sofferenza che si riverbera sui contesti significativi. Per ogni persona con diagnosi di patologia, ci sono altre 6, 7 o 8 che soffrono altrettanto. E i primi sono i familiari».

Danni per niente “collaterali”, tant’è che Stato e concessionari non solo si premurano di avvertire i giocatori sui rischi ai quali vanno incontro, ma spendono anche denaro per “curare” la malattia che hanno provocato. Senso di colpa o una grande ipocrisia? Fiasco ricorda un discorso «molto bello» di Papa Francesco e lo cita quasi a memoria: «Nel 2017, rivolgendosi ai partecipanti a un incontro sull’“economia di comunione” promosso dal movimento dei Focolari, il Papa disse: “Gli aerei inquinano l’atmosfera, ma con una piccola parte dei soldi del biglietto pianteranno alberi, per compensare parte del danno creato. Le società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse creano. E il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine. Questa è l’ipocrisia!”. Ed è quello che succede».

Un altro aspetto inquietante riguarda le infiltrazioni criminali. Anche su questo Fiasco è chiaro: «All’interno della popolazione patologica c’è sempre un contatto con il mondo dell’illegalità: per il prestito, il finanziamento e, quindi, l’usura. Questo è un primo aspetto della questione. Ma non è l’unico. Se si estende la platea dei dipendenti si estende anche, in proporzione, una domanda di gioco d’azzardo illegale. Inoltre, in forza della minore perseguibilità delle forme di alterazione del gioco, la criminalità si è inserita in una quota rilevante del settore legale, sia a livello di concessionari sia a livello di gestori locali».

Eppure, un modo per spezzare questo circolo vizioso ci dovrà pur essere. La “ricetta” del prof. Fiasco è articolata, ma semplice. «Come contenere questo fenomeno? È una domanda che attraversa la mia testa costantemente. Sul piano tecnico, bisognerebbe fare esattamente quello che è stato fatto con il decreto Sirchia, all’epoca ministro della Salute, sul fumo, con luoghi dov’è interdetto. Fissare quindi le franchigie legate al tempo e agli orari, stabilendo fasce nella giornata in cui non si può giocare. Questo sarebbe il primo provvedimento. Il secondo, imporre un rallentamento dei ritmi, una giocata alla slot machine non deve durare meno di enne secondi. In ogni tipologia di gioco deve essere introdotto una interruzione per dare modo al nostro apparato cognitivo di avere contezza di quello che accade. Terzo provvedimento: emanare delle norme precise sull’organizzazione degli spazi in cui si gioca, sulle frequenze luminose, sulle frequenze sonore. Se ci mettiamo su un piano pragmatico, come Sirchia è riuscito a ridurre del 24% il fumo, riusciremo anche a ridurre il numero di persone che giocano. Questo innescherebbe un processo virtuoso: diminuendo la popolazione patologica, si ridurrebbero i margini di profitto, quindi la protervia degli investimenti, quindi la pressione delle lobby. Si ripristinerebbe la sovranità delle assemblee legislative e tornerebbe in primo piano l’integrità della salute della persona».

di Mario Guerra