· Città del Vaticano ·

Riflessioni sugli auguri di Pasqua

Una nuova vita di libertà

 Una nuova vita di libertà  QUO-070
26 marzo 2024

Negli ultimi decenni lo sviluppo del dialogo interreligioso ha fatto incontrare membri di molte religioni differenti, creando relazioni che incoraggiano esperienze reciproche del cuore delle fedi. Comprendere e conoscere i fondamenti delle credenze e delle pratiche altrui arricchisce gli auguri sinceri porti nelle nostre diverse celebrazioni religiose. Poiché eravamo in un rapporto di amicizia ed eravamo entrambi impegnati nel dialogo interreligioso, a Buenos Aires, in due occasioni (11 settembre 2004 e 8 settembre 2007) ho invitato l’allora arcivescovo della città, Jorge Mario Bergoglio, ora Papa Francesco, a parlare alla congregazione della mia sinagoga. Entrambi i sermoni sono stati pronunciati in quel tempo dell’anno in cui gli ebrei si preparano all’imminente arrivo del nuovo anno ebraico. Le sue parole, tratte dalla Bibbia ebraica, affrontavano argomenti che ogni ebreo pensa e per cui prega in quel tempo.

Allo stesso modo, anche a me vengono in mente parole di saluto in questo momento in cui i cristiani si preparano per l’imminente celebrazione della Pasqua. Le loro memorie e i loro rituali in questo tempo sono incentrati sul martirio e sulla morte di Gesù e sulla fede nella sua risurrezione. Questo schema di riflessione e di preghiera ha alcuni parallelismi con altre narrative presenti nella Bibbia ebraica. Il racconto del diluvio ai tempi di Noè (Genesi, 6, 9 - 8, 22) parla della distruzione dell’umanità e della messa in salvo di un’unica famiglia dalla quale emergerà una nuova umanità. Dio manda un messaggio per mitigare l’angoscia umana dinanzi al disastro vissuto: l’arcobaleno nel cielo è una testimonianza divina del fatto che in futuro non ci saranno altre distruzioni come quella che ha sommerso la faccia della terra (9, 9-17). Un altro testo con uno schema simile è Ezechiele, 37. Il popolo ebraico traumatizzato, esiliato a Babilonia dopo la distruzione delle sue case in Giudea e del Tempio di Gerusalemme, sente ormai prossima la fine della sua esistenza. In mezzo a questa devastazione, Ezechiele ha la visione di una valle piena di scheletri. Dio gli rivela che le ossa rappresentano il popolo ebraico che esclama: «La nostra speranza è svanita» (37, 11). Tuttavia, Dio predice che gli scheletri saranno di nuovo ricoperti di carne, arterie, vene e pelle, e che insufflerà in loro lo spirito di vita, di modo che possano tornare nella terra di Giuda. Il prospettato ritorno, di fatto, si verificò durante il regno dell’imperatore persiano Ciro intorno al 539 prima era comune.

Lo schema ricorrente del popolo d’Israele che soffre per mano di popoli vicini perché ha infranto la sua Alleanza con Dio (vedi per esempio Levitico, 26; Deuteronomio, 25) e alla fine viene riscattato nella letteratura rabbinica è conosciuto come “i rimproveri” (Devarim Rabbah, 4:1). Questa dinamica riscontrata nella Bibbia ebraica può essere in qualche modo applicata al racconto pasquale di Gesù. L’essenza — così mi pare — è che la misericordia di Dio redimerà l’umanità dalle ingiustizie e dalle trasgressioni che continua a commettere. L’umanità, malgrado la sua incapacità di fuggire dal circolo vizioso dell’ingiustizia e della crudeltà che la imprigionano, verrà redenta grazie all’aiuto di Dio. La famiglia umana sperimenterà una nuova vita di libertà. Questa speranza è condivisa da ebrei e cristiani.

Negli ultimi anni l’umanità ha vissuto una serie di catastrofi che, tragicamente, sono costate la vita a milioni di persone. La pandemia di covid-19, il moltiplicarsi di guerre e conflitti, i disastri climatici, nonché la mancanza di giustizia e di uguaglianza, hanno fatto sprofondare una grande parte di umanità in una vita di miseria. Di certo, la mancanza di speranza di riuscire a vivere dignitosamente provata da molti è uno dei principali fattori che spinge le persone verso diversi tipi di dipendenza. Nel libro postumo di Stefan Zweig, Die Welt von Gestern. Erinnerungen eines Europäers (Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo), pubblicato nel 1942, il grande scrittore descrive l’Europa nella quale scrive, concludendo con il suo disagio per l’ascesa del nazismo. Inviò il manoscritto alla sua casa editrice e il giorno seguente, il 22 febbraio 1942, si tolse la vita insieme alla moglie a Petrópolis, in Brasile. Il suo libro offre la testimonianza viscerale di un uomo che vive un’angoscia esistenziale di fronte alla malata barbarie che ha trasformato molta parte del mondo in terra di orrore e disperazione.

Un messaggio della Pasqua cristiana, che affonda le radici nel Pesach ebraico, è che Dio porterà nuova vita malgrado la terribile angoscia che schiaccia coloro che soffrono. Possa questa convinzione essere di incoraggiamento a molti durante questo tempo di Pasqua e anche durante il tempo di Pesach, che quest’anno, essendo un anno lunare bisestile per gli ebrei, viene eccezionalmente celebrato quasi un intero mese dopo. Noi ebrei e cristiani siamo persone di speranza. Queste riflessioni siano un saluto sincero da parte di un ebreo alla comunità cattolica prima che celebri la nuova vita a Pasqua.

di Abraham Skorka
Georgetown University (Washington)