· Città del Vaticano ·

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu approva una risoluzione per una tregua a Gaza grazie all’astensione degli Stati Uniti. Dure critiche di Israele a Washington

Primo segnale

US Ambassador to the United Nations Linda Thomas-Greenfield (2nd R) abstains during a resolution ...
26 marzo 2024

New York , 26. Per la prima volta, dopo quasi sei mesi di conflitto, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione che chiede «l’immediato cessate-il-fuoco a Gaza durante il Ramadan». Un primo segnale di compattezza da parte della comunità internazionale reso possibile dall’astensione degli Stati Uniti, che hanno deciso di non porre il veto. Il testo — che aggiunge la necessità di arrivare a «un un cessate-il-fuoco durevole e sostenibile, e al rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, nonché la garanzia dell’accesso umanitario per far fronte alle loro esigenze mediche e umanitarie» — è così passato con 14 voti favorevoli e una astensione. Pertanto, ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, deve essere «immediatamente attuato, perché un fallimento sarebbe imperdonabile»,

La risoluzione ha fatto infuriare Israele, che l’ha definita «una vergogna» perché non condanna l’attacco di Hamas del 7 ottobre e segna in particolare un punto di rottura nel rapporto con gli Stati Uniti. La decisione di astenersi è «un passo indietro» dell’amministrazione Biden, ha attaccato l’ufficio del premier, Benjamin Netanyahu, che ha aggiunto come «questo ritiro» danneggi «lo sforzo bellico e per liberare i nostri ostaggi, perché offre a Hamas la speranza» che le pressioni internazionali di fatto avvantaggino gli islamisti.

Immediati gli effetti anche sul piano pratico: Netanyahu ha infatti subito annullato la missione di alti esponenti israeliani che, su richiesta del presidente, Joe Biden, avrebbero dovuto recarsi a Washington per discutere dello stato di avanzamento della guerra e dell’annunciata operazione militare a Rafah.

Una presa di posizione, quest’ultima, che ha «molto deluso» la Casa Bianca, ha detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, il quale ha poi giustificato l’operato in seno all’Onu sostenendo che l’astensione «non rappresenta un cambiamento nella nostra politica», e che gli Usa restano a «sostegno di un cessate-il-fuoco come parte di un accordo sugli ostaggi». Inoltre, la risoluzione «non è vincolante» e «non ha nessun impatto sulla capacità di Israele di continuare a colpire» i jihadisti, ha aggiunto. Intanto il ministro della Difesa israeliana, Yoav Gallant, si trova già a Washington dove ieri ha incontrato il segretario di Stato, Antony Blinken, e il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, mentre oggi dovrebbe incontrare il segretario alla Difesa, Lloyd Austin.

Scontata la soddisfazione per quanto accaduto all’Onu da parte di Hamas. L’organizzazione islamista si è detta disponibile «ad impegnarsi in un immediato processo di scambio di prigionieri che porti al rilascio dei detenuti di entrambe le parti», ma su Telegram ha tenuto a ribadire di aver informato i mediatori di Doha (dove si svolgono i negoziati, dai quali Israele ha oggi deciso di ritirare parte della sua delegazione) che le proprie richieste non cambiano: «cessate-il-fuoco completo, ritiro delle truppe dalla Striscia, ritorno degli sfollati e un vero scambio di prigionieri».

In questo quadro si segnala anche la dichiarazione dell’ex presidente Usa, Donald Trump, sfidante di Biden alle prossime elezioni presidenziali, che in una intervista a «Israel Hayom», media in lingua ebraica degli Stati Uniti, ha chiesto per la prima volta pubblicamente a Netanyahu di «porre fine alla guerra a Gaza». Pur sostenendo il diritto all’autodifesa di Israele, ha detto infatti, «dobbiamo arrivare alla pace».

Tuttavia, il governo israeliano al momento non intende retrocedere: «Non ci fermeremo — ha ammonito il ministro degli Esteri, Israel Katz —: distruggeremo Hamas e continueremo a combattere finché l’ultimo degli ostaggi non sarà tornato a casa».

Di «passo positivo ma «insufficiente» ha parlato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanani, che ha aggiunto come «più importante» sia «intraprendere azioni efficaci per attuare la risoluzione e fermare gli attacchi dell’aggressore regime sionista contro Gaza e la Palestina, revocare completamente il crudele blocco nella Striscia e riaprire i valichi per inviare aiuti umanitari internazionali». E proprio a Teheran è atteso in queste ore il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, che — riporta l’agenzia Mehr — dovrebbe incontrare il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian.

Sul terreno proseguono i combattimenti. Almeno 30 palestinesi sono morti in un raid israeliano nelle vicinanze dell’ospedale Al-Shifa, a Gaza City; mentre a Rafah sarebbero 18, tra cui 9 bambini, le vittime di un attacco nella notte.