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Bailamme

L’inciampo della ginestra

 L’inciampo della ginestra  QUO-067
22 marzo 2024

A Giurdignano, in provincia di Lecce, è morto un ragazzo di tredici anni dopo un ricovero di cinque giorni in seguito a una caduta dalla sedia a rotelle all’uscita da scuola. È stata aperta un’inchiesta per accertare la dinamica e le responsabilità del tragico evento. Al di là delle doverose indagini, restano davanti ai nostri occhi le istantanee di una storia che esige una voce che ci salvi dalla tentazione di una disperazione soffocante. Il ragazzo era affetto da distrofia muscolare, segnato da una malattia che intrappolava l’anima indomita dell’adolescenza. E a questo scandalo si aggiunge quello ancora più assurdo di un inciampo, una caduta che diventa fatale.

Un giovane corpo già esperto di dolore viene beffato a morte da un inciampo. Fa male, malissimo immedesimarsi. Nessuna penna cinica scriverebbe una trama così. Non sappiamo il nome del ragazzo, chiamiamolo Giacomo come il poeta definito da tutti pessimista e che invece ci lasciò uno sguardo spalancato sull’innegabile valore infinito di ogni anima. Che ne è di vite appena sbocciate che volano via subendo, apparentemente, i colpi più brutti di una realtà matrigna? Profumano il mondo, rispose Leopardi.

Sull’arida schiena del Vesuvio sterminatore cresce una «lenta, odorata» ginestra, «contenta dei deserti». Non c’è cosa più assurda di un arbusto che sta dove tutto si distrugge e nessuno abita. «Mandi un profumo / che il deserto consola». È follia sprecare del giallo e un buon profumo dove una colata di lava può arrivare senza preavviso. I fiori si mettono in vetrina, non sulle pendici dei vulcani. Ci si mette il profumo per incontrare il fidanzato, non per stare in un posto disabitato. Ma è proprio questa nostra logica a soffocare il respiro.

Un ragazzo di tredici anni, vissuto sulle pendici del patire, ha profumato di sé il posto in cui è rimasto piantato. Caduto troppo presto, sì. Eppure presente in ogni sua giornata vissuta accanto ad amici e cari. A dare un profumo che altrove non si sente, soffocato dal fetore di chi misura l’umano con grafici di mera efficienza produttiva o accattivante visibilità.

Non è un eroismo impazzito quello della ginestra. L’eroismo dei vinti è una scusa che tira fuori l’orgoglio umano quando i dati della realtà scoppiano tra le mani. È, semmai, la follia della presenza quella che trapela nel mistero di certe vite vissute come un fiore giallo e profumato attecchito sui fianchi di un vulcano.

Spogliata di ogni abito di utilità ed eccellenza, ogni vita resta «cosa buona» come disse Dio della Creazione. È una misura che sballa i conti, e abbraccia di bene il qui e ora. 

di Annalisa Teggi