· Città del Vaticano ·

(s)Punti di vista
Sui rischi insiti nella malafede ideologica

L’animo della guerra

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22 marzo 2024

Nella Filosofia della pratica – era il 1909, maturavano le condizioni della prima guerra mondiale, l’inizio della guerra civile europea che avrebbe afflitto il Novecento e che oggi purtroppo interessi potenti hanno riacceso e puntano a tenere aperta per decenni, perché l’Europa dall’Atlantico agli Urali pare non possa e non debba essere in pace, un’idea geopolitica che genera fastidio «lì dove si puote quel che si vuole» — Benedetto Croce si chiedeva se si poteva abolire la guerra. Non la sua «categoria dialettica», come si esprimeva, cosa impossibile purtroppo «perché la guerra è insita alla vita», «ma la possibilità o meno di evitare nel secolo ventesimo, e nei paesi di Europa, quella empirica guerra, che si fa coi cannoni e con le navi corazzate; che costa miliardi, quando non si fa, e decine di miliardi, quando si fa; e da cui il vincitore stesso esce spossato e vinto».

Ecco questa guerra qui, era il pensiero di Croce, si poteva e si può evitare, perché è decisione nelle mani e nel cuore degli uomini. Sempre che non si dimentichi che la guerra, o la pace con cui la si può chiudere ogni volta che sia accenda, così come la politica, appartiene alla sfera pratica dell’economica e non a quella dell’etica, da affrontare in termini di utilità e non di giustizia, evitando qualsiasi approccio di tipo moralistico (il che non esclude affatto il nesso tra politica e morale). E che la guerra pur insita alla vita dello spirito, che non aleggia nei cieli, ma tempesta nel «legno storto dell’umanità», avrebbe detto Kant, è sempre un singolo fatto storico, da considerare di volta in volta nella sua concretezza e nella sua peculiarità.

Gramsci, commentando questo Croce nei Quaderni del carcere, con alle spalle la prima guerra mondiale e davanti i segni premonitori della seconda, scriveva: «Ciò che importa al Croce è che gli intellettuali non si abbassino al livello della massa, ma capiscano che altro è l’ideologia, strumento pratico per governare, e altro la filosofia e la religione che non deve essere prostituita nella coscienza degli stessi sacerdoti».

Ecco quello di cui avremmo bisogno oggi, se vogliamo intendere il senso dell’invito di Papa Francesco, alla Radio svizzera, sul coraggio non di arrendersi ma di aprirsi alla pace, nell’interesse del proprio popolo, meschinamente letto come un invito ad alzare bandiera bianca senza condizioni a Kiev — quello di cui abbiamo bisogno è che gli «intellettuali», oggi i grandi sistemi di informazione, non prostituiscano la loro coscienza all’ideologia, non si mettano al servizio «servile» degli interessi politici, economici, militari cui sono allineati o in cui sono embedded. Per tornare a Croce, il bisogno di ogni «uomo di scienza», anche gli uomini collettivi, gli organi di informazione, i Think Tanks, pur tenuti a servire la propria patria in guerra, pur tenuti quando ricorra alla «necessità della guerra, di non «farsi l’animo di guerra, cioè di chiamare bianco il nero e nero il bianco». Croce lo scriveva all’amico tedesco Vossler nel settembre del 1919, perché solo il non viversi nell’animo della guerra poteva riportare la pace in Europa davvero, ancorché formalmente la Grande Guerra fosse finita.

Ecco Francesco ci ha detto questo: non ci sarà tregua d’armi per trattare di pace (la richiesta della «bandiera bianca», che non è neppure immagine sua ma ripresa dalla domanda del suo intervistatore), e tanto meno pace, se continueremo a farci la guerra, anche quelli che la reputano necessaria, con «l’animo della guerra». Andargli a chiedere a Francesco da chi si è fatto e promuove ogni giorno da due anni «l’animo della guerra», di «schierarsi» con l’Ucraina e contro la Russia, perché ha «invaso», perché questo è contro il diritto internazionale e la morale, e questo è sufficiente a togliere dal campo ogni sforzo tra le parti di trovare un punto di intesa tra i loro torti e le loro ragioni, di intendere genesi e contesto del conflitto, se non è malafede ideologica, è stupidità storica e politica che l’Europa tutta, a cominciare dall’Ucraina e dal suo popolo, rischia di pagare a caro prezzo. Si chiede a Francesco di farsi «chierichetto» dell’Occidente, lui che ha rinfacciato a Kirill patriarca moscovita che non poteva farsi chierichetto di Putin, dovere delle Chiese essendo solo quello di servire all’unico trono cui si possono alzare altari oggi, quello dell’umanità intera, dei popoli e della loro convivenza. E tutto questo mentre si sentono discorsi sugli «scarponi» europei da portare sul teatro di guerra, mentre quello che serve, per evitare la catastrofe, sono le giacche e le cravatte dei diplomatici.

di Eugenio Mazzarella