· Città del Vaticano ·

Incontro organizzato dal Cuamm all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede

Non lasciare soli i religiosi
che curano in Africa

 Non lasciare soli i religiosi che curano in Africa  QUO-065
20 marzo 2024

Un continente in cui girano più armi che medicinali e dove non esistono le strutture necessarie alla sopravvivenza della popolazione: in tale contesto operano le tante congregazioni religiose che si impegnano nel sostegno al popolo africano. E proprio la salute resta una delle sfide più drammatiche. Una riflessione sullo stato della sanità in Africa è stata il fulcro dell’evento dal titolo Supporto alle congregazioni religiose nella fornitura di servizi sanitari in Africa, organizzato mercoledì 20 marzo dall’associazione Medici con l’Africa Cuamm (Collegio universitario aspiranti medici missionari) all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Tanti i temi affrontati: dal ruolo delle agenzie di cooperazione per la promozione della salute in Africa all’impegno delle fondazioni nel supporto alle congregazioni religiose, fino alle difficoltà nel garantire servizi sanitari di qualità in contesti a basse risorse.

Dopo l’apertura affidata all’Ambasciatore d’Italia presso la Sante Sede, Francesco Di Nitto, al direttore di Medici con l’Africa Cuamm, don Dante Carraro, e al delegato del Ministero della salute dell’Uganda, Tom Aliti, si sono susseguiti interventi e testimonianze che hanno descritto la situazione sanitaria nel continente africano. I principali problemi emersi sono tre: la mancanza di personale qualificato, la carenza di infrastrutture adeguate e lo scarso equipaggiamento. «La Repubblica Centrafricana, per fare un esempio, ha dieci pediatri in tutto il suo territorio; l’Etiopia, paese con 120 milioni di abitanti, ha cinquanta ortopedici in tutto lo stato. Sono numeri veramente bassi», osserva Carraro, secondo il quale le difficoltà maggiori riguardano proprio il personale, ma non si fermano lì: «Gran parte delle strutture cattoliche sono quelle che noi definiamo “l’ultimo miglio” del sistema sanitario. Sono strutture che deperiscono rapidamente, difficili da mantenere e che, di conseguenza, hanno bisogno di un rinnovamento. La terza grande sfida, poi, riguarda l’equipaggiamento: anche questo è difficile da riparare e deperisce velocemente». Ma un tema decisivo, secondo don Dante, è quello legato alla governance: «Per interagire in maniera attiva con la parte governativa serve una governance molto solida delle congregazioni. Il nostro aiuto è supportare proprio queste strutture sanitarie della Chiesa cattolica».

Le organizzazioni basate sulla fede sono importantissime per la sanità in Africa. «Rappresentano dal 30 al 70 per cento dell’aiuto sanitario che viene dato alla popolazione povera», spiega ancora il direttore di Medici con l’Africa Cuamm: «Si tratta di una fetta importante di un servizio che è in gran parte governativo, gestito dai vari paesi, ma è integrato e supportato dai servizi sanitari della Chiesa cattolica. Quindi un grande contributo».

A testimoniare le difficoltà delle congregazioni religiose nella gestione della sanità in Africa è anche suor Adou Adjua Josephine, segretaria dell’Unione dei religiosi per la coesione sociale in Costa d’Avorio: «Lavoriamo tanto con i poveri, ma le risorse sono scarse. Abbiamo pochi finanziamenti e con il Cuamm è partita la richiesta per ottenere un partenariato con lo Stato italiano, in particolare con il Ministero della salute». Suor Josephine sottolinea il problema legato alla mancanza di professionisti: «Noi lavoriamo ma non abbiamo i mezzi per pagare dei medici. La gente povera viene da noi perché la consultazione medica costa meno, ma molti non posseggono denaro. La nostra organizzazione ha la missione di curare queste persone, anche se non hanno soldi». Fondamentale, dunque, rispondere ai bisogni delle congregazioni sul posto: «Lo sviluppo deve nascere sul territorio. Noi — afferma padre Dumisani Vilakati, coordinatore regionale per l’Africa del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale — lavoriamo proprio per dare voce alle Chiese africane, affinché non vengano dimenticate. È necessario non abbassare l’attenzione sull’Africa e sostenere le realtà locali».

di Gianmarco Murroni