· Città del Vaticano ·

Lettera del Pontefice per il 30° anniversario dell’uccisione di don Giuseppe Diana

La profezia cristiana
di un mondo libero
dalla prepotenza malavitosa

 La profezia cristiana di un mondo libero  dalla prepotenza malavitosa   QUO-065
20 marzo 2024

Un’esortazione a incarnare «la profezia cristiana, che invita a costruire un mondo libero dal giogo del male e da ogni tipo di prepotenza malavitosa», è stata rivolta da Papa Francesco alla comunità diocesana di Aversa, nel ricordo del trentennale dell’uccisione di don Giuseppe Diana, avvenuta il 19 marzo 1994 a Casal di Principe per mano della camorra. Nella circostanza il Pontefice ha fatto pervenire ieri, martedì 19, al vescovo Spinillo il messaggio che pubblichiamo di seguito.

Al Caro Fratello
Mons. Angelo
Spinillo
Vescovo di Aversa

Il ricordo del tragico evento consumatosi trent’anni orsono, quando Don Giuseppe Diana, Parroco di San Nicola di Bari a Casal di Principe, nella mattina del 19 marzo 1994, fu barbaramente ucciso, suscita nell’animo di quanti lo hanno conosciuto e amato commozione oltre che gratitudine a Dio Padre per aver donato alla Chiesa questo “servo buono e fedele” (Mt 25, 14), che ha operato profeticamente calandosi nel deserto esistenziale di un popolo a lui tanto caro, servito e difeso fino al sacrificio della propria esistenza.

Desidero, dunque, rivolgere un pensiero paterno all’intera Comunità diocesana e specialmente ai fedeli della Parrocchia di Casal di Principe che, nel fare memoria di Don Peppe, come affettuosamente veniva chiamato, vuole vivere la sua stessa speranza di camminare insieme incarnando la profezia cristiana, che ci invita a costruire un mondo libero dal giogo del male e da ogni tipo di prepotenza malavitosa. La mia riconoscenza va anche a coloro che continuano l’opera pastorale che Don Diana ha avviato come assistente spirituale di associazioni e di gruppi di fedeli, in particolare di giovani e di realtà legate agli Scout.

Esprimo vicinanza e incoraggiamento a tutti Voi che, orientati dall’annuncio profetico “Per amore del mio popolo...” (Is 62, 1), perseverate sulla via tracciata da Don Diana e, con impegno quotidiano, coltivate pazientemente il seme della giustizia e il sogno dello sviluppo umano e sociale per la vostra terra.

Ancora oggi si ripete la triste vicenda narrata dalla Sacra Scrittura del primo fratricidio di Caino contro il fratello Abele (cfr. Gen 4, 8). Questa storia tragica conserva la sua attualità quando un essere umano alza la mano per colpire l’altro, così come avviene nelle tante forme di odio e di sopruso che feriscono l’uomo e talvolta bagnano di sangue le strade dei nostri quartieri e delle nostre città. Pertanto, la commemorazione del sacrificio di Don Giuseppe ci sprona a ravvivare in noi quella evangelica inquietudine che ha animato il suo sacerdozio e lo ha portato senza alcuna esitazione a contemplare il volto del Padre in ogni fratello, testimoniando a chi si sente ferito il progetto di Dio, perché ciascuno potesse vivere nella giustizia, nella pace e nella libertà.

A fronte di quella violenza e della prepotenza disumana che nega la giustizia e annulla la dignità delle persone, i cristiani sono coloro che annunziano il Vangelo e vivono la vocazione ad essere con Cristo segno di un’umanità nuova, fecondata dalla fraternità e dalla comunione. Tale consapevolezza, già nel 1982, spinse i Vescovi della Campania a «levare alta la voce della denuncia e riproporre con forza il progetto dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella verità (cfr. Ef 4, 24)... e sottolineare la contrapposizione stridente che esiste tra i falsi messaggi della camorra e il messaggio di Gesù Cristo» (Conferenza Episcopale Campana, Per amore del mio popolo non tacerò, 1982). Allo stesso tempo sentiamo forte l’attualità delle parole che Don Peppe Diana, con i Parroci della zona pastorale di Casal di Principe, pronunciò nel Natale del 1991: “Come battezzati in Cristo, come pastori... Dio ci chiama ad essere profeti. Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (cfr. Ez 3, 16-18)” (Forania di Casal di Principe, Per amore del mio popolo, 1991).

In tale significativo anniversario dell’uccisione di questo coraggioso discepolo del Maestro, invito a rafforzare la fede e la speranza nella verità di Dio, ad accogliere la sua Parola e a custodire il proposito di edificare una società, finalmente purificata dalle ombre del peccato, capace di osare un avvenire di concordia e di fraternità.

Prima di concludere, mosso da sentimenti di fiducia, esorto Voi giovani, volto bello e limpido di codesta terra: non lasciatevi rubare la speranza, coltivate ideali alti e costruite un futuro diverso con mani non sporche di sangue ma di lavoro onesto, senza cedere a compromessi facili ma illusori, raccogliendo l’eredità spirituale di Don Peppe per divenire, a vostra volta, artigiani di pace.

Mentre affido tutti alla materna protezione della Beata Vergine Maria e all’intercessione di San Giuseppe, uomo giusto e padre nella tenerezza, di cuore Vi benedico, chiedendo per favore di non dimenticarVi di pregare per me.

Fraternamente

Roma, da San Giovanni in Laterano, 19 marzo 2024
Solennità di San Giuseppe
Sposo della
b.v.m.
Patrono della Chiesa Universale

Francesco


Il ricordo del cardinale Zuppi


«Don Peppino Diana era davvero un custode, come san Giuseppe di cui portava il nome e che per spregio proprio nel giorno della sua memoria è stato ucciso. Un uomo di Dio, un testimone semplice e coraggioso, appassionato del suo Signore e per questo senza compromessi con chi offende l’umanità e Dio». Con queste parole il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha espresso la sua vicinanza in occasione della celebrazione — promossa il 14 marzo dalla diocesi di  Aversa nella parrocchia di San Nicola di Bari a Casal di Principe — a 30 anni dall’uccisione di don Diana per mano della camorra.

«La sua testimonianza, chiara e senza nessuna ambiguità, è luce nelle tenebre di una violenza che è solo vigliacca, che arma le mani e i cuori e che cresce sempre nell’indifferenza» scrive il porporato in una lettera inviata al vescovo Spinillo. «Ricordare don Peppino — aggiunge — ci aiuta a capire che non si può servire Dio e mammona. E di questo ringrazio voi che avete conservato la sua memoria. Don Peppino è una luce di speranza. Il suo sacrificio è il seme caduto a terra per la viltà di un assassino e del sistema di morte che si portava dentro e lo accecava. Il seme continua a dare frutto: l’amore per i poveri, l’attenzione ai fragili, la giustizia nei comportamenti, l’onesta che non accetta opportunismi, rendere il mondo migliore di come lo abbiamo trovato, come ricorda la legge scout che ha amato». Il cardinale ha ringraziato il presule e la Chiesa di Aversa, «madre fiera di un figlio che ha amato Gesù e il prossimo più delle sue paure e convenienze. E per questo non resta solo e ci fa sentire meno soli, perché niente ci può separare dall’amore di Cristo. Il male uccide il corpo ma non l’amore».