· Città del Vaticano ·

I nuovi segretari della Pontificia commissione per la tutela dei minori

Rafforzata la lotta agli abusi

 Rafforzata la lotta agli abusi  QUO-063
16 marzo 2024

Un vescovo psicologo, da anni impegnato per le linee-guida anti abusi in America latina, e una ex colonnello di Polizia che ha gestito uno degli uffici nazionali di protezione più grandi della Chiesa negli Stati Uniti d’America: sono i nuovi segretario e segretario aggiunto della Pontificia commissione per la Tutela dei Minori (Pctm) nominati ieri da Papa Francesco ai vertici dell’organismo istituito esattamente dieci anni fa per rafforzare la lotta contro gli abusi nella Chiesa. Si tratta di monsignor Luis Manuel Alí Herrera e di Teresa Morris Kettelkamp, chiamati ad operare a più stretto contatto con il cardinale presidente Sean Patrick O’Malley. Il porporato cappuccino guida un team internazionale composto da consacrati e laici, tra cui vittime di abusi, che sta ampliando la propria azione nei cinque continenti, soprattutto nel Sud del mondo, in diocesi dove erano finora assenti formazione e risorse.

Laurea in Teologia alla Pontificia Universidad Javeriana di Bogotá e in psicologia alla Gregoriana, monsignor Alí Herrera ha diretto l’Area di orientamento psicologico del Seminario conciliare della arcidiocesi colombiana (2007-2015), dove ha insegnato anche Psicologia dello sviluppo umano, Psicologia sociale e Psicologia pastorale. Ausiliare di Bogotá, è il membro più longevo della Pctm (2015) e come segretario generale della Conferenza episcopale del suo Paese ha di recente supervisionato la finalizzazione delle linee guida nazionali che sono state aggiornate.

Un contributo che il presule intende continuare a offrire al Papa e alla Chiesa nel nuovo incarico affidatogli. In particolare — intervistato dai media vaticani — rifacendosi ai suoi studi sottolinea l’importanza della maturità psicologica ed emotiva nella prevenzione degli abusi. Questa, afferma, dovrebbe «essere una questione trasversale che non può essere ridotta al periodo del seminario»; al contrario, «dovrebbe iniziare molto prima, nei processi di pastorale vocazionale» e poi proseguire dopo l’ordinazione sacerdotale.

Interpellato su questi quasi dieci anni di lavoro presso la Pontificia commissione, dove si sono avvicendate negli anni dimissioni, nuove nomine e riconferme, il vescovo parla di «successi e delusioni, frustrazioni, momenti in cui abbiamo dovuto superare difficoltà». Tutti i membri sono, però, sempre stati confortati dal continuo sostegno di Papa Francesco, dalla guida del cardinale O’Malley e dal lavoro di tutti i collaboratori. «Sono stati dieci anni in cui abbiamo imparato e messo sempre più al centro tutte le iniziative possibili per il bene delle vittime e la protezione degli adolescenti». Auspicio del nuovo segretario è di continuare ad ampliare le proposte della Pctm, soprattutto per rafforzare il sostegno delle Conferenze episcopali e delle Chiese particolari, e per generare reti per adempiere al mandato affidato dal Pontefice. Su questa scia, il presule esorta a includere la protezione dei minori nei temi da discutere nella Seconda sessione della Assemblea generale del Sinodo sulla sinodalità dell’ottobre prossimo.

Una carriera nelle forze dell’ordine svolta ai massimi livelli in Illinois è invece il background del neo segretario aggiunto Teresa Morris Kettelkamp: esperta di politiche e linee guida per la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili, al momento del pensionamento dopo 29 anni di servizio era a capo della Divisione dei servizi forensi, laboratori e scena del crimine. È stata ex direttore esecutivo del Segretariato per la protezione dei bambini e dei giovani in seno alla Conferenza episcopale degli Stati Uniti e ha gestito uno degli uffici nazionali di tutela più grandi della Chiesa negli Usa. Nella Pctm dal 2018 ha ricoperto il ruolo di moderatrice del gruppo di lavoro incentrato sulla guarigione dei sopravvissuti e sull’integrazione delle loro voci nel ministero della Chiesa.

Ed è a quella esperienza che Kettlekamp attinge per ribadire qual è la missione che maggiormente le sta a cuore in un’intervista ai media vaticani: «Dare voce ai sopravvissuti». Essi «vogliono essere ascoltati, riconosciuti, vogliono che le loro voci siano integrate nei ministeri della Chiesa» spiega. È importante «aiutare le vittime a guarire», sottolinea ancora; per farlo, dice, «stiamo lavorando su strutture per tutte le diocesi a livello globale», mentre prosegue il lavoro di formazione per i leader. In preparazione c’è poi il Rapporto annuale che «è un compito enorme». Il report «include molte informazioni dalle visite “ad limina”, che sono un altro processo inclusivo assunto per incontrare i vescovi quando sono a Roma e parlare delle loro pratiche di protezione e dell’assistenza ai sopravvissuti».

Risulta, quindi evidente, come il mandato della Commissione sia sempre di più ampio. È forse per questo che è stato nominato per la prima volta un segretario aggiunto, suppone Kettlekamp: «Siamo stati creati circa dieci anni fa e il mandato — non posso dire che fosse stretto perché era comunque una responsabilità enorme — era quello di consigliare il Santo Padre sulla crisi degli abusi del clero e lavorare localmente e identificare questioni che potevamo portare alla sua considerazione, per assicurarci che questa crisi, questa terribile situazione non accadesse più». Ora c’è stata «un’evoluzione». Ancor più con la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, che ha incorporato l’organismo nel Dicastero per la Dottrina della Fede, quindi nella Curia romana. Su questo punto, il nuovo segretario aggiunto afferma che «la posizione nella Curia ci dà una voce più forte» essendo «all’interno» di un Dicastero molto «influente». Prima la commissione veniva vista come «qualcosa di esterno», con questa decisione invece il Papa «ha rafforzato la nostra permanenza e l’importanza» della lotta al fenomeno. «Non penso che una persona normale si renda conto della struttura del Vaticano e della Curia — chiosa Kettlekamp —. Ma i membri di quest’ultima sicuramente sì, e la leadership ecclesiastica a livello globale sicuramente sì. Spero che questo ci renda più efficaci».

di Salvatore Cernuzio