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Nel libro «Life. La mia storia nella Storia» scritto con Fabio Marchese Ragona

Francesco: non penso alle dimissioni, nel caso sarei vescovo emerito di Roma

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14 marzo 2024

In caso di dimissioni, Francesco non sarebbe Papa emerito, ma «semplicemente vescovo emerito di Roma», abitando a Santa Maria Maggiore «per tornare a fare il confessore e portare la comunione agli ammalati». È lo stesso Pontefice a chiarire il possibile scenario in caso di sua rinuncia che però, sottolinea, «è una ipotesi lontana» perché non ci sono «motivi talmente seri» da far pensare a questa possibilità, mai presa in considerazione «nonostante i momenti di difficoltà». È uno dei principali passi del libro autobiografico di Papa Francesco dal titolo Life. La mia storia nella Storia, scritto con Fabio Marchese Ragona, vaticanista di Mediaset, in uscita il 19 marzo in America e in Europa con HarperCollins e di cui il «Corriere della Sera» anticipa oggi alcuni passi.

Le oltre 300 pagine del volume ripercorrono la vita di Francesco, dal rapporto con la famiglia, soprattutto con i nonni, alla loro emigrazione in Argentina nel 1929, ad una sua «piccola sbandata» nel periodo del seminario, fino ad arrivare alla Seconda Guerra mondiale, con il suo drammatico epilogo atomico.

«L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è un crimine contro la guerra», ribadisce Francesco, che pone il pesante interrogativo su come ci si possa ergere «a paladini della pace e della giustizia», se intanto si costruiscono nuove armi da guerra. Le pagine attraversano la storia della dittatura argentina, dei profondi legami di Bergoglio con chi non ne uscì vivo, dell’impegno nell’accoglienza di giovani a rischio durante il regime del generale Jorge Rafael Videla. Ciò che avvenne in Argentina «fu un genocidio generazionale», scrive ancora il Papa, che non tralascia di soffermarsi sulle accuse a lui più volte indirizzate di essere stato in qualche modo colluso con la dittatura, smentite dall’evidenza della sua opposizione «a quelle atrocità».

Francesco scrive di Esther, la sua insegnante che non riuscì a salvare: era una «comunista di quelle vere», atea «ma rispettosa» che, «pur avendo le sue idee, non attaccava mai la fede. E mi ha insegnato tanto di politica». Una memoria che offre al Papa l’opportunità per ripetere che «parlare dei poveri non significa automaticamente essere comunisti» poiché «i poveri sono la bandiera del Vangelo e sono nel cuore di Gesù».

Il libro si dipana tra la strenua difesa della vita umana, «dal concepimento fino alla morte», con l’aborto che «è un omicidio» ad opera di «killer prezzolati» e la pratica «inumana» dell’utero in affitto, senza tralasciare il calcio e il suo voto di «non guardare più la tv». Ripercorre il suo periodo a Córdoba, «un periodo di purificazione», per riflettere anche sugli errori «commessi per via del mio atteggiamento autoritario, tanto da esser stato accusato di essere ultraconservatore».

Le dimissioni di Benedetto xvi sono un altro capitolo dell’autobiografia in cui Francesco descrive il dolore per aver visto «strumentalizzata» la figura del Papa emerito, «con scopi ideologici e politici da gente senza scrupoli». Life. La mia storia nella Storia attraversa il momento della pandemia, ricorda gli appelli sulla ricchezza delle culture e delle differenze dei popoli propria dell’Unione europea, con la speranza che tale richiamo sia ascoltato dal premier ungherese Orbán, «perché capisca che c’è sempre tanto bisogno di unità», così come da Bruxelles «che sembra voler uniformare tutto». Francesco tocca i temi a lui più cari, in primis la tutela del creato, e lancia un appello ai giovani: «Il tempo sta per scadere, non ci rimane molto per salvare il pianeta».

Quanto alla Chiesa, quella che Francesco immagina è una «Chiesa madre, che abbracci e accolga tutti, anche chi si sente sbagliato». Il pensiero è per omosessuali o transessuali «che cercano il Signore» ma che invece sono stati respinti o cacciati. Francesco ripete il sì alle «benedizioni alle coppie irregolari», e «se dei fratelli vescovi decidono di non seguire questa strada, non significa che questa sia l’anticamera di uno scisma, perché la dottrina della Chiesa non viene messa in discussione». Per il Papa argentino il matrimonio omosessuale resta impossibile, ma non le unioni civili perché «è giusto che queste persone che vivono il dono dell’amore possano avere una copertura legale come tutti». Jorge Mario Bergoglio non nasconde poi le ferite provocategli da chi ritiene che lui «stia distruggendo il papato». E se c’è «chi cerca di frenare la riforma, chi vorrebbe rimanere fermo ai tempi del Papa-re», resta il fatto che, pur essendo quella del Vaticano «l’ultima monarchia assoluta d’Europa, e che spesso qui dentro si fanno ragionamenti e manovre di corte», tali schemi «vanno definitivamente abbandonati».