· Città del Vaticano ·

Con gioia
nel cuore della Chiesa

 Con gioia nel cuore della Chiesa  QUO-061
14 marzo 2024

Quando Papa Francesco ha lasciato la piazza, venerdì 8 marzo, al termine della visita alla comunità di San Pio v, ancora ero frastornato e felice per tutto quello che era accaduto in un pomeriggio incredibile di Quaresima e pensavo: ma quanta gratitudine ho raccolto oggi per quello che è successo? A cominciare dal Santo Padre, che era contento e sorridente dopo i giorni dell’influenza e che mi ha salutato così: «la parrocchia ha una buona fama, mi raccomando, mantenetela!». C’era la gratitudine del piccolo Mirko, che si è messo alle transenne fin dalle 13 ed è rimasto lì perché voleva toccare almeno «con due dita» la mano al Papa. La gioia di Christopher, senzatetto che si è messo un vestito elegante ad aspettare perché voleva chiedere al Papa se è sportivo. La riconoscenza di Elvira, che ha avuto il bambino da una settimana e voleva farlo benedire. L’allegria di Beedhi, ormai guarita dalla leucemia, che è arrivata a Roma quando aveva 12 anni dal Nepal in un viaggio avventuroso e ha trovato la cura giusta. L’emozione di Giorgio di potersi confessare dal Papa e mettere nelle sue mani tutte le difficoltà da cui non viene a capo.

Ho osservato la mia parrocchia nel volto e nei gesti dei fedeli, per coglierne la singolarità e la bellezza, perché qui trovano casa le persone e i cammini più diversi di umanità e di fede. Mi fa bene avere a mente i loro volti, le storie, i difetti, in un campionario di umanità così varia che solo una parrocchia può contenere. Dio mi chiama a custodire queste storie, ad averne cura, permettendo a Lui di entrare nei cuori. Aprire cammini, ci ricorda il Papa tante volte, che per me significa anche lasciare che il miracolo della fede cresca anche senza il mio controllo o i miei progetti, ma secondo i sogni di Dio. Riconoscere, facilitare e accompagnare il lavoro di Dio nelle persone e renderne grazie: l’ho visto sempre come il modo più bello per custodire la fede dei miei fedeli.

Sono stato colpito dall’entusiasmo coinvolgente della gente sulla piazza ma anche dal silenzio attento delle persone durante la celebrazione. Era una liturgia penitenziale con l’adorazione eucaristica, presenti in chiesa più di 700 persone, eppure mai ho sentito un’atmosfera così speciale e raccolta.

Il Papa ha confessato 9 persone, uomini e donne, con storie e ferite da mettere davanti a Dio, chiedendo perdono in una comunità. Anche 20 sacerdoti hanno confessato tante persone, ed è stato bello vedere ciascuno aspettare il proprio turno con pazienza, sentendosi parte di un popolo che è raccolto per sostenere e incoraggiare chi deve ripartire, riprendere speranza, a volte dopo percorsi di peccato e di lontananza da Dio.

«Rimettiamo al centro della nostra vita il perdono di Dio» ha scandito il Papa durante la sua omelia. E mi sono detto che è una parola che devo avere sempre in mente. Un bambino mi ha chiesto se i preti e il Pontefice si confessano. Certo che si confessano, anzi come ci ha ricordato il Papa fin dall’inizio della sua missione: «io sono un peccatore perdonato». Dio sa tutto di me e, di nuovo è il Papa che scandisce nell’omelia: «Lui non si stanca mai di perdonarmi», facendolo ripetere più volte all’assemblea, «casomai siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono a Dio». Un parroco sa benissimo che anche attraverso il peccato la grazia di Dio si manifesta e apre un cammino di vita nuova e che Dio con pazienza e tenacia ci aspetta su strade che non sappiamo nemmeno immaginare.

Donare e ricevere il perdono è il dono più grande che Dio ci consegna, che per un prete merita anche la fatica di stare ore al confessionale ad accogliere le miserie dell’umanità e accompagnare le persone a rialzarsi. La Chiesa è l’ospedale da campo che cura le ferite, dice il Papa.

Pensavo anche alla frase che caratterizza questa iniziativa del Santo Padre: “24 ore per il Signore”. Un tempo che mi prendo per ascoltare di più Dio, entrare in chiesa per cercare un po’ di fiato, finalmente fermarmi dagli affanni delle giornate. Trovare una chiesa silenziosa, in cui si adora il Santissimo Sacramento e la gioia di riposare in Lui. In quell’ora di adorazione con Papa Francesco ho riscoperto la fede del popolo di Dio che anche quando non è così unito e compatto come venerdì scorso, è comunque accolto dal Signore nel suo desiderio, a volte anche distratto, di cogliere il bene («vogliamo vedere Gesù» racconta al capitolo 21, 12 il Vangelo di Giovanni di alcuni stranieri saliti a Gerusalemme).

Alla fine di una giornata così intensa mi domando cosa chiede a me e alla mia parrocchia quello che abbiamo vissuto insieme venerdì scorso. Quale stile di prete e di comunità portiamo avanti per testimoniare il Vangelo oggi?

Anzitutto la certezza che Dio è innamorato dell’uomo. Anzi, direbbe santa Caterina da Siena: «Dio è pazzo d’amore per le sue creature» (Orazioni, 20). Mi commuove pensare che Dio si serva di ciascuno di noi, delle nostre vulnerabilità, per dare bellezza alla nostra vita, perché siamo amati da Lui, e al prete la gioia di stare vicino alla sua gente, ai «santi normali» nascosti e preziosi, per vivere questo Amore e accoglierlo, con passione, senza rigidità e freddezza.

Il Santo Padre ha regalato alla parrocchia un bellissimo cero pasquale. Quando nella notte della veglia di Pasqua accenderemo dal fuoco nuovo questo cero, io pregherò per il Papa insieme ai miei fedeli e canterò, come dice il testo dell’inno Exultet: «felice colpa, che meritò un così grande Salvatore». Dalla colpa, dal peccato, dalla croce del Figlio, Dio guarisce, genera la vita.

Sul cero, in basso, è dipinto il volto di santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, monaca carmelitana patrona delle missioni e sorella di tanti sacerdoti. La santa della confidenza e dell’affidamento, tanto cara al Papa. Lei scrive: «nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’Amore, e in questo modo sarò tutto» (Manoscritti autobiografici, b). Così vorrei pensare al cammino che ci aspetta ogni giorno. La sera, nella chiesa ormai vuota, ho pregato che la grazia che abbiamo accolto con la visita del Papa non passi invano e la gioia stessa di Dio ci faccia sentire nel cuore della Chiesa, nel fuoco del suo Amore.

di Donato Le Pera
Parroco di San Pio V