· Città del Vaticano ·

Il primo ministro Ariel Henry ha rassegnato le dimissioni ma permane lo spettro della guerra civile

Haiti
Una spirale di caos e violenza

(FILES) A protester burns tires during a demonstration calling for the resignation of Prime Minister ...
12 marzo 2024

Port-au-Prince , 12. Una spirale di caos e violenza travolge Haiti, trascinando la popolazione in un dramma che sembra non avere fine. Dopo giorni di scontri e la minaccia, avanzata dalle gang criminali, di far esplodere una guerra civile, ieri il primo ministro, Ariel Henry, ha rassegnato le dimissioni, anche su sollecitazione della comunità internazionale, così da lasciare spazio a una transizione dell’esecutivo. A sostituirlo c’è ora il premier ad interim, Patrick Michel Boivert.

Da Porto Rico, dove si trova attualmente, Henry ha invitato gli haitiani a «mantenere la calma e fare quanto possibile perché la pace e la stabilità possano tornare al più presto» nel Paese. «Il governo che guido non può rimanere insensibile a questa situazione — ha aggiunto —. Come ho sempre detto, nessun sacrificio è troppo grande per la nostra patria Haiti».

Ad annunciare le dimissioni di Henry è stata la Caricom (Comunità degli Stati caraibici), guidata da Mohamed Irfaan Ali, capo di Stato della Guyana e presidente di turno dell’organismo, al termine di una riunione di emergenza svoltasi ieri in Giamaica. Ali ha annunciato anche la creazione di un Consiglio presidenziale composto da sette membri che prenderanno le decisioni a maggioranza per gestire la transizione. I sette membri sono rappresentanti dei principali partiti politici di Haiti, del settore privato e del Gruppo Montana, una coalizione della società civile che aveva proposto un governo ad interim già nel 2021, dopo l’assassinio dell’allora presidente Jovenel Moïse. All’interno del Consiglio, ci saranno anche altri due seggi, ma senza diritto di voto: uno per la società civile e un altro per la Chiesa.

La Caricom ha inoltre stabilito l’intervento ad Haiti della missione multinazionale guidata dal Kenya, nonché un rafforzamento della polizia locale, presupposto per la realizzazione delle elezioni generali, che nel Paese non si tengono da otto anni, ovvero dal 2016.

All’incontro in Giamaica ha preso parte anche il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, il quale ha garantito al premier dimissionario Henry la possibilità di restare a Porto Rico (territorio sotto il controllo di Washington), annunciando al contempo lo stanziamento, da parte statunitense, di altri 100 milioni di dollari, per un totale di 300 complessivi, a sostegno della missione multinazionale di sicurezza anel Paese. Ulteriori 33 milioni di dollari sono stati promessi per gli aiuti umanitari. L’escalation della violenza «crea una situazione insostenibile per il popolo haitiano — ha detto Blinken —. Sappiamo tutti che è necessaria un’azione urgente sia sul piano politico, sia su quello della sicurezza».

Ma sul terreno le violenze non si placano: il coprifuoco notturno, dalle 18.00 alle 5.00, è stato esteso fino a giovedì prossimo, mentre lo stato di emergenza resterà in vigore almeno fino al 3 aprile. Lo spettro della guerra civile non sembra quindi essersi dileguato del tutto. Anche l’arcivescovo di Port-au-Prince e presidente della Conferenza episcopale locale, monsignor Max Leroy Mésidor, in un messaggio riportato dall’agenzia Sir, paventa il timore che il Paese scivoli «pericolosamente» verso la deriva di una guerra intestina, poiché «le forze di polizia haitiane sono impotenti di fronte a gang ben armate che sono diventate un esercito organizzato». Inoltre, aggiunge il presule, la Chiesa cattolica è tra gli obiettivi dei rapimenti a scopo di riscatto, tanto che negli ultimi tempi diversi sacerdoti, religiosi e religiose sono stati sequestrati. Nonostante tutto, però, monsignor Mésidor ribadisce che la missione principale della Chiesa è mantenere viva la speranza, perché «il popolo di Haiti vuole vivere».