· Città del Vaticano ·

Domande religiose e scrittori in «Dio fra le righe» di Lorenzo Fazzini

La lettura
il caso serio della vita

 La lettura  il caso serio della vita  QUO-055
06 marzo 2024

Nel suo, apocrifo, Vangelo di Marco, J.L. Borges fa dire al narratore che «ci sono due storie che gli uomini non si stancheranno mai di ascoltare: quella di un vascello sperduto che cerca nei mari mediterranei un’isola amata, e quella di un dio che si fa crocifiggere sul Golgota». Lorenzo Fazzini è un grande “ascoltatore di storie”, una vera antenna che non fa altro che ricevere e ritrasmettere. Delle due storie amate dagli uomini, le due grandi “matrici” di tutte le storie, Fazzini si è dedicato alla seconda, quella di Gesù di Nazareth e ha concentrato le sue riflessioni in un piccolo libro che già dal titolo ne lascia intuire il senso: Dio fra le righe (Roma, Il Pellegrino, 2024, pagine 128, euro 12). Non ha fatto come un cane da tartufo, un rabdomante in cerca di tracce cristiane sparse nelle righe degli scrittori, per far emergere le prime e “battezzare” i secondi, semmai ha fatto il procedimento opposto: al lettore ha voluto comunicare tutto il suo piacere, il gusto, che lui prova leggendo alcuni autori e in questa condivisione ha provato a tirar fuori un filo rosso, un minimo comun denominatore che li possa tenere insieme. Scoprendo che quel minimo è, per un credente, il massimo, ciò di cui non è possibile pensare qualcosa di più grande: Dio stesso.

E chi sono i “suoi” autori? Due sono evidenziati già nel sottotitolo La ricerca dell’infinito da Cormac McCarthy a Eric-Emmanuel Schmitt, ma oltre all’americano McCarthy e al francese Eric-Emmanuel Schmitt, il pantheon di Fazzini è molto ricco: da Chaim Potok a Wendell Berry, da Colum McCann a Marilynne Robinson... tante voci che contribuiscono a costruire un luogo, la letteratura, dove l’uomo può esercitare quel talento che lo rende tale: l’immaginazione (e qui si sente l’influenza di teologi come Timothy Radcliffe).

C’è una pagina nelle Riflessioni cristiane di C.S. Lewis che può aiutarci a comprendere meglio la questione: «Forse avrete notato che i libri che veramente amate sono legati insieme da un filo segreto» scrive Lewis, «sapete benissimo quale è la caratteristica comune che ve li fa amare, anche se non riuscite a tradurla in parole; ma la maggior parte dei vostri amici non la vede affatto e spesso si chiede perché, se vi piace questo, vi piaccia anche quello (…). Perfino nei vostri hobby, non c’è forse sempre stata un’attrazione segreta che gli altri stranamente ignorano, qualcosa che non si identifica — ma sembra sempre sul punto di rivelarsi — col profumo del legno tagliato in falegnameria o col clap clap dell’acqua contro i fianchi di una barca?». C’è, dice Lewis, un filo nascosto, un codice segreto che connette tutto ma è sempre al di là del nostro controllo, dominio: «Tutte le cose che hanno mai posseduto profondamente la vostra anima ne sono state solo degli indizi-barlumi allettanti, promesse mai completamente realizzate, echi che si spegnevano subito appena vi arrivavano alle orecchie. Ma se questa cosa dovesse veramente manifestarsi — se mai dovesse sentirsi un’eco che non si spegnesse subito ma si espandesse nel suono stesso — voi lo sapreste. Al di là di ogni possibilità di dubbio direste: «Ecco finalmente quella cosa per cui sono stato creato». Non possiamo parlarne gli uni con gli altri. La firma segreta di ogni anima, l’incomunicabile e implacabile bisogno, la cosa che desideravamo prima di incontrare le nostre mogli, i nostri amici o prima di scegliere il nostro lavoro, e che desidereremo ancora sul nostro letto di morte, quando la mente non riconoscerà più né moglie né amico né lavoro. Mentre noi esistiamo, questa cosa esiste. Se la perdiamo, perdiamo tutto. Questa «firma» in ciascun’anima può essere un prodotto dell’ereditarietà e dell’ambiente, ma questo significa solo che ereditarietà e ambiente sono tra gli strumenti usati da Dio per creare l’anima».

Questo libro, «piccolo oggetto ricco di mondo» come direbbe Romano Guardini, parla in fondo di questo, di quella cosa che abbiamo a portata di mano, per incontrarla, dice Fazzini, basterebbe leggere, veramente, un bel romanzo (e qui l’autore ce ne suggerisci tanti e tanti), quella “cosa” molto vicina a noi ma che, per la nostra congenita e insana distrazione, rischiamo sempre di perdere e così di perdere la nostra anima. Niente di più (se esiste) ma niente di meno.

di Andrea Monda