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Proseguono i lavori del corso sul foro interno

Diritti e doveri
nel sacramento
della Penitenza

 Diritti e doveri  nel sacramento  della Penitenza  QUO-055
06 marzo 2024

Tutti hanno il «diritto di essere perdonati»: in effetti, è ciò a cui più «profondamente anela il cuore di ogni uomo». Lo ha sottolineato monsignor Giacomo Incitti, prelato canonista della Penitenzieria apostolica, aprendo ieri pomeriggio, nel palazzo romano della Cancelleria, la seconda giornata di lavori del xxxiv corso sul foro interno.

Il punto di partenza della riflessione — incentrata sul tema «Il confessore e il penitente: diritti e doveri nel sacramento della penitenza» — è stata la considerazione del sacramento del perdono come un bene giuridico, la res iusta che appartiene al fedele cristiano. Le tante norme, ha evidenziato Incitti, sono poste «a tutela della degna e fruttuosa celebrazione e a garanzia dell’esercizio dei rispettivi diritti e doveri del ministro e del penitente». Ovviamente, ha spiegato, non sono «le norme a darci il perdono ma esse servono a prevenire abusi e riparare le ingiustizie».

Il prelato ha fatto riferimento al sacramento del perdono come a un diritto, inscritto «nel più ampio diritto ai sacramenti». Partendo da un dubbio: «se la santità è opera della grazia, dono gratuito di Dio, quale spazio resta all’uomo per reclamarne diritti e doveri?». La difficoltà, ha detto, proviene «dalla natura asimmetrica della relazione tra Dio e l’uomo». Ma il Padre, ha spiegato, ha lasciato alla Chiesa «i suoi doni ed in questa ottica il fedele può reclamare come “suo” il bene, il sacramento». Si tratta di un diritto sui sacramenti «da vivere e anche da rivendicare all’interno e nei confronti della Chiesa, con diretta relazione al ministro e alla funzione ministeriale», ma non è un «diritto assoluto». Ci sono, infatti, «requisiti personali che implicano una valutazione sia da parte dello stesso fedele che da parte del ministro». A questo proposito, Incitti ha fatto riferimento alla Comunione, per cui si richiede lo stato di grazia che «lo stesso fedele è chiamato a valutare ed un giudizio anche in considerazione delle circostanze, lasciato alla discrezione del ministro».

Vi è poi l’obbligo di confessare i peccati, che trova la «propria ragione nel più ampio e prioritario dovere di condurre una vita santa». In questo senso, il dovere della confessione «è direttamente connesso con il dovere della santità». Il fedele, infatti, «consapevole del peccato, trova nel sacramento della riconciliazione il mezzo con cui la misericordia divina ristabilisce la santità ferita dal peccato». La materia, pertanto, «è costituita dai peccati commessi dopo il battesimo». Il prelato ha ricordato che vi è una periodicità della confessione e vi è l’obbligo di confessare i peccati secondo la specie ed il numero, obbligo che ricade sul penitente. Ha poi osservato che la «materia riguardante il numero dei peccati comporta altre problematiche, come ad esempio il rischio di favorire una mentalità legalistica».

Se il fedele, ha spiegato, ha il «dovere di confessare i peccati», egli è anche «titolare del diritto ad essere ascoltato nel sacramento, diritto questo al quale corrisponde nel ministro il dovere di ascoltare le confessioni». Tale dovere si concretizza «in norme riguardanti tempo e luogo della confessione», due elementi che coniugano anche «il bisogno di una materialità della presenza che esprime la disponibilità del confessore». Per quest’ultimo, in particolare, è necessario mantenere vivo l’impegno «a maturare in una formazione continua la consapevolezza che si è a servizio di una Grazia che il Signore ha già dato».

«L’esperienza del confessionale: categorie e condizioni particolari di penitenti» è stato poi l’argomento del successivo intervento di don Fabio Rosini, del servizio alle vocazioni della diocesi di Roma, mentre padre Francesco Bamonte, dell’Associazione internazionale esorcisti, ha illustrato il tema: «Casi di possessione: come aiutare le persone? Discernimento ed accompagnamento spirituale».