· Città del Vaticano ·

I lavori del XXXIV corso sul foro interno

La giustizia è orientata
alla redenzione

 La giustizia è orientata alla redenzione  QUO-054
05 marzo 2024

Essendo «tribunale di misericordia», la cui competenza si riferisce alle materie di foro interno, la Penitenzieria apostolica è «in prima linea al servizio dei sacerdoti confessori e dei penitenti». Papa Francesco l’ha definita appunto il «tribunale di misericordia al quale ci si rivolge per ottenere quell’indispensabile medicina per la nostra anima che è la misericordia divina». È quanto ha evidenziato il reggente monsignor Krzysztof Nykiel intervenendo ieri pomeriggio, 4 marzo, alla prima giornata di lavori del xxxiv corso sul foro interno.

Dopo la lectio magistralis del cardinale penitenziere maggiore Mauro Piacenza — con la quale è stato aperto il corso che si conclude, venerdì 8 (del testo abbiamo pubblicato ampi stralci nell’edizione di ieri) — il reggente ha sviluppato il tema: «Penitenzieria apostolica e il suo modus agendi nel trattare le questioni di sua competenza».

Nel presentare il tribunale e il suo modo di agire quando tratta materie di propria competenza, il prelato si è soffermato in particolare su «necessità, convenienza e modo di ricorrere» ad essa, riferendosi a tutto ciò che «attiene al foro interno sacramentale e non sacramentale, a seconda che si agisca nell’ambito della confessione o durante la direzione spirituale».

La Penitenzieria, ha sottolineato monsignor Nykiel, è «il primo dei tribunali apostolici, la cui competenza si riferisce esclusivamente al foro interno, cioè l’ambito intimo dei rapporti fra Dio ed il fedele». Nelle materie che riguardano tale ambito è «l’organo universale ed esclusivo del Romano Pontefice». Per questo, è «un tribunale di grazia e di misericordia». In questo senso, «non svolge funzioni giudiziarie di foro esterno, come il Supremo Tribunale della Segnatura apostolica o la Rota romana». Tra i Dicasteri della Curia è «la sola a svolgere in modo diretto un’attività non burocratica»: in effetti, «normalmente esercita una giurisdizione graziosa».

La giornata inaugurale si è chiusa con l’intervento di monsignor Giuseppe Tonello, prelato consigliere della Penitenzieria, che ha parlato di «censure, irregolarità e impedimenti all’attenzione del confessore e del penitente». Riferendosi in particolare alla «giustizia riparativa», Tonello ha ricordato che la «logica sottostante la disciplina penale nella Chiesa si fonda sui principi eccellenti di protezione dell'integrità del Corpo mistico di Cristo e della comunione nella giustizia, mirando alla redenzione e salvezza integrale della persona». Questa azione include sia il peccatore sia coloro che, nella comunità, «sono stati danneggiati, direttamente o indirettamente, da azioni ingiuste che ledono beni di rilevanza giuridica».

In questo senso, la giustizia riparativa «pone al centro del suo agire la persona, sia essa vittima o responsabile dell'atto criminale, con lo scopo di ristabilire quei legami umani e sociali che sono rimasti compromessi dal reato». Questa visione richiede «un cambiamento radicale di paradigma che vede nella persona di Gesù, e in particolare nella sua risurrezione, il cardine della riconciliazione tra Dio e l’uomo». Può sembrare scontato, per i credenti, ha aggiunto Tonello, ma non lo è affatto. Infatti, la pena canonica «non può mai essere un fine in sé, ma si giustifica solo come strumento di giustizia cristianamente intesa, che deve essere sempre orientato alla redenzione e al recupero del fedele nella sua dignità filiale».