· Città del Vaticano ·

A colloquio con la presidente di Banca Etica

Non tutto
è un bene di mercato

Assault weapons are displayed during the visit by the German and the Ukrainian Defence Ministers of ...
29 febbraio 2024

Non possiamo «porre tutto sul tavolo nello stesso modo come se la salute, la sanità e le armi avessero uguale valore: non tutto è bene di mercato, ci sono dei beni che vanno tutelati e non vanno consegnati ad un mercato finanziario che in questo momento ha solo la logica della massimizzazione del profitto». Anna Fasano, presidente di Banca Etica, si sofferma con «L’Osservatore Romano» sui dati emersi dal rapporto “Finanza di pace. Finanza di guerra”, presentato ieri a Milano. Di fronte a quasi mille miliardi di dollari investiti nel mondo per sostenere la produzione e il commercio di armi nell’arco di due anni, emerge chiaro come a livello globale sia in atto «una rincorsa al riarmo, alla produzione, alla vendita delle armi»: di fatto, fa notare, «c’è una importante presenza di tutto il sistema finanziario che l’alimenta, anche in Europa».

In un contesto bellico come l’attuale, dall’Ucraina al Medio Oriente, non dimenticando il continente africano e altri conflitti cosiddetti dimenticati, «il 2,2% del Pil mondiale viene investito nelle armi. È un dato importante, soprattutto in relazione alle guerre in corso che hanno fatto sì che ci sia stata da parte dei governi la scelta di rafforzare il proprio sistema di armamenti, in Europa, negli Stati Uniti, altrove. Perché l’idea che si potrebbe avere è che siamo senza armi e quindi, in un mondo di guerre, sia necessario correre al riarmo: questo non è vero, quella delle armi — precisa — è un’industria che non è mai andata in crisi».

Va detto, aggiunge Fasano, che le informazioni rispetto alla produzione e al commercio non sono facilmente reperibili, «non sono dati trasparenti, quindi avere dei dati aggregati vuol dire avere più database, più analisi e provare a compararli». Eppure, emerge dal rapporto, degli oltre 959 miliardi di dollari utilizzati dalle istituzioni finanziarie mondiali in tali settori, quasi mezzo trilione di dollari è fornito dagli Stati Uniti, mentre 79 miliardi provengono da investitori europei.

«La finanza soffoca l’economia reale», osservava nel 2015 Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’: «Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale» e — ricordava — con molta «lentezza» si impara quella del deterioramento ambientale. La presidente di Banca Etica richiama la riflessione del Pontefice e sottolinea come «non possiamo “finanziarizzare” l’economia, sganciando quella che è la contribuzione allo sviluppo del benessere del pianeta e delle persone per rendere tutto all’interno di un mercato finanziario speculativo». Le 71 banche che aderiscono alla Global Alliance for Banking on Values, tra i promotori del rapporto, non hanno alcuna esposizione materiale alla produzione o al commercio di armi, evidenzia Fasano. «Proprio riprendendo la Laudato si’, il richiamo è ad avere un approccio integrale: attenti a tutto ciò che facciamo, verificando che il nostro agire economico e non economico abbia ricadute positive sulle persone e sull’ambiente». Ecco perché l’attenzione si focalizza su un dato: la metà dei fondi stanziati dai governi a livello globale per le forze armate, oltre 2 miliardi, sarebbe sufficiente a fornire assistenza sanitaria di base a tutti gli abitanti del pianeta e a ridurre le emissioni di gas serra. «Abbiamo avuto di recente una crisi sanitaria che — ricorda la presidente Fasano — non ha ancora esaurito la sua potenza. Eppure nel mondo non esiste di fatto un diritto alla salute, non investiamo abbastanza e sottraiamo soldi alla sanità, come pure alla scuola, per investire nelle armi, pensando che quella sia la garanzia per il nostro futuro». Di qui il Manifesto per una finanza di pace, presentato contestualmente al rapporto, per condannare «fermamente ogni tipo di violenza, combattimento o guerra».

di Giada Aquilino