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DONNE CHIESA MONDO

Identità femminile e maschile: riflessioni di tre futuri sacerdoti

Leggere in seminario
Simone de Beauvoir

 Leggere in seminario   DCM-003
02 marzo 2024

Siamo un gruppo di seminaristi profondamente interessati a questa famosa questione femminile. Di più: siamo convinti che non si tratti di una “questione femminile”, ma di qualcosa che riguarda tutti noi: uomini e donne, sacerdoti e laici.

Alcuni di noi hanno seguito con interesse un seminario universitario sul tema del genere. Questo ci ha portato a dover leggere (e cercare di capire) autrici come Judith Butler, che sono considerate i nuovi eretici da gran parte del mondo cattolico. Tuttavia ci ha aiutato a connetterci con il nostro tempo, per poterlo a affrontare contemporaneamente con empatia e giudizio critico. Altri di noi si sono interessati alla figura di Simone de Beauvoir e hanno avviato spontaneamente un gruppo di lettura su “Il secondo sesso”.

Qualche mese fa abbiamo organizzato un convegno studentesco sulla rivoluzione sessuale, con il desiderio di comprenderne meglio la genesi e gli apporti positivi. Altri infine si sono interessati al tema della donna nella Chiesa, conseguendo un Diploma Congiunto presso le Pontificie Università di Roma con questo titolo: “Donne e Chiesa. Come promuovere la collaborazione tra uomini e donne in una Chiesa sinodale”. Questo nostro interesse è stato visto da alcuni preti più anziani con una certa derisione, o addirittura con sospetto. Tuttavia, riteniamo che queste iniziative siano destinate a durare. Come uomini celibi, siamo convinti che non possiamo comprendere pienamente noi stessi se non in relazione all'altro sesso. Come futuri sacerdoti, non sappiamo chi siamo se non attraverso le mani dei laici. La cosiddetta “questione femminile” è, per noi, una questione di identità. E non delle donne, ma nostra.

A proposito delle sfide del sinodo sulla sinodalità, una suora ha criticato il fatto che le donne abbiano ancora bisogno della benedizione delle autorità maschili della gerarchia patriarcale per prendere decisioni. E questo si dice “in casa”. Per la cultura secolare la Chiesa è stata ed è la principale fonte di oppressione per le donne. Questo si riscontrerebbe nei “diritti riproduttivi”, nel controllo del corpo e nella libertà che non esisterebbe nella Chiesa. Molti, dentro e fuori, concordano sul fatto che la Chiesa è sessista. La questione è aperta: parola e voto delle donne al sinodo, l’apertura dei ministeri del lettorato e dell’accolitato… Ma anche se si parla molto dell’argomento, c’è qualcosa che non quadra, e la preoccupazione di tante donne (e anche uomini) ne è la prova.

Proclamare l’uguaglianza non è sufficiente perché le disuguaglianze culturali-religiose scompaiano. Siamo esperti nel radicarci nei nostri vecchi sistemi di pensiero, trovare scuse e inventare sotterfugi. Già Simone de Beauvoir denunciava che i cristiani riconoscono l'uguaglianza tra uomini e donne, relegandola però in cielo e nelle terra proseguendo allo stesso modo.

Fortunatamente, l’uguaglianza teorica viene sempre più vissuta nella pratica. Tuttavia, ci sono due atteggiamenti che, a nostro avviso, compromettono gli sforzi in questo senso: 1) ridurre la partecipazione femminile agli incarichi e 2) contrapporre le donne agli uomini.

Con buona volontà, vogliamo inserire le donne in quanti più posti di responsabilità possibile. Eppure, se questa volontà non è accompagnata da una vera e propria apertura al contributo reale delle donne, ci troviamo di fronte a una semplice pulizia di immagine o, peggio ancora, un sottile machismo. Aprire spazi alle donne significa essere disposti a che modifichino in qualche modo il sistema, cambino la logica degli equilibri, mettano in discussione il modo in cui le cose sono sempre state fatte. Ci auguriamo che una maggiore presenza femminile sia un'opportunità per la Chiesa di cambiare veramente, arricchendosi dei propri talenti particolari.

Non pensiamo nemmeno che aiuti l’uguaglianza considerare gli uomini come un nemico da sconfiggere, come se questo fosse il più grande ostacolo alla liberazione delle donne. Non si tratta di organizzare una crociata contro il potere maschile. Questo atteggiamento conflittuale distrugge sia gli uomini che le donne. Ci distrugge, perché siamo fatti per la comunione, per l'alleanza. L’uguaglianza può essere raggiunta solo insieme e non in una lotta per l’indipendenza.

Crediamo che non possa esistere una vivace comunità evangelizzatrice senza la presenza delle donne. E questo non per una sorta di concessione, come se si trattasse di accontentare le donne con le briciole, ma perché è la Chiesa che ha bisogno e si arricchisce delle donne quando realizzano pienamente la loro vocazione. Noi giovani seminaristi non possiamo comprendere chi siamo nella Chiesa senza l’aiuto delle donne. Ne abbiamo bisogno nella nostra formazione.

Questa proposta è contemplata nella scena della Pentecoste: «Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui» (At 1,14).

Lo Spirito non è disceso prima su alcuni e poi su altri, non è disceso quando ciascuno era a casa sua; accadde quando «si trovavano tutti insieme nello stesso luogo» (At 2,1).

di Miguel Herrera, Ignacio Uzcanga e José Andrés Gonzalez
Seminaristi presso il Collegio Internazionale dei Legionari di Cristo di Roma