· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

ProspettiveGlobali
L’analisi di un un teologo che vive a Philadelphia

Il fattore cattoliche
negli Stati Uniti

 Il fattore cattoliche  negli Stati Uniti  DCM-003
02 marzo 2024

La questione femminile nella chiesa non è più una questione esclusivamente occidentale, europea e nordamericana, frutto del divario tra promozione sociale della donna nella società e la tradizionale (ma non originaria) rigida differenziazione dei ruoli nel cattolicesimo. La presente fase nella storia dei rapporti tra chiesa e storia moderna, in particolare l’avvento degli studi sul post-coloniale e il de-coloniale, ha aperto gli occhi dei cattolici sugli aspetti globali della questione femminile.

Ma è ancora vero che la prospettiva nordamericana e dagli Stati Uniti in particolare offre un punto di osservazione unico e irrinunciabile per comprendere l’intreccio, per la questione femminile, tra dinamiche interne (teologiche e istituzionali) ed esterne (nel sistema sociale, economico, politico e culturale). Dal punto di vista della storia della chiesa, siamo usciti dal “secolo americano”, ma gli Stati Uniti sono ancora un punto di riferimento per comprendere le tendenze globali nel mondo religioso, cristiano e cattolico in particolare. La questione femminile negli Stati Uniti, tuttavia, viene spesso liquidata con una serie di caricature, miti e anti-miti (o miti negativi) che la identificano col femminismo radicale che inizia negli anni Sessanta e Settanta e che viene rappresentato unicamente col movimento per l’ordinazione presbiterale o le prese di posizione sulle questioni di morale sessuale. In realtà, è una storia più lunga e complessa che è necessario tenere presente per comprendere la questione femminile nella chiesa cattolica oggi.

Il primo fattore è il contributo dato dalle donne alla costruzione della chiesa in Nord America negli ultimi due secoli. Quello statunitense è un cattolicesimo di recente immigrazione che vede la sua crescita a partire dalla metà dell’Ottocento. È una chiesa che comincia a esistere, in un paese-continente tutto da costruire, grazie alle donne: sono le madri (una idea di “maternità eroica” che gioca un ruolo nella recezione americana dell’enciclica di Paolo vi , Humanae Vitae) e le religiose molto di più dell’episcopato, del clero e degli ordini religiosi maschili. Mandano avanti le famiglie, popolano il “Catholic neighborhood” con al centro la parrocchia, e in un paese che fino alla seconda metà del Novecento è ufficialmente anche se non costituzionalmente protestante, in cui i cattolici sono considerati cittadini di serie B. Gli ordini religiosi femminili costruiscono scuole, università, ospedali che non sono meno importanti – anzi – del sistema parrocchiale e diocesano. Il contributo delle donne alla realizzazione del cattolicesimo made in USA, ma anche con uno slancio missionario globale importante, non è un mito femminista, ma storia, e anche storia recente, molto viva nell’auto-comprensione dei fedeli della chiesa in America.

Un secondo fattore è quello della recezione del Concilio Vaticano ii in America, che ha visto emergere la voce della teologia delle donne, in modi diversi. C’è la teologia femminista dei grandi nomi: dal testo apripista di Mary Daly (1928-2010), The Church and the Second Sex (1968, prima della sua deriva post-cristiana), agli studi fondamentali di Anne E. Carr (1934-2008), Elizabeth A. Johnson (1941) ed Elizabeth Schüssler Fiorenza (1938-). La nascita della “teologia femminista” si può infatti situare tra gli anni 1968-1975, contestualmente a quanto è avvenuto per la teologia latino-americana della liberazione e per la teologia nera nordamericana.

Risulta impossibile non vedere nella teologia delle donne e femminista in America un elemento legittimante di un’interpretazione e recezione conciliare fedele alla dinamica dei segni dei tempi di cui si trova, in relazione al ruolo delle donne nella società moderna. Ma segna anche l’inizio di un cambiamento epistemologico nella teologia, capace di una lettura femminista che restituisca la Bibbia e la Tradizione a una vitalità per molti secoli imbrigliata da dinamiche sociali e politiche non sempre evangeliche. Non sono soltanto le donne a porre la questione della donna nella chiesa, ma anche teologi uomini (come i curatori di due numeri speciali di Theological Studies e di Concilium pubblicati nel 1975). Nel 1995 i canonisti americani affermavano che «alla luce di queste ricerche, l’ordinazione delle donne al diaconato permanente è possibile, e potrebbe anche essere auspicabile per gli Stati Uniti nelle attuali circostanze culturali». Non è soltanto un tema di ricerca accademica dominio di poche università di élite: dal post-concilio in poi inizia ad arricchire il corpo docente delle oltre duecento università e college cattolici (ma non solo) negli Stati Uniti l’arrivo di generazioni di teologhe, religiose e laiche. Questo ha cambiato alla radice la cultura del cattolicesimo americano, forse più che in ogni altro paese.

Un terzo elemento è l’incrocio e la differenziazione rispetto alle altre culture femministe – quella mainstream, quella del cristianesimo protestante evangelicale e fondamentalista, e delle altre tradizioni religiose non cristiane in America. Anche grazie al Vaticano ii , l’interpretazione della Scrittura e della tradizione hanno consentito al cattolicesimo di prendere una propria strada nel cammino della riscoperta di una immagine femminile dell’autorità, a partire dalle voci al femminile del divino nella Bibbia. Questo ha differenziato il pensiero e la esperienza delle donne nel cattolicesimo: sia dalle chiese ancorate a una ruolizzazione rigida parte del passato da settler e colonialista del protestantesimo evangelicale, sia da altre tradizioni religiose (l’ebraismo ortodosso, l’Islam sia di recente immigrazione sia i Black Muslims), in una sintesi originale e creativa, si potrebbe dire unica sulla complessa scena religiosa degli Stati Uniti. Il cattolicesimo riprende la forma di una confessione religiosa nota per le sue continuità ma anche capace di rileggere la tradizione in modo dinamico, alla riscoperta di pagine dimenticate o censurate, non semplicemente da una autorità religiosa maschile ma da secoli di modelli di genere dominanti. Questo avveniva fin dall’inizio dell’epopea del cattolicesimo negli usa , ma poi accelerava in seguito agli imponenti mutamenti culturali avviati con la seconda guerra mondiale, portati a riflessione e irreversibile maturazione dalle innovazioni giuridiche, sociali ed economiche degli anni Sessanta.

Infine, il quarto fattore che ci porta più vicino ai nostri tempi: il femminismo cattolico americano, a contatto con culture femministe altre, ha reso il cattolicesimo capace di leggere i segni di tempi in modi consonanti rispetto alla critica di papa Francesco della modernità e post-modernità del tardo capitalismo. Un incrocio tra dottrina sociale della chiesa, teologia femminista, e pensiero femminista critico delle ossessioni identitarie della cultura americana (per esempio, Lauren Berlant) offre al cattolicesimo la possibilità di comprendere la questione capitalistica e tecnocratica in un modo unico, più fecondo rispetto sia alla critica tradizionalista illiberale della modernità sia alla tesi “post-liberale” che risente di una mancanza di visione storica.

Sono visibili in America le tensioni del periodo a cavallo tra xx e xxi secolo tra il “nuovo femminismo cattolico” in opposizione al femminismo teologico anni Sessanta-Settanta di impianto social-liberal. Ma sono tensioni che risentono di dinamiche generazionali che sono in via di ridefinizione anche grazie ai grandi cambiamenti sociologici in corso, in gran parte grazie ai fenomeni migratori che apportano novità al ruolo della donna nel cattolicesimo americano. La storia del post-concilio in America ha molto da insegnare ma non si è conclusa.

La prospettiva nordamericana non risolve di per sé le tensioni esistenti tra sistema istituzionale e istanze della teologia femminista, ma aiuta a comprenderne meglio i contorni, al di là delle banalizzazioni e delle caricature. Soprattutto, la questione della donna della chiesa negli usa dà forma e preannuncia alcune delle dinamiche del Global Catholicism di cui il cattolicesimo statunitense fa parte, non essendo più una provincia o una estensione del cattolicesimo europeo.

di Massimo Faggioli
Professore nel dipartimento di teologia e scienze religiose, Villanova University, Philadelphia


La questione femminile nella Chiesa, spiegatami da nostra figlia


In questi ultimi sedici anni è successo a me un po’ quello che è successo ad altri intellettuali provenienti dall’Europa cattolica quando sono entrati in contatto con gli Stati Uniti: si apre un mondo nuovo, e tutto il resto del mondo (incluso il vecchio continente) cambiano forma e significato. Tuttavia, una differenza essenziale rispetto a Tocqueville o Chateubriand, oltre ai due secoli che ci separano, è che i due scrittori francesi fecero esperienze di viaggio (sia pur lunghe), ma non misero su famiglia in America, e non insegnavano teologia. 

I nostri figli vanno a una scuola cattolica, legata alla nostra parrocchia. Nostra figlia, pre-adolescente, si trova all’incrocio tra tre diverse culture quando si tratta della questione femminile nella chiesa. A scuola e in parrocchia, vige una formazione solida e tradizionale, giovialmente diffidente rispetto alle questioni di genere (nonostante quasi tutto il corpo insegnante sia composto da donne): ragazze chierichette e catechiste sì, predicare dal pulpito no – il che corrisponde al sentire religioso ed ecclesiale della stragrande maggioranza dei cattolici nei sobborghi di Philadelphia. A casa, anche grazie alla formazione umanistica di mia moglie (americana ma italofona e studiosa di letteratura italiana del Rinascimento), si respira un’atmosfera di apertura, consapevole delle pressioni che i nostri tempi pongono al cattolicesimo, ma anche fiduciosa nelle possibilità che i tempi moderni o post-moderni offrono per un nuovo ruolo delle donne nella chiesa. In quello che si chiama il mainstream culturale americano, invece, la situazione è più grave; mettere nella stessa frase donne e cattolicesimo è di solito l’inizio di una barzelletta o di una filippica sull’atavico, proverbiale e irriformabile sessismo della chiesa.

La questione è come gestire l’incrocio tra casa, chiesa, e spazio pubblico: tra ordine vigente all’interno della chiesa, la radicalizzazione delle richieste dello spazio pubblico alla chiesa sulle questioni di uguaglianza e diritti, e quello spazio di mediazione che è o potrebbe essere la famiglia e la casa. Le tensioni tra queste tre arene sono percepibili su tutte le questioni, ma in modo particolare sulla questione del ruolo della donna. Rimasi sorpreso quando nostra figlia notò, una domenica dopo la Messa (doveva essere in seconda o terza elementare), che nella nostra chiesa le donne non possono fare quello che solo gli uomini possono fare: una contraddizione palese rispetto all’idea molto americana secondo cui “puoi diventare tutto ciò che vuoi, se solo ci credi”.

Quel che di buono che ho cercato di fare al servizio della Chiesa è venuto in gran parte dalle donne che ho incontrato, specialmente in America e dopo l’incontro con l’America: mia moglie, colleghe teologhe, suore e monache, studentesse, e soprattutto nostra figlia. Come cattolico, teologo e padre, la difficoltà di fronte a nostra figlia (in termini e distanze molto più ravvicinate rispetto alle studentesse o alle colleghe) è di tenere insieme da un lato il rispetto dovuto per la pazienza dei passi di Dio e della Chiesa nella storia, e dall’altro lato l’esigenza del rispondere - qui e ora - alle domande sulle evidenti contraddizioni tra il messaggio di Gesù sulla dignità della donna e  un certo modello ecclesiastico e sociale nel cattolicesimo degli Stati Uniti. Un modello in cui le donne sapevano dove dovevano stare. “To know your place” in inglese significa “stare al posto tuo”, senza illuderti di poter cambiare niente. Che non è proprio un modo cristiano di guardare alle persone.  (Massimo Faggioli)