· Città del Vaticano ·

Il cardinale Parolin a un premio della fondazione Centesimus annus Pro Pontifice

Eliminare il debito
dei Paesi poveri

 Eliminare  il debito dei Paesi poveri  QUO-049
28 febbraio 2024

Vincitrice una docente cilena con un’opera sulla vulnerabilità


Per «sradicare una delle radici più profonde ed antiche dell’imperialismo finanziario» i «creditori internazionali eliminino o almeno riducano il debito estero dei Paesi più poveri e investano in programmi sociali, educativi e sanitari»: lo ha auspicato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, intervenendo ieri pomeriggio, martedì 27 febbraio, a Roma, presso l’Istituto Maria Bambina, alla premiazione del concorso «Economia e Società» promosso dalla Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice.

Alla presenza della presidente Anna Maria Tarantola, il porporato ha animato la tavola rotonda sull’impatto della vulnerabilità per Stati, aziende e società, svoltasi a conclusione della cerimonia di consegna del premio alla docente cilena Carolina Montero Orphanopoulos, autrice di una pubblicazione proprio su questo tema, intitolata Vulnerabilità. Verso un’etica più umana. La giuria presieduta dal cardinale Reinhard Marx ha anche assegnato borse di studio ai giovani ricercatori under 35 Sebastian Panreck, dell’ateneo tedesco di Münster, e Andrea Roncella, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

«La categoria inter-disciplinare della vulnerabilità racchiude in sé il mistero della coesistenza della forza e della debolezza nell’esperienza divina e umana», ha esordito Parolin ricordando come nell’Antico Testamento uno dei compiti principali del re di Israele fosse «difendere i diritti dei più vulnerabili della società, come il povero, l’orfano, la vedova e il forestiero», mentre nel Nuovo Testamento è il Messia stesso, «il re dei re», a farsi vulnerabile. Non solo: «Gesù conserva i segni della vulnerabilità umana anche dopo essere risorto; nel suo corpo glorioso quelle ferite, che testimoniano la sofferenza della croce, si trasformano in segni del suo amore». Ecco allora, ha aggiunto il segretario di Stato, che «nel mistero dell’incarnazione» la vulnerabilità «intesa comunemente come debolezza, diventa l’apertura costitutiva dell’essere umano» e «prendere coscienza della nostra condizione esistenziale vulnerabile rende sensibili verso gli altri e consente di entrare in empatia» con il loro dolore.

Insomma, la coscienza «della nostra fragilità e dei nostri limiti», ha chiarito Parolin, chiama tutti «ad assicurare assistenza e conforto» a quanti «sono stati emarginati dalla società» aprendo «all’esperienza dell’alterità che dispone al dono della fraternità». Perché «nel farci prossimi ai nostri fratelli ritroveremo noi stessi, riscopriremo la nostra umanità più autentica».

Da qui la denuncia del segretario di Stato: «la ricerca del profitto a ogni costo è all’origine delle speculazioni finanziarie, del commercio delle armi, dell’inquinamento ambientale e di conseguenza delle ingiustizie sociali che provocano disuguaglianza ed emarginazione». Lo rivela «un’attenta analisi dei meccanismi strutturali degli odierni sistemi economici» ha detto, rilanciando l’invito di Papa Francesco «a compiere gesti concreti di fraterna solidarietà» per poter «rispondere al grido dei poveri». E «ciò è possibile attraverso la diffusione di una cultura della cura» e la richiesta di una moratoria sul debito internazionale, invocando quella «solidarietà internazionale» in grado di «cambiare le strutture economiche che tuttora generano» indigenza, esclusione e dipendenza. «Occorre — ha rimarcato Parolin — avere il coraggio di superare la logica dello sfruttamento e creare nuovi modelli di sviluppo, nei quali i poveri siano parte integrante del tessuto sociale».

In proposito il cardinale ha affrontato anche il tema sempre più attuale dell’intelligenza artificiale (Ia). «Nel mondo contemporaneo dominato dalla tecnica — ha osservato — siamo esposti al rischio di diventare inconsapevolmente apatici ed acritici consumatori». E l’Ia, ha concluso il segretario di Stato, «potrebbe amplificare le disuguaglianze esistenti, perpetuando pregiudizi presenti negli attuali dati utilizzati per addestrare gli algoritmi». Ciò comporterebbe «decisioni ingiuste o discriminatorie in settori come l’occupazione, i sistemi di finanziamento, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, la giustizia, l’immigrazione e le relazioni internazionali».