· Città del Vaticano ·

Cento anni delle Pie Discepole del Divin Maestro

Parlare di Dio
attraverso la bellezza

 Parlare di Dio attraverso la bellezza  QUO-033
09 febbraio 2024

«Cento anni spesi per il mondo a evangelizzare attraverso la bellezza, seguendo le parole del nostro fondatore padre Giacomo Alberione»: così suor Maria Bernardita Meráz Sotelo, religiosa messicana sessantaseienne, superiora generale delle Pie Discepole del Divin Maestro, racconta il primo centenario dell’istituto che si festeggia domani 10 febbraio alla chiesa di Gesù Maestro a Roma. Un importante traguardo per le religiose che sono parte della famiglia paolina fondata dal beato Giacomo Alberione nel 1924: «È stato un percorso ricco di sfide, ma anche di sogni e speranze, che ha visto le nostre sorelle andare in tutto il mondo», portando un carisma caratterizzato dalla pragmaticità, spiega la superiora: «La materia diviene per noi mezzo per parlare di Dio e della sua opera, per veicolare il messaggio di salvezza».

Proprio la bellezza accompagna le Pie Discepole nella loro missione di evangelizzazione. In un tempo dove la parola bellezza è divenuta sinonimo di appariscenza e superficialità, coniugarla con qualcosa di profondo come fede e spiritualità può apparire forzato o, perfino, inopportuno. «La bellezza per eccellenza è Gesù e, con questo ben chiaro, procediamo nel nostro cammino», prosegue suor Bernardita: «Per noi, architettura, scultura, musica ma anche il cucito e l’artigianato sono vie e strumenti per il nostro messaggio. Lo facciamo attraverso i centri di apostolato liturgico, in cui i diversi tipi di arte convergono, che si trovano nel cuore dei luoghi che andiamo ad abitare». Luoghi dove persino l’allestimento delle vetrine diviene occasione di divulgazione e condivisione dei tempi e dei momenti più importanti dell’anno liturgico. «L’allestimento ruota attorno a uno specifico sacramento o momento liturgico — spiega la superiora generale — e questo è occasione per la gente curiosa, spesso anche non credente, di porsi domande o di recuperare il proprio legame con la loro sfera più intima». Numerosi i giovani che si sono accostati ai sacramenti proprio a partire da questi momenti di meraviglia, stupore e incontro: «Tanti, per esempio, i fidanzati che hanno scelto il sacramento del matrimonio».

Anche l’artigianato gioca un ruolo fondamentale nella loro opera: «Fra le tante storie che costellano il nostro cammino, sicuramente le figure degli artigiani hanno scritto alcune tra le pagine più belle della storia della salvezza, che ci hanno toccato il cuore mediante la loro testimonianza di fede», racconta con emozione. «In Repubblica Democratica del Congo tanti bravissimi artigiani, non ancora credenti, hanno compreso il valore del loro lavoro per la società, accompagnati da una delle nostre sorelle. Arrivare a comprendere che un calice o una patena conterranno il sangue e il corpo di Gesù Cristo, o creare presepi o raffigurazioni della Madonna, è stato per essi afferrare in profondità il senso del loro operato e, nel contempo, annunciare il Vangelo».

Sono donne pronte a porsi al fianco delle tante persone che abitano i luoghi dei cinque continenti dove la congregazione è oggi presente (1165 consacrate in Europa, Africa, Asia, Americhe e Oceania): vivono il loro carisma in un mondo in cui il ruolo delle donne continua a cambiare e, di conseguenza, anche quello delle religiose. «Essere una donna consacrata oggi pone sicuramente delle sfide. La prima? L’attitudine all’essenzialità. Non si tratta di collezionare successi o apparire, bensì di essere», ribatte in tono dolce ma fermo: «Noi donne consacrate dobbiamo essere come il chicco di frumento, all’interno del quale è contenuto il tutto, e dare frutto, generare, accanto al nostro popolo, attraverso una presenza umile e ricca di Dio, lì dove la provvidenza ci pone».

Il cammino delle Pie Discepole del Divin Maestro vede in questo centenario un traguardo da cui trarre nuova forza per proseguire nella missione che, nello scenario attuale, non si prospetta priva di difficoltà. «Ci troviamo in un tempo dove si è perso il valore della trascendenza ma questi momenti difficili sono simili alle doglie di un parto: precedono una rinascita per la Chiesa e per l’umanità — spiega Meráz Sotelo — perché la crisi è sempre un momento di grazia, durante la quale ci concentriamo di più su Dio e meno su di noi». Parole che trasmettono speranza: «L’occasione del centenario ci permette di pensare a un rinnovamento che parta dalle radici affinché la congregazione possa essere “in uscita”, come auspicato da Papa Francesco, all’interno di una Chiesa sempre più sinodale e inclusiva».

di Rosalba Cucci


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