· Città del Vaticano ·

Ospedali sotto le bombe

This photograph shows a room in a damaged hospital building in the liberated village of ...
02 febbraio 2024

Guerre e conflitti non sono solo sinonimo di bombe ed esplosioni, ma portano con sé altri strascichi drammatici che travolgono la popolazione. Uno su tutti: il collasso delle strutture sanitarie. «Atlante» di oggi vuole riflettere su questo tema, partendo dalla Striscia di Gaza: a quasi 4 mesi dallo scoppio degli scontri tra Hamas e Israele, solo 15 su 36 ospedali funzionano ancora. Lo stesso dicasi per l’Ucraina, Paese che il 24 febbraio raggiungerà il triste traguardo dei due anni di guerra, una guerra che ha totalmente distrutto 195 strutture sanitarie.

Non va meglio in Africa, dove il fragore delle bombe dovuto a conflitti interni sembra più tenue, ma le possibilità di cura sfumano parimenti all’orizzonte. Nella Repubblica Centrafricana, ad esempio, ogni 1.000 neonati, 123 muoiono entro il primo mese di vita, mentre in Sudan tre milioni di persone non riescono neppure a raggiungere i pochi ospedali ancora in piedi.

Ci sono poi crisi più nascoste, ma non per questo meno gravi: nell’Afghanistan dei talebani, tornati al potere nel 2021, si contano meno di 3 medici ogni 10.000 abitanti. E altrettanto dolorosa è la condizione di Haiti, dove l’altissimo tasso di criminalità priva la popolazione di servizi essenziali, come l’accesso all’acqua.

In tutto questo buio, tuttavia, una luce c’è: è quella della Federazione internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa che porta assistenza umanitaria tra guerre e crisi, all’insegna di un unico motto: siamo tutti fratelli.

Approfondimento
nell’inserto «Atlante»