· Città del Vaticano ·

Sono arrivati all’ospedale Bambino Gesù i piccoli malati di Gaza

Uscire dall’inferno
e ritrovare la speranza

 Uscire dall’inferno e ritrovare la speranza  QUO-025
31 gennaio 2024

Uscire dall’inferno e ritrovare la speranza. È quanto stanno vivendo i quattro bambini malati che, arrivati da Gaza nella notte di lunedì con un volo speciale messo a disposizione dalle autorità italiane, hanno trovato accoglienza all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. In totale ne sono atterrati 11, gli altri sette sono stati dislocati al Meyer di Firenze, al Gaslini di Genova e al Rizzoli di Bologna.

«Li abbiamo trovati contenti, finalmente abbiamo visto il sorriso nei loro occhi perché sono usciti dall’inferno. Per loro venire in Italia era un sogno, ora ce l’hanno fatta», racconta commosso il vicario di Terra Santa, padre Ibrahim Faltas, parlando con i giornalisti fuori dal Bambino Gesù, dopo averli visitati in reparto ieri pomeriggio assieme a Tiziano Onesti, presidente dell’ospedale, e a Issa J. Kassisieh, ambasciatore dello Stato di Palestina presso la Santa Sede. «Qui — dice — hanno ricevuto una bellissima accoglienza, ed è il segno che il Bambino Gesù accoglie tutti, senza alcuna distinzione. Sono musulmani, vengono dalla Striscia di Gaza e ognuno di loro ha una storia particolare alle spalle». Come il piccolo affetto da un problema di natura ortopedica, il cui papà, Mohamed Al Ashqar, giornalista, ha perso nei bombardamenti israeliani 26 persone della sua famiglia; mentre la moglie è fuggita negli Emirati Arabi Uniti, con altre due figlie anch’esse malate. «Farli uscire non è stato facile — aggiunge il francescano — abbiamo parlato con le autorità palestinesi, con quelle egiziane, con Israele. Nella lista ne avevamo 100, ma per adesso siamo riusciti a portarne solo 11, con 13 accompagnatori». Purtroppo, «sono pochi, ce ne sono moltissimi altri. Certo per loro adesso è una speranza, anche se è solo una goccia rispetto al grande problema che c’è. Noi sentiamo l’esigenza di curarli, con un sentimento di vicinanza a prescindere dalla religione o altri fattori, perché questa è la vita, e noi siamo per la vita sempre», dice Onesti. Che spiega come questi bambini avessero patologie pregresse, «ma nell’impossibilità di essere curati a Gaza, dove non esiste più il loro ospedale, abbiamo deciso di prenderli qui da noi, per garantire quel diritto alla salute che dovrebbe essere un diritto di tutti». Diversi i problemi e diversi i percorsi ospedalieri previsti per loro: due soffrono di problemi neurologici, uno ha bisogno di cure ortopediche, una bimba invece ha una patologia di carattere ematologico. «Di certo rimarranno in cura per tutto il tempo che sarà necessario alla loro ripresa», assicura la dottoressa Lucia Celesti, responsabile dei servizi di accoglienza del Bambino Gesù, «e certo noi siamo sempre pronti a ricevere qualunque altro piccolo abbia bisogno di aiuto e assistenza».

L’ambasciatore Kassisieh, «per conto della leadership palestinese e del popolo palestinese», esprime un ringraziamento «a tutti coloro che si sono spesi per questo gesto in favore dei nostri figli». E ricorda quanto Papa Francesco «preghi per noi, per la Terra Santa, per la pace», e come abbia «da subito chiesto un cessate-il-fuoco, l’aiuto umanitario, l’apertura delle frontiere e la soluzione dei due Stati. Ci auguriamo di uscire da questa situazione orribile, verso la libertà».

Perché vi si arrivi, è l’appello di padre Faltas, «è il momento di dire basta con tutta questa morte. Ci sono oltre 26.000 persone che hanno perso la vita, e altre 65.000 ferite che non hanno la possibilità di essere curate». «La comunità internazionale — conclude — intervenga subito per fermare la guerra. La nostra speranza è che ora, dopo tutte queste vittime, si trovi la soluzione al problema, si trovi la via della pace, che passa attraverso il progetto di cui tutti parlano, quello dei due Stati. L’unico che possa garantire a palestinesi e israeliani di vivere in armonia. Bene, è arrivato il momento di metterlo in pratica. Perché nessuno oggi sta bene: né gli ebrei, né i cristiani, né i musulmani, né i palestinesi, né gli israeliani. Se non lo facciamo adesso, allora quando?».

di Roberto Paglialonga