· Città del Vaticano ·

Lettera a un’amica incontrata nove anni fa

Ti penso mentre sorridi... finalmente alla luce del sole

 Ti penso  mentre  sorridi...  finalmente  alla luce  del sole  ODS-018
03 febbraio 2024

Cara E.,

sto tenendo tra le mani la foto che ci siamo scattate l’estate scorsa all’aeroporto di Fiumicino, poco prima che tu prendessi l’aereo per tornare in Nigeria dalla tua famiglia. Ti ricordi?

Stai sorridendo, finalmente alla luce del sole. E io con te.

Nel riguardare questa foto, riaffiorano in me tanti di quei ricordi che faccio fatica a metterli insieme.

Sono passati quasi 9 anni dal giorno in cui ti ho vista lì per strada per la prima volta: vivevi in condizioni estreme, in mezzo all’immondizia e ai rifiuti. Era notte e soprattutto c’era buio nella tua vita. Io uscivo spesso insieme all’équipe del Servizio Notturno Itinerante ( sni ) e ti venivo a trovare. Non so quanto tempo ci è voluto e quante difficoltà abbiamo incontrato per costruire una relazione di fiducia. Tu eri sempre così diffidente e ti ritraevi. Ti eri voluta emarginare, avevi chiuso la porta con il mondo e non permettevi a nessuno di entrare.

Ma quella scheggia di infinito che è dentro ciascuno di noi, che ci chiama sempre a cose più grandi, ci ha dato la forza di non scoraggiarci mai di fronte ai tanti ostacoli incontrati.

E così, dopo mesi e mesi di fallimenti e di passaggi a vuoto, hai finalmente iniziato a socchiudere quella porta, perché potesse entrare un po’ di luce. Piano piano, un passo alla volta, secondo i tuoi tempi.

Ci hai permesso di pulire dai rifiuti la zona in cui tu dormivi e di conoscere qualcosa di te: per esempio, ci hai rivelato che ti piaceva il riso in bianco, che andavi matta per la Coca-Cola e che la tua passione era fare le treccine ai capelli.

Non sai quante segnalazioni abbiamo ricevuto su di te! Tanti ci chiamavano per richiedere un nostro intervento. Non solo le istituzioni, ma anche i privati cittadini che ti vedevano sotto le loro abitazioni. Sì, perché tu spesso ti spostavi di zona: Casilino, Tuscolano, Centocelle, Tor Pignattara… Eppure, anche se ti eri isolata da tutto e da tutti, intorno a te si era creata una rete di solidarietà, che a me è rimasta sempre impressa.

Non so se te ne sei mai resa conto. Ricordo come se fosse ieri la scena di una ragazza che usciva dal portone del suo palazzo e veniva da te, si preoccupava per te, perché in quei giorni non stavi tanto bene, e con spiccato accento romano ti tranquillizzava. Insomma, ti stava vicina a suo modo. Sembrava la scena di un film di Pasolini. E quella vicinanza così autentica e genuina verso chi soffre e chi è emarginato, che forse si trova solo in periferia, mi ha commosso e al tempo mi ha fatto riflettere sul fatto che quella potesse essere la chiave giusta per farti uscire dall’emarginazione.

Un primo timido passo in avanti c’è stato nel 2016 quando hai accettato di essere ospitata nella struttura di Santa Giacinta a Ponte Casilino per l’emergenza freddo. Quell’esperienza è durata poco, appena un mese: non era ancora arrivato per te il tempo giusto.

Così sei tornata in strada.

Intanto, gli anni passavano tra alti e bassi e tutti noi che ti seguivamo cercavamo il modo per mantenere una relazione e un dialogo con te, settimana dopo settimana. E soprattutto un rapporto di fiducia, cosa tutt’altro che facile, anche perché i tuoi problemi psichiatrici rendevano più complicato il nostro aiuto.

Ed è così che arriviamo al 2021. In quel periodo, lavorando a stretto contatto con diverse realtà che forniscono assistenza a chi vive in situazioni di disagio, abbiamo iniziato a scoprire qualcosa di più sul tuo difficile passato: un viaggio faticoso dalla Libia verso la Sicilia, forse a bordo di uno di quei barconi pieni di uomini, donne e bambini — come purtroppo se ne vedono in grande quantità di questi tempi nei telegiornali —, per sfuggire alla povertà, alla ricerca di una vita migliore, per realizzare i sogni che avevi nel cuore. Un viaggio che hai affrontato incinta e con tuo marito, lasciando nel tuo paese gli altri tuoi figli, ma che poi purtroppo ti ha portato solo tanto dolore e tanta sofferenza. E così improvvisamente ti sei ritrovata da sola qui a Roma.

Non ne volevi sapere di parlare con la tua famiglia in Nigeria, anzi, più volte negavi che le persone che avevamo contattato fossero tuoi parenti: queste delusioni e questi fallimenti erano troppo grandi da accettare e da far accettare.

Finalmente, però, sempre nel 2021, proprio nel giorno di Natale, hai accettato di essere ospitata nella struttura di Casa Lourdes. Ti ricordi? Sono stata io stessa ad accoglierti. È stato un momento molto importante per te, un passo decisivo verso la tua rinascita. Perché da allora, lentamente, hai ripreso a cucinare e a fare la spesa, hai ricominciato a prenderti cura di te stessa e del tuo corpo, a rimetterti i vestiti colorati. E quanto ti piaceva fare il bagno in quella vasca che c’era all’interno della struttura!

Eppure, nonostante i progressi, i tuoi problemi psichiatrici hanno richiesto un ricovero l’anno seguente e lì uno psichiatra ha iniziato a seguirti costantemente per aiutarti ad affrontare un percorso per riprendere in mano la tua vita, lavorando sulle tue ferite e sulle tue sofferenze. E poi, dopo un altro ricovero, sei venuta all’Ostello di via Marsala. E qui come stavi bene! Lo leggevo nei tuoi occhi… Ti ricordi come ti divertivi e quanto ti scatenavi nei balli alle feste dei compleanni, quelle che ogni mese organizziamo all’interno della mensa?

Nel frattempo, grazie alla collaborazione con diverse realtà che si occupano di rifugiati, è stato possibile piano piano ricreare un rapporto con la tua famiglia di origine e questo ci ha permesso di lavorare per il tuo rimpatrio.

E quindi eccoci a quel giorno in cui è stata scattata questa foto che ho davanti a me. Era il 3 agosto 2023. Continuo a guardarla e sono felice, perché ora so che sei più serena e hai ripreso in mano la tua vita, nonostante le tante difficoltà che devi affrontare. Sappi che non abbiamo mai avuto un obiettivo nei tuoi confronti, le cose sono venute fuori piano piano… andando, vedendo… Non siamo venuti da te per proporti un’accoglienza o un rimpatrio, ma solo per creare un rapporto di fiducia reciproca, per starti vicino, per entrare a piccoli passi nella tua storia, per smuovere qualcosa dentro di te secondo i tuoi tempi, per far sì che tu potessi ricominciare a costruire relazioni con le altre persone, che tu potessi trasformare il tuo dolore e la tua sofferenza in qualcosa per cui valesse la pena vivere.

Noi siamo solo delle lenti che ti hanno aiutata a mettere a fuoco alcuni aspetti del tuo vissuto, non siamo gli occhi. Sei stata tu ad aver fatto i passi decisivi per la tua rinascita. Tutto è nato dentro di te e grazie a te. Ed ecco che dopo tanto buio, finalmente è arrivata nella tua vita un po’ di luce.

Ciao E., buona fortuna! Abbi sempre cura di te. Non ti dimenticheremo mai!

(La storia di E., raccontata da Stefania Protano, operatrice della Caritas diocesana di Roma, è stata raccolta, sotto forma di lettera, da Alessandro Venzaghi )

la tua Stefania