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Canti dalle periferie Il diritto di parlare e di essere ascoltati

 Canti  dalle periferie Il diritto di parlare e di essere ascoltati  ODS-018
03 febbraio 2024

La notte come tempo, scandito dal ritmo della rotazione terrestre, o come stato d’animo? Sono vere tutte e due le interpretazioni, come raccontano gli autori dei nostri canti dalle periferie. Nel primo come nel secondo caso c’è però sempre una luce, una stella, una speranza.

Sono belle le città
di notte, ma se ci fosse più giustizia
lo sarebbero di più

Come sono belle le città di notte! Vederle così frenetiche di giorno, poi così placide e scintillanti di notte, fa effetto!!! Roma, ad esempio, così maestosa, grande, popolata di persone tutte con il naso all’insù ad ammirare palazzi e monumenti. Poche abbassano lo sguardo. E se lo fanno è per non inciampare o per non saltare un gradino, oppure per guardare un uomo che dorme in un anfratto rannicchiato in un cartone. Un veloce pensiero di pena o di timore o di schifo e, poi, il naso torna subito in posizione telescopio per puntare sulle meraviglie della città.

Sono tante, migliaia, le persone che dormono in strada a Roma. Se poi ci si aggiunge quelle ospitate nei ricoveri della Caritas e di altre organizzazioni il numero fa paura.

Gli ultimi, gli emarginati, i fantasmi notati da pochi: come mi piacerebbe che nella mia città circolassero dei pulmini per cercare queste persone e accompagnarle a dormire in un letto. Sarebbe un bel gesto di bontà, ma anche di giustizia, col quale si potrebbero mettere a tacere certe speculazioni che non si accontentano di chiamarci poveri, ma ci vogliono pure brutti e cattivi.

Siamo fatti
di sogni

Adamo — inteso non già come primo uomo, bensì come cantante italo-belga in voga negli anni ’60 — in un suo successo discografico di allora lanciava la seguente invettiva: «La notte mi fa impazzir!».

Una dozzina di anni dopo, Patti Smith — cantante statunitense — al contrario, la ammirava, «because the night belongs to lovers» (perché la notte appartiene agli amanti).

Già queste due citazioni, da sole, danno un’idea di quanto variegata possa essere la percezione delle ore dell’oscurità. In passato, sono state a lungo considerate il tempo deputato alle peggiori nefandezze, quando le vie delle città erano buie e unico fattore rassicurante erano le voci delle ronde che proclamavano: «Sono le ore … e tutto va bene!».

Naturalmente, per chi contava le pecore — perché non prendeva sonno — tanto bene non andava. Anzi, queste voci erano semmai un ulteriore elemento di disturbo.

Oggi le cose sono alquanto differenti: anche ad ore antelucane le vie cittadine sono percorse da numerosi mezzi pubblici.

Ed in mancanza di meglio, trascorrere una notte a bordo di un autobus può essere un buon sistema, se non per vivere una suggestiva esperienza turistica — in stile "Rome by night" — comunque per ripararsi dal freddo e sonnecchiare un po' in relativa tranquillità.

All’uopo si consiglia di scegliere linee dal percorso più lungo possibile onde limitare il fastidio di scendere ogni volta giunti al capolinea ed attendere la partenza della corsa successiva; non tutti i conducenti lasciano che si rimanga in vettura.

Per chi, invece, dorme la gamma di opportunità che gli si presentano è più articolata.

Intanto si dorme prevalentemente di notte. È un fatto biologico: il nostro (e non solo) organismo è biologicamente programmato per dormire in assenza di luce.

E, soprattutto, quando si dorme si sogna. Quindi è proprio con il buio che si sogna di più. E qui arriva il bello.

Ad esempio, per chi è depresso la notte può essere tutt’altro che fonte d’impazzimento, ma un ottimo rifugio, un’occasione per staccare la spina da una realtà poco sopportabile e viverne un’altra, magari più gradevole, nel regno di Morfeo.

E nella cultura degli aborigeni australiani è proprio l’esperienza onirica quella reale; quella vissuta durante la veglia è illusoria.

Oppure pensiamo a quante verità scottanti sono contenute nel testo di «The Sound of Silence» a cui si è accennato in precedenza su queste colonne. Ebbene, tutti gli accadimenti descritti nella canzone hanno luogo di notte: il buio, l’oscurità pervade l’intero brano, ne è l’ambientazione.

Alcuni studiosi sostengono che con il sogno ci prepariamo alla giornata successiva. Possibile. Forse anche probabile. E comunque non stupisca la concezione degli aborigeni australiani; in fondo anche in questa parte di mondo, in un contesto culturale distante anni luce, già Shakespeare, non molti secoli or sono, asseriva che «We are such stuff as dreams are made on» (Noi siam della stessa sostanza di cui son fatti i sogni).

Le tigri
e le stelle

Gli incubi sono come le tigri. È di notte che preferiscono cacciare. Arrivano all’improvviso per sbranare i sogni che stai sognando, lasciandoti lì a ripensare a chi sei stato, a quello che saresti potuto essere, a quello che sei adesso.

La notte fa paura. Fa paura a quelli che vivono per strada, che non hanno un tetto dover ripararsi quando piove, a quelli che non hanno più niente. Aspettano che qualcuno passi a portare un po’ di cibo e, cosa più importante, un sorriso, una pacca sulla spalla, una parola di conforto che li aiuti a credere che possono tornare a vedere, a sperare, a sognare. Basterebbe una piccola luce, ma poi cala il buio e la tigre torna a cacciare.

Qualche settimana fa, grazie all’«Osservatore di Strada» col quale, nel mio piccolo, collaboro, ho avuto la possibilità di incontrare una luce grandiosa. Una luce forte perché è umile, una luce, inesauribile perché è alimentata dall’amore nei nostri confronti. L’amore per i senza tetto, i senza dimora che vivono sotto i ponti e che si sentono fortunati se la mattina riescono ancora ad aprire gli occhi.

Questa luce ha un nome. Si chiama Papa Bergoglio che ha voluto incontrare anche uno come me. Mi sono sentito ascoltato, capito. È stato come avere tra le mani tutte le stelle del firmamento: una luce che spacca il buio delle nostre vite, che rende la notte meno tetra e paurosa, che ridà la forza per sognare.

I sogni sono speranza, la speranza che la notte finirà e arriverà un’alba nuova con la sua luce e i suoi colori.

Grazie Papa Francesco che con il tuo impegno, la tua umanità e anche il tuo coraggio ci restituisci quella luce che illumina la notte buia della nostra vita di oggi.

E c’è chi lavora
mentre
gli altri dormono

Ci sono ultimi che, pur avendo un lavoro dignitoso, con spirito di grande sacrificio portano a casa la pagnotta. Chi sono? Sono quelle persone che, prima che la notte lasci spazio all’aurora, sono già al lavoro. Sono quelli che, quando si esce di casa, fanno trovare le scale, gli ascensori, i pianerottoli e i giardini condominiali belli, puliti e profumati. Sono quelli che alle 3 o alle 4 del mattino già trovi sugli autobus, i tram e le metropolitane per recarsi al lavoro. Sono quelli che, quando la città si sveglia, hanno già fatto le loro ore di lavoro.

È un mondo invisibile, ma ben visibile è il risultato dei loro sacrifici.

Anche queste persone appartengono all’universo degli ultimi. Sono ultimi perché la logica dello scarto, praticata dalla società contemporanea, pensa più al pianerottolo, all’ascensore, alle scale e ai giardini puliti e in ordine che alle persone che hanno fatto in modo che lo siano.

Una scintilla
può diventare fuoco

La notte viene vista come difesa e, a volte, come attacco. Ci sentiamo protetti dal buio e nel buio aggrediamo chi vediamo diverso da noi. Ma non teniamo conto che la luce ritornerà.

Che cos’è la luce? La luce ci riscalda e ci libera dalle paure. Ci dà sicurezza. Troppo spesso abbiamo paura del buio. Dobbiamo imparare a convivere con ciò che sentiamo, sia il positivo che il negativo, senza mai perdere il senso di noi stessi e il motivo per cui siamo qui: per amarci e per amare.

Ma come si fa ad amare se non vediamo l’amore? L’ho detto altre volte: l’unica cosa da fare è liberare la scintilla che è in noi per farla diventare fuoco.

La notte, allora, non farà più paura perché non è determinata da ciò che è al di fuori di noi.

Si pensa troppo spesso che chi vive per strada abbia bisogno di luce, di calore, di cose pratiche. In realtà si tratta di cose effimere, che rischiano di distoglierci da ciò che siamo: Amore Totale.

Elio

Fabrizio Salvati

Domenico

Daniele Mureddu

Mimmo