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Roberta Vinerba, la suora che commenta il Vangelo in Tv

Una storia di conversione

 Una storia  di conversione  DCM-002
03 febbraio 2024

Roberta Vinerba è donna di carattere, solare e decisa, profonda e libera. È una suora, una teologa, insegna all’Istituto Teologico di Assisi, che dirige. È stata una cantante di pianobar, voce di una jazzband, ma allo stesso tempo era soprano in un coro polifonico, ha fatto concerti in mezza Europa. Non sopportava la Chiesa, e la sua terra, impregnata di umori francescani, ha anche una solida tradizione anticlericale e antagonista. Alle scuole superiori studia all’Istituto tecnico biologico, perché adorava le scienze che curano l’uomo, e quindi ama la letteratura.

Nell’attesa di iscriversi all’università, facoltà di Chimica, viene ammessa al Conservatorio, e per mantenersi lavora al quotidiano regionale Corriere dell’Umbria, vende gli abbonamenti per la sua società editrice. A 23 anni è capovendita, apre sedi in tutto il centro Italia. Mai un fallimento, ma tanta inquietudine, ed è lì che si intrufola Dio con la sua fantasia: la ragazza brillante che riusciva in tutto si veste solo di nero, cerca aiuto nella psicoterapia, sfoga la sua rabbia nei collettivi femministi, nei circoli extraparlamentari. Sono i tempi di “Non moriremo democristiani”, secondo l’espressione in voga in Italia negli anni Ottanta, “il corpo è mio”, il sistema da cambiare. Ma è il tema della morte che la interroga, e la ragione non offre risposte.

Nel 1987 sua sorella, più grande, paziente, le fa conoscere un prete, il suo semplice parroco. E lei scoppia a piangere, vergognandosi, «come se fossi una donnetta! ». In quel momento crede che lo Spirito Santo le abbia toccato il cuore, scatenando la lotta: due anni di corpo a corpo con Gesù, e con la Chiesa, che l’uno e l’altra le sono sempre parsi inscindibili, e anche questa è grazia.

Si dimette dal lavoro, lascia Firenze e torna dai genitori, accetta un ritiro spirituale e la proposta netta: «Di due occhi ti devi innamorare». E si è innamorata, di Gesù, una persona, da amare, da sposare, nella dinamica più umana dell’amore. Nel 1992 viene consacrata. Veramente qualche avvisaglia in un’adolescenza turbolenta c’era stata: e la religiosa, che oggi 59enne sa interpretare i segni, ricorda una voce, quando aveva solo 13 anni, che le disse chiaramente «diventerai suora, e francescana». Ma si sa, le ragazzine sentono voci…

Anche perché Roberta, neo convertita, è convinta che le sia richiesta la clausura. È il suo vescovo, il cardinal Ennio Antonelli, all’epoca titolare della sede di Perugia-Città della Pieve, che la scruta e intuisce che fare dell’energia e della donazione totale di quella donna: una consacrazione francescana al servizio dell’evangelizzazione della Diocesi, attraverso i voti religiosi. San Francesco perché è umbra, ma soprattutto per la sua obbedienza alla Chiesa. È la cosa più difficile, «eppure lui, povero e nudo, si fa abbracciare dal vescovo, e questa è l’icona della mia vita». Poi il suo travaglio nell’Ordine, così incompreso e sempre fedele. Perché «tutto quello che non passa per la Chiesa non fiorisce, ed è questa la mia libertà». E l’obbedienza diventa allora un’avventura: cosa mi è chiesto? Dove sarò portata? Eccomi.

Ma suore francescane, senza un convento…? Ci sono altre donne che vivono con la sua Regola, nella Chiesa primitiva c’erano donne che obbedivano ai vescovi, vivendo non in comunità, ma inserite nella realtà della diocesi, delle parrocchie.

Vinerba studia teologia, e trova tante consonanze nella letteratura che ha sempre amato, la risposta al grido dell’uomo in tutta la sua storia. Fa l’operatrice sociale, coi malati di Aids. «Il primo ragazzo morto di Aids a Perugia è spirato accanto a me».

Ma la cosa anche più strana è che questa ragazza, poi questa donna, questa suora, così razionale, colta, abituata da chimica e da persona inquieta a sezionare, cesellare, scandagliare ogni pezzettino di realtà, si sia legata a uno dei movimenti ritenuti più irrazionali, a prima vista, il Rinnovamento nello Spirito. «Per due anni sono andata ai loro momenti di preghiera dicendo: mai come loro». Erano quelli che c’erano, nella sua parrocchia. Poi, studiando san Paolo, legge dell’assemblea carismatica. Perché la ragione è una cosa, il razionalismo un’altra. La ragione deve fermarsi, e aprirsi alla libertà dello Spirito. «E poi rns non è un movimento in cui entrare, a cui iscriversi, è un’esperienza offerta, una proposta di grazia a servizio della Chiesa». «Nelle preghiere comuni, chiamate preghiere di guarigione, si guarisce davvero: si vedono storie bellissime, matrimoni ricostruiti, vite cambiate, uomini e donne induriti che tornano ai sacramenti». Come è successo a lei. Che odiava la Chiesa e il suo papa a tal punto da scoppiare a piangere, per il colpo mancato di Ali Agca a Giovanni Paolo ii . Sperava che l’avesse ucciso! Poi, studiando, l’amore viscerale per Ratzinger, il suo pensiero, la sua visione, «ho bevuto di lui da subito ogni parola», e grazie a Ratzinger torna a Giovanni Paolo ii , si immerge nell’enciclica Veritatis Splendor, «uno spartiacque nel mio cammino teologico. Io che cercavo la libertà a tutti i costi, ho trovato lì la libertà cristiana che è obbedienza a quel che cercavo, la risposta vera alla domanda di senso». Poi il papa vecchio nel coro di giovani della Giornata mondiale della Gioventù a Tor Vergata, una chiamata nella chiamata quell’appello del Pontefice nel Giubileo del 2000 che dice : «Vedo in voi le sentinelle del mattino». E la sua lenta agonia, straziante e mirabile, la conquista definitivamente. «Sono stata tra i primi ad entrare in basilica all’esposizione del suo corpo. Gli ho chiesto perdono. È stato un kairos».

Oggi la parrocchia di Perugia in cui è incardinata suor Roberta è dedicata a san Giovanni Paolo ii . Una chiesa nuova, luminosa, vivace, tanti i ragazzi da accompagnare nel cammino di fede. Evangelizzare, nella pastorale, nello studio e nell’insegnamento sono la sua vocazione.

I suoi studenti sono candidati al sacerdozio e alla vita religiosa, ma anche tanti laici, che si preparano a diventare docenti di religione, oppure no, sono uomini e donne cercatori di senso, di un fondamento per la propria fede, «perché ogni persona è interessata alle scienze religiose, se vuole entrare in dialogo con le domande più serie e profonde». Più laici, meno religiosi. La crisi delle vocazioni si fa sentire, e ricordare che segue il drammatico calo demografico nel nostro paese non basta. «Ma dove si fa un annuncio vero e costante della parola di Dio le vocazioni arrivano. Cristo è sempre vivo e quindi è impossibile che non chiami più. Forse c’è poco annuncio e una predicazione che non apre i cieli». Già. Perché farsi prete, o suora? Per compiere opere buone? «Per avere la risposta alla domanda ultima, la morte. Cristo l’ha vinta, e per questo vale la pena seguirlo. Io mi sono convertita per questo, credo perché c’è il Paradiso. Perché comportarsi bene se no c’è qualcosa che rende ragione al bene?». Chiedo se davvero l’annuncio di Cristo può passare anche via social, dato che lei li usa, propone e accoglie preghiere, racconta e offre incontri, si presta scrivendo libri, articoli, riflettendo sulla realtà in radio e tv. In televisione, nel programma Sulla Strada di TV2000, da quest’anno commenta il Vangelo della domenica: una prima volta per una donna nella emittente della Conferenza episcopale italiana, un’altra prima volta in cui suor Roberta Vinerba è protagoni

sta. Quindi anche i social servono, come tutti i mezzi di comunicazione, dato che bisogna comunicare il Vangelo. E la Chiesa è stata pioniera nei media, fin da papa Leone xiii che per primo fece ascoltare la sua voce da un microfono. «Certo, bisogna scegliere il modo, non tutti i palcoscenici sono adatti. Anche perché la fede, dai primi amici di Gesù, Andrea, Giovanni, si comunica per attrazione, per contagio. Ti convince qualcuno che ha gioia nel vivere».

E di gioia e passione di vita questa suora ne ha tanta. Sa contagiare.

di Monica Mondo

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