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Appena uscito in libreria il volume di Antonio Spadaro «La pagina che illumina»

La scrittura (e la lettura) creativa secondo
un lettore rabdomante

 La scrittura  (e  la lettura) creativa secondo  un lettore rabdomante  QUO-023
29 gennaio 2024

La colpa è di Ungaretti. Anzi della professoressa delle medie, la dolce e materna Antonella, che a questi alunni neanche adolescenti propinò la lettura di tutte le poesie del grande ermetico toscano. Il futuro padre gesuita Antonio Spadaro, nella Messina della seconda metà degli anni Settanta, legge quelle poesie e «ci cascavo dentro senza alcun riparo, senza ancora di salvezza». Così oggi ammette, quasi 50 anni dopo, nella prefazione di La pagina che illumina (Milano, Edizioni Ares, 2024, pagine 176, euro 16) appena uscito in libreria, un libro — di cui in pagina pubblichiamo uno stralcio — che raccoglie questa lunga esperienza di lettore, meglio: di chi ha intrecciato per decenni dei veri corpo a corpo con gli scrittori di tutto il mondo, riproponendoli ai lettori italiani sotto una luce inedita quanto precisa e, spesso, sorprendente.

Nella prefazione-confessione, Spadaro racconta che, rispetto all’esperienza di leggere Ungaretti per lui «era naturale leggere e capire al volo. Ho saputo dopo che non potevo essere così spudorato, che per capire dovevo sapere, che non potevo capire senza studiare. Eppure, io allora ero un ragazzino, e per me Ungaretti era uno che capiva le mie emozioni e i miei sentimenti, la mia immaginazione. Non ero io a dover capire lui, ma lui a dover capire me». Questo è il punto: bisogna rovesciare la prospettiva. Altrimenti non si capisce Spadaro, ma nemmeno la poesia, quella grande, quella che interessa al gesuita siciliano che è lettore molto esigente, poco oggettivo ma anzi “partigiano” come riconosce nella stessa prefazione. In effetti chi lo conosce lo sa che tra i molti libri (quei libri “tutti” che non scongiurano la tristezza della carne secondo Mallarmé) pochi sono gli “eletti”, ma se un libro supera la prova d'ammissione all'Olimpo spadariano (già affollato da autori come Carver, la O’Connor, Tondelli e la Dickinson, Hopkins e Whitman...) allora nasce un amore vero, una passione viscerale. Più che di libro sarebbe meglio parlare di autore perché chi tocca un libro tocca un uomo come cantava Whitman («Questo non è un libro / chi tocca questo libro tocca un uomo / Sono io quello che tu tieni e che ti tiene / da queste pagine balzo tra le tue braccia») e Spadaro cerca l’uomo perché per lui vita e letteratura sono strettamente intrecciate ed è mortale separarle, sciogliendo o tagliando il nodo. Cerca l’uomo Spadaro ed esulta quando gli pare di averlo trovato, quando cioè il suo fiuto sofisticato avverte la presenza umana, la materia “fisica”, concreta, dell’esistenza, il fluido vitale che mette in connessione l’uomo-autore con l’uomo-lettore (non meno creativo quest’ultimo rispetto al primo). La connessione, l’alchimia tra i due uomini avviene se il medium, cioè il libro, ha la forza necessaria per creare questo ponte, per questo Spadaro è esigente con i libri, che per lui devono essere quello strumento contundente di cui parla Kafka: «Se il libro che stiamo leggendo non ci sveglia come un pugno che ci martelli sul cranio, perché allora lo leggiamo? Ciò di cui abbiamo bisogno sono quei libri che ci perturbano profondamente come la morte di qualcuno che amiamo più di noi stessi. Un libro deve essere una piccozza per rompere il ghiaccio che è dentro di noi». La creatività dello scrittore suscita, anzi scatena, nel senso letterale di togliere le catene cioè libera la creatività del lettore; da questo punto di vista il confine tra poesia e profezia è molto sottile: lo Spirito nella sua libertà irrompe dappertutto e ispira sia il profeta che i suoi ascoltatori. Nel gesto semplice di leggere un libro è in gioco la libertà e quindi il destino dei due protagonisti: scrittore e lettore. Non bisogna quindi farsi ingannare dalle apparenze, anche il libro stesso, così dimesso e modesto nelle dimensioni, è in realtà, come sottolineava Romano Guardini, «un piccolo oggetto ricco di mondo», quel mondo che si squaderna ogni volta una persona, con lealtà, apre un libro e legge. Conclude Spadaro nella sua personalissima prefazione: «So che leggere un romanzo o anche una poesia significa vedere un mondo spalancarsi davanti ai miei occhi, ma non si tratta di un mondo alieno. Più entro nel mondo dispiegato dalla pagina, più il mio mondo personale si illumina. E capisco meglio chi sono».

di Andrea Monda