· Città del Vaticano ·

Minacce e opportunità per i migranti alla frontiera meridionale della Spagna

Non imprigionare
la speranza

 Non imprigionare  la speranza  QUO-022
27 gennaio 2024

Mentre una nuova normativa semplifica il rilascio di permessi di soggiorno per quanti iniziano un iter di formazione al lavoro, ad Algeciras, in Spagna, si sta costruendo un enorme Centro di internamento per stranieri privi di documenti. Organizzazioni civili ed ecclesiali avvertono che una simile infrastruttura sarà un vero e proprio carcere per persone che non hanno commesso reati.

Abdelaziz Zeriouh aveva 17 anni quando ha attraversato illegalmente la frontiera tra Nador, in Marocco, e la città spagnola di Melilla. Era alla ricerca di un futuro migliore ma è stato presto fermato e, essendo minorenne e solo, è stato posto sotto la tutela dello Stato. Al compimento dei 18 anni, gli è stato concesso un permesso per risiedere in Spagna che però non gli consentiva di lavorare. Non avendo i mezzi per mantenersi e neppure per studiare, ha iniziato un cammino che lo ha portato in diverse città della penisola iberica dove ha trovato lavoro nel cosiddetto mercato nero. Privo di documenti, si è ritrovato quindi esposto a sfruttamento e a condizioni lavorative precarie. La sua è una situazione affatto inusuale poiché dal momento in cui una persona entra in territorio spagnolo, senza avere già un permesso oppure attraversando la frontiera senza passare da un posto di controllo, viene considerata un migrante irregolare. Come tale, la legge prevede che sia espulsa dal paese a meno che non regolarizzi la sua situazione, una procedura che, nel migliore dei casi, può richiedere fra i due e i tre anni. In quel lasso di tempo i migranti non godono di diritti sociali e la stragrande maggioranza lavora illegalmente. In più, un’alta percentuale di uomini e donne finisce nelle mani di mafie che gestiscono la tratta di esseri umani che li costringono a svolgere lavori domestici, a mendicare nelle strade o a entrare nel giro della prostituzione. Abdelaziz l’ha vissuto lavorando duramente nei campi nei periodi della raccolta di frutta.

Radicamento attraverso la formazione


Una modifica della legge sta però agevolando quei migranti che si trovano in Spagna da più di due anni e desiderano imparare un mestiere che consenta loro di ottenere in seguito un contratto di lavoro. Questa nuova modalità è chiamata Arraigo por formación (radicamento attraverso la formazione) e ha permesso — secondo i dati dell’Osservatorio permanente dell’immigrazione in Spagna — di concedere nell’ultimo anno più di 15.000 permessi di soggiorno. «Se la persona si assume l’impegno di formarsi in un campo lavorativo, ciò le consente di ricevere, in un primo momento, un permesso di soggiorno», spiega Araceli Navarro, assistente sociale della Fondazione ProLibertas: «In un secondo momento, se completa i suoi studi e ottiene un diploma, può beneficiare di un permesso non solo di soggiorno ma anche di lavoro, il che le consente di trovare un impiego nel settore per il quale si è specializzata». Questa organizzazione dipende dall’Ordine dei Trinitari e nella sua sede di Algeciras ha una Scuola di formazione e imprenditoria alberghiera. Lì Zeriouh ha ricevuto una formazione completa e, oggi, a 22 anni, lavora stabilmente come cameriere in “La Esquina”, un noto ristorante di pesce e frutti di mare della città. «Sono riuscito a fare qui il tirocinio ed è andato molto bene, con il miglior capo che abbia mai avuto, con i migliori colleghi, nella migliore impresa in cui abbia mai lavorato in vita mia», commenta grato Abdelaziz, che non è l’unico migrante a far parte dello staff del locale. Tutti hanno un contratto e i documenti in regola. «L’importante è che vengano a lavorare. Io cerco di aiutare tutti e qui già ne sono passati otto o nove, ma devono impegnarsi nel lavoro. Chiedo solo questo», afferma Juan Moreno, proprietario del locale.

Centro per migranti o carcere?


Ma non ci sono solo notizie buone per quanti assistono i migranti. Tra gennaio e febbraio è prevista l’apertura di un nuovo Centro de internamiento de extranjeros (Cie) ad Algeciras, un’enorme infrastruttura dove saranno rinchiusi i migranti della regione con un procedimento di espulsione in corso. In Spagna ci sono sette centri di questo tipo dove vengono private della libertà persone che hanno commesso non un reato ma l’illecito amministrativo di non avere con sé i documenti o di essere entrate nel paese da un passaggio non autorizzato. Diverse ong e associazioni ecclesiali si sono dichiarate contrarie a tali strutture che operano sotto un regime carcerario gestito dalla polizia e dove i migranti possono restare al massimo 60 giorni, al termine dei quali di solito o tornano in patria o finiscono in strada, perché le espulsioni non sempre vengono eseguite.

Il Cie di Algeciras si sta costruendo con fondi dell’Unione europea che, secondo le informazioni ufficiali, supererebbero i 26 milioni di euro. Lo hanno presentato come un centro modello di detenzione per migranti perché disporrebbe di aree ricreative, oltre che di assistenza sanitaria e sociale permanenti. Nessuno di queste strutture e servizi sarebbe sufficiente per rendere umano uno spazio che è considerato inadeguato e del tutto non necessario dall’avvocato Jesús Mancilla, volontario della fondazione Algeciras Acoge. «Nella pratica — sostiene — i Cie funzionano come un carcere dove le persone hanno un orario per stare in cella, un orario per il cortile, un orario per la mensa e un orario per ritornare in cella. Mentre, per definizione, i Centri di internamento per stranieri non possono avere carattere carcerario. La gente deve sapere che sono prigioni per immigrati». La sua associazione, insieme ad altre, sta chiedendo che non venga autorizzata questa struttura che, tra l’altro, è stata costruita a pochi metri dal carcere di Botafuegos. «L’impronta e il simbolismo che si stanno attribuendo a questo edificio, che si trova accanto a un penitenziario, ne fanno un vero carcere. Quindi per l’opinione pubblica è difficile non associare il Cie a una prigione per individui che hanno commetto reati, quando in realtà si tratta di gente che semplicemente stava migrando alla ricerca di una vita migliore», osserva l’avvocato.

Si teme un’ondata di xenofobia


Attualmente esiste un altro Cie ad Algeciras situato nel vecchio penitenziario di La Piñera, chiuso per le precarie condizioni strutturali. Sebbene in tale centro di detenzione ci sia posto per 60 persone, Mancilla sostiene che non abbia mai accolto più di 30 migranti alla volta. Perciò si guarda con grande preoccupazione all’apertura di un nuovo centro in grado di ospitarne ben 500 perché, secondo il legale, le autorità si vedrebbero costrette a riempire il Cie per giustificare l’investimento milionario, il che potrebbe scatenare un’ondata di xenofobia. Preoccupato al riguardo è anche il cappellano del Cie di Algeciras, padre Livio Pegoraro, coordinatore della pastorale dei migranti nel territorio di Campo de Gibraltar e Ceuta. Il sacerdote scalabriniano incontra ogni settimana gli internati nel cortile della fatiscente ex prigione per parlare con chiunque lo desideri, indipendentemente dal suo credo religioso, visto che la maggioranza è musulmana. «Questi individui spesso subiscono traumi perché si trovano in una specie di prigione, separati dalle famiglie, dal lavoro, dal proprio progetto di vita, e per una questione amministrativa vengono rimandati in patria. Tra essi ho conosciuto persone che sono in Spagna da trent’anni. Quindi, che cosa significa per loro ritornare al paese d’origine?», si domanda Pegoraro.

Padre Livio sostiene che fare dei Cie un mezzo con cui regolare il flusso migratorio è sbagliato poiché «criminalizza i migranti per il solo fatto di esserlo, in circostanze in cui la Dichiarazione universale dei diritti umani prevede che una persona possa spostarsi liberamente», ricorda. Ma il cappellano rimane ottimista e non perde la speranza di uno scenario migliore, vedendo l’enorme energia morale, spirituale e umana che fortifica e fa perseverare i migranti: «Non saranno i decreti, né i dibattiti, né i pregiudizi a porre fine a questa situazione. La vita è più forte di ogni altra cosa», dichiara Pegoraro, che poco prima è stato servito con grande professionalità dal cameriere Abdelaziz Zeriouh in un ristorante di Algeciras.

da Algeciras
Felipe Herrera-Espaliat


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