· Città del Vaticano ·

L’omelia del segretario di Stato in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario della Rota Romana

La costante conversione
del giudice

 La costante conversione del giudice  QUO-021
26 gennaio 2024

«Il giudice, specie se ecclesiastico», è chiamato a svolgere il suo ministero con «un sincero atteggiamento e onesto desiderio di costante conversione, di delicatezza interiore, di umana, fraterna e sacerdotale attenzione e condivisione, cioè di compassione — cum patior— per il caso concreto che gli sta davanti». Ecco il profilo del giudice della Rota Romana tracciato dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, nell’omelia della messa presieduta giovedì mattina, 25 gennaio, nella Cappella Paolina con i prelati uditori, gli officiali e i collaboratori del Tribunale apostolico, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Al termine della celebrazione eucaristica, Papa Francesco ha ricevuto in udienza la comunità della Rota.

Partendo dalla meditazione sulla conversione di san Paolo, nel giorno della festa liturgica, il cardinale Parolin ha invitato, nell’omelia, a riconoscere anzitutto «ciò che la grazia, il soprannaturale che appartiene a Dio può compiere nell’essere umano quando lo incontra e lo tocca». Infatti «nella conversione di Paolo il mistero di Dio irrompe nella storia di un uomo e, interamente, lo trasforma e fa di lui l’apostolo delle genti».

Il segretario di Stato ha rilanciato l’attualità del «messaggio» della festa della Conversione dell’apostolo: «Quando preghiamo, quando annunciamo il Vangelo, quando soffriamo per il Vangelo, noi dobbiamo seminare nel cuore di tutti i nostri fratelli non già le nostre parole, bensì la parola redentrice di Cristo», diffondendo «come un fuoco inestinguibile l’amore a Cristo, e con l’amore la pace, oggi più che mai, poiché — come ben sappiamo — essa è in troppe parti del nostro mondo ferocemente vulnerata da guerre, che sono poi lotte fratricide che insanguinano le carni di tanti nostri fratelli e sorelle».

L’esperienza della conversione di Paolo è così anche “icona” per il servizio dei prelati uditori nel momento dell’inizio ufficiale dell’anno giudiziario del Tribunale della Rota. «L’ebreo Saulo — ha affermato il cardinale — si converte a Cristo non già da una vita indegna, giacché egli, come scrive ai Filippesi, non esita a definirsi “irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dalla legge” (3, 5-9), ma da una mentalità di zelo estremista per la Legge mosaica, che produceva in lui un feroce atteggiamento persecutorio contro i cristiani».

«Il folgorante incontro col Crocifisso-risorto sulla via di Damasco — ha proseguito il porporato — trasforma l’intransigente rabbino nel più grande teologo e apostolo del mistero universale di grazia operato da Dio in Cristo. In tal modo il cuore e la mente di Paolo si aprono alla totalità e all’universalità».

«A tutti noi giunge da san Paolo un pressante invito alla conversione, la conversione che è la nostra personale risposta a Dio» ha fatto presente Parolin. «E questo invito — ha aggiunto — è rivolto anche ai giudici e, in genere, a quanti operano a vario titolo e a vario livello, nel complesso e delicato mondo della giustizia». È l’invito a «superare il puro formalismo esteriore nell’applicazione della legge, nella consapevolezza che, pur nell’intelligente rispetto della norma, quest’ultima non può essere la misura della giustizia, bensì è la giustizia ad essere la misura e il fine della legge».

«Si apre qui lo scenario dell’aequitas, che è l’anima del diritto e del necessario riferimento ai principi fondamentali del diritto naturale senza i quali sprofonderemmo in un caos disumano e in un tunnel senza via d’uscita» ha spiegato il segretario di Stato. In particolare, «un vostro collega del secolo scorso, uditore prima e poi decano della Rota, il cardinale Andrè Jullien, amava ripetere che “il giudice è un uomo che applica a un uomo determinato una legge fatta per gli uomini”».

Ma ciò sarà possibile solo se il giudice manterrà un atteggiamento di conversione interiore, di delicatezza, di attenzione e di compassione verso le persone, ha ribadito il cardinale Parolin, rilanciando le parole «che con amara ironia e straordinaria efficacia Honoré de Balzac metteva sulla bocca di quel giudice ingiusto: “Lotto tutta la notte con la mia coscienza, ma vinco sempre io”».

In conclusione, il cardinale ha auspicato «l’assistenza dello spirito di verità e di giustizia» nell’«arduo, prezioso ministero, parimenti sacerdotale e giudiziario», dei prelati uditori della Rota. E «sempre interceda Maria, che invochiamo speculum iustitiae».