· Città del Vaticano ·

In un libro testi e commenti dei messaggi di Papa Francesco
per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

Come ascoltare e parlare
con il cuore

 Come ascoltare e parlare con il cuore  QUO-015
19 gennaio 2024

Comunicare. 20 giornalisti in dialogo con il Pontefice (Libreria editrice vaticana, 2024, pagine 188, euro 17) è il titolo del volume — curato da Vincenzo Varagona e Salvatore Di Salvo — che raccoglie  i dieci messaggi di Papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali commentati da alcuni  giornalisti e comunicatori italiani: Nello Scavo, Salvo Noè, Andrea Tornielli, Mariagrazia Villa, Maurizio Molinari, Sara Lucaroni, Andrea Monda, Giuseppe Fiorello, Marco Damilano, Luciano Fontana, Aldo Cazzullo, Paolo Borrometi, Marco Ansaldo, Marco Girardo, Alessando Banfi, Carlo Bartoli, Alessandra Costante, Asmae Dachan, Agnese Pini, Gianni Riotta, Simone Massi. Pubblichiamo in questa pagina ampi stralci della prefazione al volume scritta dal prefetto del Dicastero per la comunicazione.


Comunicare non è solo connettere. Praticamente in ognuno dei suoi Messaggi per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Papa Francesco ha ripetuto questo ammonimento, facendone il “filo rosso” del suo magistero.

Connettere non basta. Bisogna prendersi cura. To share e to care.

To share: il mondo della televisione ha ridotto lo share a un numero che misura una massa; a un indice che serve per pesare il valore degli investimenti pubblicitari. Laddove, invece, se c’è una grandezza da misurare è quella della pienezza, della bellezza, di questa condivisione. È una grandezza che sta nella sua unicità.

To care, mi interessa, mi sta a cuore: il mondo di oggi ha quasi cancellato l’idea che ci si possa interessare a qualcosa di diverso dal proprio interesse.

Al massimo ci interessa il modo in cui il progresso sembra appagare i nostri desideri.

Siamo così affascinati dal catalogo delle possibilità che la tecnologia della comunicazione digitale squaderna davanti agli occhi di ognuno di noi, che rischiamo di restare alla fine senza parole, senza gesti, senza immagini, senza nulla da comunicare, prigionieri di noi stessi, delle nostre paure, del nostro narcisismo; incarnando il paradosso del massimo della connessione e del minimo della comunicazione; scambiando la forma con il contenuto.

È in questo quadro che si inseriscono i Messaggi di Papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

La Chiesa ha sempre considerato la comunicazione coessenziale alla sua missione; e sempre ha accettato la sfida del tempo. (...)

Una cosa soprattutto ci ripete ogni anno Francesco con i suoi Messaggi; ed è esattamente questa: l’importanza di comunicare con il cuore, di «parlare con il cuore», di ascoltare con il cuore, di tacere anche con il cuore. (…)

Ascoltare è comunque il primo indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione. Non si comunica se non si è prima ascoltato e non si fa buon giornalismo senza la capacità di ascoltare (cfr. Francesco, Messaggio per la lvi Giornata delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2022).

Quanto alla tecnologia, certamente essa ci permette oggi cose che erano impensabili solo pochi decenni fa. Ma ci sono — sempre ci saranno — cose che la tecnologia non può sostituire. Come la libertà. Come il miracolo dell’incontro fra le persone. Come la sorpresa dell’inatteso. La conversione. Lo scatto dell’ingegno. L’amore gratuito. Qui è la radice di ogni comunicazione. Per questo la connessione da sola non basta.

Di solito della comunicazione si parla in maniera funzionale.

L’insegnamento della Chiesa è quasi all’opposto.

Ci possono essere marketing, pubblicità, connessione. Ma senza una relazione vera non c’è vera comunicazione.

La stessa ragione della crisi dei media può essere trovata qui.

Le dinamiche dei media e del mondo digitale — ha scritto Papa Francesco nella Laudato si’ — «quando diventano onnipresenti, non favoriscono lo sviluppo di una capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di amare con generosità. I grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione».

Siamo sommersi di informazioni non verificate, senza contesto, senza memoria, senza una lettura consapevole.

Il primato della velocità impedisce spesso il controllo, la verifica, il discernimento. Alimenta la chiacchiera.

In un tempo dove la tecnologia rischia di diventare tecnocrazia dovremmo testimoniare un nuovo umanesimo cristiano, dove la tecnologia è per l’uomo e non contro l’uomo.

Il mondo digitale non è fermo, non è immobile. Sta a noi orientarlo verso il bene.

Non sarà un algoritmo a rivelarci il bene. Tocca semmai a noi orientare l’algoritmo al bene.

Anche a questo risponde Papa Francesco, quando ci invita a usare l’amore (l’unica cosa preclusa alle macchine e agli algoritmi) come regola anche del modo in cui narrarla, la verità. Il problema che stiamo affrontando è: come si fa a essere accattivanti senza diventare cattivi, come si può generare un’informazione che non degeneri, come si può evitare di essere complici di una falsa interpretazione della realtà? Come si può discernere ciò che è vero da ciò che non lo è, la verità dalla post-verità, gli eventi dagli pseduo-eventi, i fatti dai fattoidi?

Credo che la soluzione stia nel riscoprire l’importanza di essere sulla vita, pienamente presenti, invece che semplicemente in linea.

Più volte Papa Francesco ha invitato i comunicatori a evitare gli eccessi degli slogan, che invece di mettere in moto il pensiero lo annullano; e a percorrere la strada lunga della comprensione invece di quella breve che pensa di poter trovare subito o i salvatori della patria, capaci di risolvere da soli tutti i problemi, o i capri espiatori su cui scaricare tutte le responsabilità.

Più volte ha messo in guardia dal fidarsi di chi dice le cose a metà, perché disinforma con l’alibi di informare, impedisce di dare un giudizio accurato sulla realtà e induce all’errore.

Più volte ha stigmatizzato l’alternanza tra due mali opposti, ugualmente dannosi: l’allarmismo catastrofico e il disimpegno consolatorio, il più grave dei quali è la disinformazione, perché induce all’errore, allo sbaglio; induce a credere solo a una parte della verità.

Ora l’intelligenza artificiale ci sfida.

Ma l’intelligenza umana ha una risorsa che la macchina non ha: il cuore, il sentimento.(..)

Non è il marketing il modello della buona comunicazione. Ma la testimonianza di chi sa vedere, di chi sa ascoltare, di chi sa farsi prossimo.

Questo è anche il modo migliore di combattere le fake news. (…)

Nel mondo iperconnesso e frammentato, è questa — secondo Francesco — la rete che dovrebbero tessere gli uomini e le donne di buona volontà impegnati nella comunicazione, «una rete fatta non per intrappolare, ma per liberare» (Francesco, Messaggio per la liii Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2019); per condividere storie che reclamano di essere condivise, raccontate, fatte 10 vivere in ogni tempo, con ogni linguaggio, con ogni mezzo (cfr. Francesco, Messaggio per la liv Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2020).

Tra le cose meravigliose di cui l’animo umano è capace, prima di ogni invenzione tecnica, c’è questo infatti: la capacità di condividere.

In un momento così buio per la storia della umanità è solo nella condivisione vera che possiamo trovare la strada per ridare l’anima ad ogni meravigliosa invenzione tecnica e al nostro comunicare.

Solo così la comunicazione diventa comunione e apre veri e propri processi di sviluppo del bene, di pace. (...)

di Paolo Ruffini