· Città del Vaticano ·

Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, esprime preoccupazione per l’escalation regionale

Evitare «un incendio generale» in Medio Oriente

 Evitare «un incendio generale» in Medio Oriente  QUO-014
18 gennaio 2024

Guarda «con grande preoccupazione», il segretario di Stato Pietro Parolin, ai recenti attacchi nel Mar Rosso da parte degli houthi, all’escalation delle violenze a Gaza e anche all’assalto missilistico iraniano a Erbil, nel Kurdistan iracheno. Il timore, «se non saranno prese misure contrarie», è di «un allargamento, una escalation» del conflitto: «Proprio quello che si voleva evitare». Proprio quello per cui anche ieri il Papa all’udienza generale ha espresso la sua angoscia. «Uno dei punti fondamentali è che non si allargasse questo conflitto…», dice il cardinale in dialogo con alcuni cronisti a margine di un evento a Palazzo Giustiniani, in Senato, sulla figura dell’indimenticato cardinale Achille Silvestrini. «Il pericolo c’è, gli animi sono talmente appassionati e la situazione è delicata… Bisogna fare in modo che ciascuno cerchi di controllare le reazioni in modo tale che non ci sia un incendio generale».

Con fermezza, entrando nello specifico del conflitto tra Israele e Hamas, il porporato ribadisce quella che per la Santa Sede è la «soluzione»: due popoli, due Stati. La storica ipotesi che Hamas, attraverso le parole di oggi del suo leader all’esterno Khaled Meshal, ha detto di rifiutare categoricamente. «Per noi invece due popoli, due Stati continua ad essere la soluzione. L’importante è anche lì trovare la maniera di realizzare il dialogo perché si possa materialmente farlo».

Con apprensione Parolin guarda poi alle sorti dell’Ucraina e ribadisce il coinvolgimento della Santa Sede per una soluzione di pace: «Anche se noi ci limitiamo, almeno finora, alla dimensione umanitaria», chiarisce. «Uno dei dieci punti della cosiddetta piattaforma di pace di Zelensky tratta dell’umanitario ed è lì che la Santa Sede concentra il suo sforzo». Circa la conferenza di Pace di alto livello richiesta dallo stesso Zelensky a Davos, dove è intervenuto al Forum Economico Mondiale, al via nei giorni scorsi, Parolin spiega che, come già nelle tre precedenti edizioni (l’ultima in Arabia Saudita), la Santa Sede vi prenderà sicuramente parte: «Ora a questa riunione sta partecipando il rappresentante permanente a Ginevra, monsignor Ettore Balestrero, incaricato dalla Segreteria di Stato».

Con lo sguardo ancora a Davos, il segretario di Stato rilancia l’appello contenuto nel messaggio di Papa Francesco inviato ai partecipanti, e cioè quello di impegnarsi per «un’economia inclusiva e sociale» che «pur regolandosi con i criteri economici, non escluda nessuno e sia a favore dello sviluppo e delle persone e delle persone più vulnerabili. Al servizio dell’uomo».

Da parte del cardinale anche un commento sul rapporto presentato sempre ieri mattina alla Camera dei Deputati della World Watch List di Open Doors sulla persecuzione dei cristiani del mondo: circa 365 milioni le persone che subiscono violenza e persecuzioni a causa del proprio credo. Anche quella per la Santa Sede è una «grande preoccupazione», afferma il cardinale: «I cristiani in tante parti del mondo non hanno quel minimo di libertà religiosa che è loro diritto e che è diritto di tutte le religioni di essere rispettate nelle loro manifestazioni di fede. D’altra parte, il Vangelo l’aveva già previsto… Con questo non vogliamo promuovere queste cose ma è un po’ la condizione dei cristiani nel mondo di trovare ostilità, opposizione, persecuzione. È la testimonianza nel nome di Gesù che comporta questo».

di Salvatore Cernuzio