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Media

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15 gennaio 2024

La Chiesa, che guarda con attenzione ai mutamenti della vita collettiva, ha sempre assunto (dall’Inter mirifica del 1963 in poi) nei confronti dei media un atteggiamento coerente nel tempo fatto di apertura al nuovo e di prudenza materna. Un atteggiamento ancora capace di interpellare il presente.

In coerenza con questa storia magisteriale, ma anche con profonda originalità, Papa Francesco riconosce ai media un importante ruolo per la qualità della vita pubblica e privata, per la diffusione dell’informazione e il mantenimento delle relazioni. Tuttavia, con molta fermezza, rileva anche i rischi che un certo assetto dei media come industrie della comunicazione possono comportare. Fin dalla sua enciclica Laudato si’ (2015), il Pontefice ha sottolineato il rischio che gli interessi economici delle aziende comunicative possano prendere il sopravvento sulla loro missione pubblica e, nella più recente enciclica Fratelli tutti (2020), ha ricordato i pericoli di strumentalizzazione dell’informazione ai fini di fomentare l’odio, la paura e lo sfruttamento dei più fragili.

Per Francesco il primato della comunicazione umana appartiene sempre alla relazione interpersonale, che deve fungere da riferimento per ogni tipo di relazione comunicativa, come indicato nei suoi messaggi per la Giornata internazionale delle comunicazioni sociali. Egli stesso, in molteplici occasioni, ha mostrato esempi concreti di una comunicazione – mediata – intesa come apertura all’altro: i saluti quotidiani, l’augurio di “buon pranzo”, la vicinanza con le persone cercata continuamente durante i viaggi al di fuori degli schemi ufficiali, le telefonate dirette a persone comuni costituiscono un piccolo catalogo di attenzioni quotidiane, che si radicano in una concezione profonda della prossimità.

Un ulteriore momento esemplare del suo pontificato è costituito dal momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia nel sagrato deserto della basilica di San Pietro, il 27 marzo 2020. In quella piazza vuota, seguito da milioni di persone attente nei loro salotti, il Papa si è mostrato come rappresentante dell’intera comunità umana, impossibilitata alla presenza fisica, eppure intensamente raccolta in una comunione di intenti e di domande. Si è trattato di una preghiera in diretta in cui i media hanno potuto (e voluto) fare da cassa di risonanza. Una via che rimette in gioco la riflessione e la pratica della Chiesa nel campo dei media e le disegna futuri sorprendenti sviluppi.

di Fausto Colombo
Docente di Teoria e tecniche dei media all’Università Cattolica del Sacro Cuore