· Città del Vaticano ·

A colloquio con l’autore

Il coraggio di dire no

 Il coraggio di dire no  QUO-011
15 gennaio 2024

«Sono storie da raccontare soprattutto ai giovani affinché si facciano interpreti di una memoria viva». Lo afferma Francesco Comina a proposito del suo libro La lama e la croce che racconta le vicende di persone uccise per essersi opposte al nazismo sotto la spinta del Vangelo. «Si tratta di religiosi, laici, giovani, donne che hanno avuto il coraggio di dire un secco no a quel sistema». Alcuni sono diventati abbastanza noti. Si pensi al contadino austriaco Franz Jägerstätter e al membro dell’Azione Cattolica tedesca Josef Mayr-Nusser, entrambi beatificati dalla Chiesa.

Ma sono centinaia o forse migliaia quelli tutt’ora nell’ombra: «Storie ancora sepolte nella memoria dell'antirazzismo in Germania» sottolinea Comina riflettendo su cosa abbia originato questa sorta di oblio. «È una domanda che da intellettuali ci stiamo ponendo» spiega. «Alcune vicende, come quelle del gruppo di resistenza Rosa Bianca, hanno avuto la fortuna di incrociare intellettuali di primo piano del calibro di Romano Guardini e Thomas Mann. Altri invece non hanno trovato persone che si sono occupate di loro e quindi c’è una memoria ancora in gran parte da coltivare, da studiare, da interpretare e da indagare. Questo — ripete — penso sia il compito per gli storici del nostro presente».

Comina ha seguito i criteri dell’inchiesta. «Ho raccolto tutto da fonti tedesche, come opuscoli e libretti: sono andato a cercare tra documenti già usciti, ma sempre per piccole cerchie, mai tradotti in italiano, e quindi in gran parte sconosciuti». Così è emerso più chiaramente il carisma di alcuni sacerdoti ghigliottinati, come il prete pacifista Max Josef Mezger e il religioso pallottino Franz Reinish. In modo del tutto casuale, invece, è nata la conoscenza di don Heinrich Dalla Rosa, prete antinazista nativo di Lana in provincia di Bolzano anche lui decapitato (in Austria nel 1945). «Entrando in una Chiesa di Milano — spiega Comina — ho visto una targa che commemorava questa figura e quindi sono andato alla ricerca. Ma in Alto Adige non si conosce quasi nulla di questa storia». Le testimonianze sono tutte molto forti. «L’elemento comune è il fatto di aver messo al primo posto la difesa della propria coscienza e dei valori della fede». Lo conferma anche la biografia di Eva-Maria Buch, ventunenne di Berlino finita sul patibolo per la sua attività in seno all’organizzazione etichettata dai nazisti con il termine di Rote Kapelle (orchestra rossa). «La giovane — dichiara lo scrittore — continua a ripetere le beatitudini e il valore della gratitudine mentre va incontro al boia. E in una lettera ai genitori scrive di morire felice per aver vissuto con dignità e coraggio questa storia, affermando anche di essere pronta a rifare tutto ciò che ha fatto». In vista della Giornata della Memoria, il volume ricorda l’importanza di far sapere che nell’epoca buia del nazismo tanti hanno sentito il radicale scollamento tra la realtà e il proprio credo. «Hanno vissuto totalmente per gli altri, affermando con forza e coraggio civile “la mia vita vale se vale la vita degli altri”. E hanno testimoniato che davanti a leggi considerate ingiuste c’è il diritto di obiettare — conclude Comina — vivendo il Vangelo come prassi di liberazione del male».

di Eugenio Bonanata