· Città del Vaticano ·

Il magistero

 Il magistero  QUO-008
11 gennaio 2024

Sabato 6

Aperti
alle sorprese
di Dio

I Magi sono immagine dei popoli in cammino alla ricerca di Dio, dei lontani che adesso possono udire l’annuncio della salvezza, di tutti gli smarriti.

Perché ora, nella carne del Bambino di Betlemme, la gloria del Signore si è rivelata.

I Magi hanno gli occhi puntati verso il cielo, ma i piedi in cammino sulla terra e il cuore prostrato in adorazione.

Occhi puntati al cielo

Sono abitati dalla nostalgia dell’infinito. Non vivono guardando la punta dei piedi, ripiegati su sé stessi.

Essi alzano il capo... vedono una stella, che li mette in cammino. Questa è la chiave della nostra esistenza: se viviamo rinchiusi nel ristretto perimetro delle cose terrene, se marciamo a testa bassa ostaggi dei nostri fallimenti e rimpianti, se siamo affamati di beni e consolazioni mondane, la vita si spegne.

Abbiamo bisogno di aver lo sguardo rivolto verso l’alto.

Ne abbiamo bisogno nel cammino della fede, perché non si riduca a pratiche religiose o a un abito esteriore.

Ne abbiamo bisogno nella Chiesa, dove, invece che dividerci in base alle idee, siamo chiamati a rimettere Dio al centro.

Ne abbiamo bisogno per abbandonare le ideologie ecclesiastiche, per trovare il senso della Santa Madre Chiesa, l’habitus ecclesiale.

Piedi
in cammino
sulla terra

I Magi si mettono in viaggio verso Gerusalemme e chiedono: «Dov’è colui che è nato? siamo venuti ad adorarlo»: i piedi collegati con la contemplazione.

L’astro li rimanda a percorrere le strade della terra; alzando il capo sono sospinti a scendere in basso.

Ci vuole l’assistenza dello Spirito Santo per capire la grandezza e la piccolezza nella manifestazione di Dio.

La fede non ci è data per restare a fissare il cielo, ma per camminare nel mondo.

La luce che illumina la nostra vita non ci è data solo per essere consolati nelle nostre notti, ma per aprire squarci di luce nelle tenebre che avvolgono tante situazioni sociali.

Contemplare Dio soltanto è fecondo se rischiamo, il rischio del servizio.

Cuore
prostrato
in adorazione

Essi guardano la stella, ma non si rifugiano in una devozione staccata dalla terra; si mettono in viaggio, ma non vagano come turisti senza meta.

Arrivarono a Betlemme e, quando videro il Bambino, aprirono i loro scrigni e gli offrirono oro, incenso e mirra. Abbiamo perso l’abitudine di adorare. Riscopriamo la preghiera di adorazione.

Come i Magi, chiediamo di non perdere il coraggio di essere cercatori di Dio, uomini di speranza, intrepidi sognatori.

(Messa nella solennità dell’Epifania)

Vicinanza
al popolo
iraniano

Esprimo vicinanza al popolo iraniano, in particolare ai familiari delle numerose vittime dell’attacco terroristico avvenuto a Kerman.

Giornata
dell’infanzia
missionaria

L’Epifania è la Giornata dell’Infanzia Missionaria. Saluto i bambini e i ragazzi missionari del mondo, li ringrazio per il loro impegno nella preghiera e nel sostegno concreto all’annuncio del Vangelo e, in particolare, alla promozione dei ragazzi nelle terre di missione.

(Angelus in piazza San Pietro)

Domenica 7

Liberare
i sequestrati
in Colombia

Vi invito ad unirvi alla mia preghiera per la liberazione, senza condizioni, di tutte le persone attualmente sequestrate in Colombia.

Questo favorirà anche un clima di riconciliazione e di pace nel Paese.

Sono molto vicino alle popolazioni della Repubblica Democratica del Congo colpite da inondazioni.

(Angelus in piazza San Pietro)

Mercoledì 10

Finanza
e mercato
non possono
dettar legge
alla politica

[Siete] impegnati per la promozione del bene comune attraverso il dialogo tra socialisti/marxisti e cristiani: un bel programma!

Uno scrittore latinoamericano ha detto che gli uomini hanno due occhi, ma uno di carne e un altro di vetro. Col primo vedono ciò che guardano, con l’altro ciò che sognano.

Non perdere la capacità di sognare in un mondo diviso da guerre e polarizzazioni.

Noi argentini diciamo: «no te arrugues», che significa “non tirarti indietro”. Questo è l’invito: non arrendetevi, non smettete di sognare un mondo migliore.

È nell’immaginazione che intelligenza, intuizione, esperienza e memoria storica si incontrano per creare, avventurarsi e rischiare.

Quante volte sono stati grandi sogni di libertà e di uguaglianza, di dignità e di fraternità, a produrre svolte e progressi.

Vorrei raccomandarvi tre atteggiamenti: il coraggio di rompere gli schemi, l’attenzione ai deboli e la promozione della legalità.

Rompere
gli schemi

Per aprirsi, nel dialogo, a vie nuove, in un tempo segnato da conflitti e spaccature, non perdiamo di vista ciò che ancora si può fare per invertire la rotta.

Contro gli approcci rigidi che separano, coltiviamo il confronto e l’ascolto, non escludendo nessuno.

Attenzione
ai deboli

La misura di una civiltà si vede da come vengono trattati i più vulnerabili.

Le grandi dittature, pensiamo al nazismo, scartavano i vulnerabili, li uccidevano: poveri, disoccupati, senzatetto, immigrati, sfruttati.

Una politica al servizio dell’uomo non può lasciarsi dettar legge dalla finanza e dai meccanismi di mercato.

La solidarietà, oltre che virtù morale, è esigenza di giustizia, che richiede di correggere le distorsioni e purificare le intenzioni dei sistemi iniqui.

Mi piace chiamare “poeta sociale” chi si impegna in questo campo, perché poesia è creatività. Mettere la creatività al servizio della società.

Legalità

Quanto detto implica contrastare la piaga della corruzione, degli abusi di potere e dell’illegalità.

Solo nell’onestà si possono instaurare relazioni sane e si può cooperare alla costruzione di un avvenire migliore.

(Alla delegazione del gruppo Dialop - Transversal dialogue project)

Non predatori
o consumatori del pianeta

Oggi ci soffermiamo sul vizio della gola. Guardiamo a Gesù. Il primo miracolo, alle nozze di Cana, rivela la sua simpatia nei confronti delle gioie umane.

si preoccupa che la festa finisca bene e regala agli sposi una gran quantità di vino.

Gesù [è] un profeta diverso dal Battista: se Giovanni è ricordato per la sua ascesi — mangiava quello che trovava nel deserto — Gesù è il Messia che spesso vediamo a tavola.

Il suo comportamento suscita scandalo, perché non solo Egli è benevolo verso i peccatori, ma addirittura mangia con loro.

Gesù fa cadere
la distinzione
tra cibi puri
e impuri

Ma mentre l’atteggiamento di Gesù nei confronti dei precetti ebraici rivela la sua piena sottomissione alla Legge, Egli però si dimostra comprensivo con i discepoli: quando vengono colti in fallo, Lui li giustifica, ricordando che anche il re Davide e i suoi compagni, trovandosi nel bisogno, avevano mangiato dei pani sacri.

Gesù vuole che siamo nella gioia in sua compagnia — è lo Sposo della Chiesa —; ma anche che partecipiamo alle sue sofferenze, che sono [quelle] dei piccoli e dei poveri.

Altro aspetto: fa cadere la distinzione tra cibi puri e impuri, fatta dalla legge ebraica. Non è ciò che entra nell’uomo a contaminarlo, ma ciò che esce dal suo cuore. Per questo il cristianesimo non contempla cibi impuri. L’attenzione che dobbiamo avere è quella interiore: non sul cibo in sé, ma sulla nostra relazione con esso.

Quando una persona ha una relazione non ordinata con il cibo, mangia di fretta, come con la voglia di saziarsi e mai si sazia, è schiava del cibo.

Questo rapporto sereno che Gesù ha stabilito nei confronti dell’alimentazione dovrebbe essere riscoperto e valorizzato, specie nelle società del cosiddetto benessere, dove si manifestano squilibri e patologie.

Relazione
con il cibo

Si mangia troppo o troppo poco. Spesso si mangia nella solitudine. Si diffondono i disturbi dell’alimentazione: anoressia, bulimia, obesità.

La medicina e la psicologia cercano di affrontare la cattiva relazione con il cibo [che] produce malattie.... spesso dolorosissime, legate ai tormenti della psiche e dell’anima.

L’alimentazione è la manifestazione di qualcosa di interiore: la predisposizione all’equilibrio o la smodatezza; la capacità di ringraziare oppure l’arrogante pretesa di autonomia; l’empatia di chi sa condividere il cibo con il bisognoso, oppure l’egoismo di chi accumula.

Nel modo di mangiare si rivelano la nostra interiorità, le nostre abitudini, i nostri atteggiamenti psichici.

La “follia
del ventre”

Gli antichi Padri chiamavano il vizio della gola con il nome di “gastrimargia”, che si può tradurre con “follia del ventre”.

Dobbiamo mangiare per vivere, non vivere per mangiare.

La gola è un vizio che si innesta proprio in una nostra necessità vitale, come l’alimentazione. Stiamo attenti.

Se lo leggiamo da un punto di vista sociale, la gola è forse il vizio più pericoloso, che sta uccidendo il pianeta.

Perché il peccato di chi cede davanti ad una fetta di torta, non provoca grandi danni, ma la voracità con cui ci siamo scatenati verso i beni del pianeta sta compromettendo il futuro.

Ci siamo avventati su tutto, per diventare padroni di ogni cosa, mentre ogni cosa era consegnata alla nostra custodia, non al nostro sfruttamento!

Ecco il grande peccato, la furia del ventre: abbiamo abiurato il nome di uomini, per assumerne un altro, “consumatori”. Non ci siamo nemmeno accorti che qualcuno ha cominciato a chiamarci così.

Siamo fatti per essere uomini e donne “eucaristici”, capaci di ringraziamento, discreti nell’uso della terra, e invece il pericolo è di trasformarsi in predatori, e ci stiamo rendendo conto che questa forma di “gola” fa molto male al mondo.

Chiediamo al Signore che ci aiuti nella strada della sobrietà, e che le varie forme di gola non si impadroniscano della nostra vita.

Il seme
della pace

Rinnoviamo la nostra vicinanza con la preghiera alla cara popolazione Ucraina così provata e a quanti soffrono l’orrore della guerra in Palestina e Israele, come pure in altre parti del mondo.

Preghiamo per questa gente che è sotto la guerra e preghiamo il Signore perché semini nel cuore delle Autorità dei Paesi il seme della pace.

(Udienza generale nell’Aula
Paolo vi )