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Al Corpo diplomatico

 Al Corpo diplomatico  QUO-008
11 gennaio 2024

È sulla pace, «parola tanto fragile e nel contempo impegnativa e densa di significato», che Papa Francesco invita alla riflessione il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede nell’udienza di lunedì 8 gennaio per il tradizionale scambio di auguri all’inizio del nuovo anno. Ecco i punti nodali del suo discorso.

Non posso non ribadire la mia preoccupazione per quanto sta avvenendo in Palestina e Israele.

Ribadisco il mio appello a tutte le parti coinvolte per un cessate-il-fuoco su tutti i fronti, incluso il Libano, e per l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi a Gaza.

Non si può dimenticare il popolo siriano, che vive nell’instabilità economica e politica.

Preoccupazione per la situazione sociale ed economica in cui versa il caro popolo libanese.

Desidero richiamare l’attenzione della Comunità internazionale sul Myanmar, senza dimenticare l’emergenza umanitaria che colpisce i Rohingya.

Dopo quasi due anni di guerra su larga scala della Federazione Russa contro l’Ucraina... non si può lasciare protrarre un conflitto che va incancrenendosi sempre di più.

Preoccupazione anche per la tesa situazione nel Caucaso Meridionale tra l’Armenia e l’Azerbaigian.

Soluzioni pacifiche alle tensioni e alle violenze che assillano l’Etiopia.

Vorrei ricordare i drammatici eventi in Sudan, dove, dopo mesi di guerra civile, non si vede ancora una via di uscita; nonché le situazioni degli sfollati in Camerun, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan.

Sebbene non vi siano guerre aperte nelle Americhe, fra alcuni Paesi, per esempio tra il Venezuela e la Guyana, vi sono forti tensioni.

In altri, come in Perú, osserviamo fenomeni di polarizzazione che compromettono l’armonia sociale.

Desta ancora preoccupazione la situazione in Nicaragua: una crisi con dolorose conseguenze per tutta la società, in particolare per la Chiesa.

Le violazioni gravi del diritto internazionale umanitario sono crimini di guerra, e non è sufficiente rilevarli, ma è necessario prevenirli.

Le vittime civili non sono “danni collaterali”. Sono uomini e donne con nomi e cognomi.

Perseguire una politica di disarmo, poiché è illusorio pensare che gli armamenti abbiano un valore deterrente.

Reitero la proposta di costituire un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e promuovere uno sviluppo sostenibile dell’intero pianeta.

Tuttavia non è sufficiente limitarsi a rimuovere gli strumenti bellici, occorre estirpare alla radice le cause delle guerre, prime fra tutte la fame, una piaga che colpisce intere regioni della Terra, mentre in altre si verificano ingenti sprechi alimentari.

Vi è poi lo sfruttamento delle risorse naturali, che arricchisce pochi, lasciando nella miseria e nella povertà intere popolazioni.

Ad esso è connesso lo sfruttamento delle persone, costrette a lavorare sottopagate.

Tra le cause di conflitto vi sono anche le catastrofi naturali e ambientali.

Certamente vi sono disastri che l’uomo non può controllare. Penso ai terremoti in Marocco e in Cina, come pure a quello che ha colpito duramente la Turchia e parte della Siria.

Penso all’alluvione che ha colpito Derna in Libia, distruggendo la città, anche a causa del crollo di due dighe.

Vi sono però disastri imputabili all’azione o all’incuria dell’uomo e che contribuiscono gravemente alla crisi climatica in atto, come la deforestazione dell’Amazzonia.

Il 2023 è stato l’anno più caldo rispetto ai 174 anni precedentemente registrati.

Guerre, povertà, abuso della casa comune e sfruttamento delle sue risorse spingono pure migliaia di persone ad abbandonare la propria terra.

Nel loro viaggio mettono a rischio la vita su percorsi pericolosi, come nel deserto del Sahara, nella foresta del Darién al confine tra Colombia e Panama, nel nord del Messico, alla frontiera con gli Stati Uniti, e soprattutto nel Mare Mediterraneo.

Tra le tante vittime ci sono molti minori non accompagnati.

Accolgo con soddisfazione l’impegno dell’Unione Europea [con] l’adozione del nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, pur rilevandone alcuni limiti, specie per ciò che concerne il diritto d’asilo e il pericolo di detenzioni arbitrarie.

La via della pace esige il rispetto di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio.

Ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata.

La via della pace passa pure attraverso il dialogo interreligioso, che richiede tutela della libertà religiosa e rispetto delle minoranze.

Preoccupa l’aumento degli atti di antisemitismo... Parimenti preoccupa la crescita della persecuzione e della discriminazione nei confronti dei cristiani,

Parte della sfida educativa riguarda un uso etico delle nuove tecnologie.

La Chiesa si prepara al Giubileo che inizierà il prossimo Natale. Forse oggi più che mai abbiamo bisogno dell’anno giubilare.