· Città del Vaticano ·

Parla l’ex 007 Yigal Carmon, presidente del Centro di ricerca Memri (Middle East Media Research Institute)

Il ruolo del Qatar
in una guerra senza fine

 Il ruolo del Qatar in una guerra senza fine   QUO-005
08 gennaio 2024

Yigal Carmon, fondatore e presidente del Memri (Middle East Media Research Institute) è già noto all’opinione pubblica internazionale e ai lettori de «L’Osservatore Romano». Lo scorso 31 agosto previde con settimane di anticipo lo scoppio della guerra a Gaza. Lo intervistammo poi in ottobre circa lo svolgimento della guerra e i suoi effetti sullo scacchiere mediorientale — ambito su cui vanta una profonda esperienza maturata nell’intelligence militare israeliano, e come advisor dei governi di Yithzak Shamir e Yithzak Rabin per l’antiterrorismo. L’istituto che dirige, tra Gerusalemme e Washington, ha acquisito negli anni un’alta reputazione nell’analisi geopolitica, e la documentazione che pubblica sul suo sito orienta molti analisti e diplomatici. Nel board del Memri figurano personaggi del calibro dell’ex premier spagnolo, José María Aznar, di quello israeliano, Ehud Barak (che recentemente ha concesso una lunga intervista «L’Osservatore Romano»), ma anche gli ex direttori della Cia, James Woosley e Michael Hayden, e l’ex capo della NSA americana, il generale Alexander Keith. Negli ultimi giorni ha avuto molta eco sui media italiani ed internazionali la pubblicazione sul sito del Memri di documenti hackerati ad istituzioni politiche e finanziarie del Qatar che indicherebbero la disposizione di pagamenti per circa 65 milioni di dollari dall’Emirato a favore del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.

Cominciamo da questo. Lei è convinto dell’autenticità di questi documenti?

Credo che la provenienza di questi documenti sia abbastanza indisputabile. Altrimenti non li avremmo pubblicati. Ma voglio precisare che questi documenti attestano indicazioni per pagamenti da parte del Qatar al premier Netanyahu, ma non anche che questi pagamenti siano poi avvenuti. Da cittadino israeliano sarei molto contento se Netanyahu riuscisse a dimostrare di non aver mai ricevuto soldi dal Qatar. Credo però che questo materiale sia sufficiente ad aprire un’inchiesta. Interrogato da un giornalista di Channel 12 il premier si è limitato a dire che si tratta di uno “scherzo”. Mi aspetterei di essere querelato, ma finora questo non è avvenuto. E penso che Netanyahu abbia il dovere di rispondere in modo esauriente e trasparente ai cittadini israeliani.

Ci può dire da dove vengono questi documenti?

Istituzioni legate agli Emirati Arabi Uniti hanno realizzato un ampio progetto di spionaggio informatico denominato Project Raven, che ha riguardato diversi Paesi, non solo Qatar e Israele, godendo dell’expertise di ex agenti della NSA, la National Security Agency americana.

Un’attività condotta da ex agenti della NSA, e dall’altro lato il progressivo distanziamento degli USA dal modo in cui Israele sta conducendo la guerra a Gaza…

Capisco quello che vuol dire. Le posso rispondere che ormai sono in molti, e non solo gli americani, a essersi stancati della politica di Netanyahu, in primis la grande maggioranza dei cittadini israeliani. Perché, vede, al di là di questa brutta storia che lo riguarda personalmente, è tutta la recente storia politica di Netanyahu ad essere sotto accusa. Cominciando appunto dalla genesi di quella terribile tragedia che è stata per noi israeliani, il 7 ottobre. Genesi che vede di nuovo sulla scena il Qatar.

In che senso?

Vede, ora si mettono sotto accusa i militari e l’intelligence per il grave deficit che abbiamo mostrato quella mattina, ma la storia inizia prima. Era noto a tutti che il Qatar finanziasse regolarmente Hamas, con l’approvazione e il sostegno logistico di Netanyahu. Potremmo dire che senza il Qatar Hamas rimarrebbe un movimento piccolo e irrilevante, permettendo così al processo di pace di proseguire. Soldi che servivano a pagare la struttura pubblica di Gaza, ma anche a rafforzare la potenza militare di Hamas. Perché il governo israeliano ha fatto finta di non accorgersi di ciò? Perché non ha creato un corto circuito su questo reticolo di finanziamenti che pure avvenivano sotto i loro occhi?

Appunto, perché?

Lo chieda a Netanyahu. Io posso immaginare che l’obiettivo fosse quello di consentire una crescita di Hamas a discapito dell’Olp, perché avere come interlocutore Hamas significa poter legittimamente accantonare ogni possibilità di dialogo e negoziazione. Se questo era il disegno, si è rivelato presuntuoso e fallace, e il 7 ottobre ne abbiamo pagato le più gravi conseguenze. Ho letto con attenzione le interviste che avete pubblicato agli ex premier israeliani Ehud Olmert ed Ehud Barak, e mi sembra che giungano alle mie medesime conclusioni.

Un giudizio politico negativo il Suo, che va ben oltre la vicenda dei finanziamenti.

Assolutamente. Netanyahu ha precipitato il 7 ottobre Israele nel punto più basso e doloroso della sua storia. Ma anche dopo il 7 ottobre. Ricorderà che in quei giorni Le dissi che scatenare la guerra a Gaza sarebbe stato inutile e dannoso. E purtroppo anche questa mia previsione si è rivelata azzeccata. Una carneficina di civili israeliani (1.300 circa) e migliaia palestinesi uccisi [le fonti dei responsabili sanitari di Gaza parlano di oltre 22.800, n.d.r.]. Per che cosa? Per sentirci dire ora da Idf che la guerra durerà sicuramente tutto quest’anno e forse anche più. Perché, se conoscono la cultura di Hamas, dovrebbero sapere che — a meno che non riescano ad uccidere tutti i suoi 40.000 effettivi — se pure ne rimanessero solo 500, quelli continuerebbero a combattere con la loro ideologia fanatica. Ogni giorno continuano a piovere comunque razzi su Israele provenienti di Gaza, segno che la capacità militare di Hamas ancora resiste. Ora dicono che si passerà ad una fase di guerra a low intensity, cioè la caccia all’uomo tunnel per tunnel, che comporterà ulteriori sacrifici di vite dei nostri soldati. Finchè dureranno i combattimenti Hamas continuerà a poter dire di aver vinto, e lo potrà dire anche dopo la fine della guerra. Perché Hamas non finirà con la guerra.

E allora cosa avrebbe dovuto fare Israele dopo il 7 ottobre? Rinunciare a difendersi?

Niente affatto. Le faccio un esempio elementare. Se Lei mette le mani nell’acquario non riuscirà mai ad agguantare il pesce che le scivolerà sempre via. Lei ha dunque una sola possibilità: togliere l’acqua al pesce. E togliere l’acqua al pesce Hamas significa togliergli il sostegno del Qatar, senza il quale Hamas non esisterebbe. Questo avrebbe dovuto fare Netanyahu. Mi spingo fino ad immaginare l’estrema ratio di un intervento militare mirato, su un Paese che ha 300.000 nativi e due milioni di stranieri, e che da sempre finanzia le peggiori forze terroristiche, da i talebani all’Isis. Nessun Paese arabo solidarizzerebbe con il Qatar.

Attaccare il Paese che ha la più grande base militare americana in Medio Oriente?

E il cui accordo è appena stato rinnovato per 10 anni. È la politica a tutto campo del Qatar.

Torniamo ad Israele. Come ora prevede lo sviluppo della guerra?

Purché non si sveli la sua inutilità, durerà a lungo. Forse anni. Anche se Israele cercherà di spacciare la fine di Yahya Sinwar per il raggiungimento degli obiettivi militari, sarà Hamas a cantar vittoria. Semplicemente perché Hamas non sparirà.

Ma al di là degli obiettivi militari rimane il problema di 2,3 milioni di abitanti, problema che non si può eludere.

Questo è il punto. A meno che non si creda alle dabbenaggini di Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir sulle deportazioni dei palestinesi in Congo il problema rimane sempre quello. E, piaccia o meno, la soluzione rimane sempre e solo quella dei due Stati.

Ma l’autorità palestinese di Ramallah appare molto debole allo scopo. Biden dice che un coinvolgimento dell’Anp richiede preliminarmente una sua rivitalizzazione.

Il problema della debolezza dell’Anp non è solo contingente o legato all’età di Abu Mazen. Già a partire da Oslo, i palestinesi hanno dimostrato che c’è un’asimmetricità delle loro relazioni con Israele, che può essere superata solo attraverso una tutorship offerta loro da egiziani e giordani.

I quali, al momento, non sembrano molto interessati ad un coinvolgimento forte.

Fintanto che in mezzo alla partita c’è come arbitro e giocatore il Qatar sicuramente no. Come anche la vicenda degli ostaggi sta dimostrando. Ma se il Qatar sparisce dalla scena sicuramente faranno la loro parte. D’altronde non c’è altra via.

Questo presuppone l’uscita di scena di Netanyahu.

Questo è scontato. Credo che abbia i giorni contati. Gli israeliani ne hanno abbastanza di tutta la famiglia Netanyahu.

E il fronte Nord, che si fa ogni giorno più minaccioso?

Nasrallah è assai bravo nell’abbaiare, ma non credo abbia alcuna reale intenzione di mordere. Il Libano è un Paese allo stremo, può pensare veramente che lo seguirebbe in una nuova guerra contro Israele? E lo stesso vale per l’Iran, hanno sufficienti problemi interni, politici ed economici, per impegnarsi in un’escalation militare; preferiscono mandare in avanscoperta i satelliti, Hezbollah in Libano, gli houthi in Yemen, Siria, Iraq; loro rimangono dietro le quinte.

In conclusione, sembra di capire che Lei veda una permanenza del conflitto più o meno latente per i prossimi anni.

Il pallino nel conflitto israelo-palestinese ce l’hanno gli israeliani; i palestinesi agiscono solo per reazione. Allora l’unica variabile è l’emergenza di una nuova leadership israeliana, forte, autorevole e soprattutto dotata di visione e coraggio. Io oggi questa non la vedo all’orizzonte. I palestinesi dovrebbero adottare l’approccio pacifico dell’Autorità palestinese, invece di farsi trascinare dalla soluzione di Hamas. Israele ha bisogno di elezioni e di una nuova leadership con visione e coraggio.

da Gerusalemme
Roberto Cetera