· Città del Vaticano ·

Un anno dedicato alla preghiera

Trovare tempo per Dio

 Trovare tempo per Dio  QUO-003
04 gennaio 2024

In occasione dei Vespri e del canto del Te Deum nella basilica Vaticana l’ultima sera dell’anno 2023, il Santo Padre ha illustrato i due sentimenti dominanti in quell’incontro di preghiera: gratitudine e speranza.

Volgendo poi lo sguardo al futuro e, in particolare, al Giubileo del 2025, Papa Francesco ha esortato a prepararsi a quell’evento di grande valore spirituale mediante un «anno dedicato alla preghiera».

Questa felice decisione di mettere la preghiera al centro del 2024 in preparazione all’Anno Santo del 2025, viene incontro ad una fondamentale esigenza del nostro tempo, in cui, da un lato, siamo preoccupati per le terribili guerre in corso e, dall’altro lato, siamo assorbiti dalle preoccupazioni e dagli affari materiali, e siamo distratti nei riguardi delle cose di “lassù”, dimenticando che le cose di “quaggiù” sono passeggere, mentre quelle del cielo sono eterne.

Il mondo in cui viviamo è caratterizzato da un ritmo implacabile, che travolge e non lascia respiro. Il grave rischio che corre oggi il cristiano è l’inaridimento del suo spirito, cioè la perdita della dimensione interiore della fede e, di conseguenza, l’annebbiamento delle realtà spirituali, che rischiano di perdere consistenza e di contare sempre meno, anche perché l’attrattiva delle cose terrene si è fatta particolarmente suggestiva.

Se un cristiano vuol conservare viva e forte la propria fede, deve nella sua vita trovare spazi di preghiera, incominciando con la fedeltà alla messa domenicale, e facendo poi diventare la preghiera come la “chiave” per aprire e chiudere la giornata.

La preghiera è infatti il nutrimento della vita spirituale e una risposta d’amore al grande amore di Dio per noi.

Nell’anno che ora inizia, dobbiamo rafforzare la nostra convinzione del valore e dell’importanza della preghiera e riscoprirne il gusto.

Alessandro Manzoni diceva che l’uomo non è mai così grande come quando si inginocchia davanti a Dio.

Pregare è così importante che Gesù ci dice di pregare incessantemente, senza stancarci e col suo esempio di orazione filiale ci ha dato una luminosa testimonianza.

Il Vangelo ci narra che Gesù, rispettando le tradizioni del suo popolo, pregò nel Tempio di Gerusalemme, pregò nelle sinagoghe, partecipò alle grandi liturgie del popolo eletto. Soprattutto pregò ritirandosi in solitudine; spesso saliva sul monte a pregare durante la notte, da solo. Ma pregò anche di mattina. L’evangelista Marco racconta che «quando era ancora buio — cioè prima dell’alba — Gesù si alzò e, uscito di casa [dalla casa di Pietro, dove aveva dormito], si ritirò in un luogo appartato a pregare» (Mc 1, 35).

Prima di ogni decisione o atto importante, Gesù si raccoglieva a pregare. Prima di scegliere i dodici Apostoli passò tutta la notte sul monte a pregare.

Per avere la forza di compiere la volontà del Padre e per avere il coraggio di entrare nel martirio della Passione, la notte del Giovedì Santo pregò nell’orto degli Ulivi.

Cristo ci chiede di pregare per avere la luce e la forza necessarie per vivere in pienezza il dono di essere cristiani. Non si può vivere spiritualmente senza quel rapporto personale con Dio che nasce dalla preghiera e che essa costruisce.

Come è noto, c’è la preghiera di adorazione, di lode e di ringraziamento. È il modo più significativo di elevare la mente e il cuore a Dio, dal quale sappiamo di essere amati, parlandogli come ad un amico.

Poi vi è la preghiera di domanda di aiuto, con la quale presentiamo a Dio le nostre necessità spirituali e materiali, supplicandolo di intervenire a nostro favore. Questa forma di preghiera ci porta a bussare alla porta di Dio; anzi a bussare al cuore di Dio.

Quando nessuno ci ascolta o nessuno ci aiuta, c’è sempre Dio che ci ascolta e ci aiuta.

È importante apprendere l’arte della preghiera perché attraverso di essa noi possiamo ottenere e realizzare quello che con le sole nostre forze ci è impossibile. Mediante la preghiera noi possiamo cooperare affinché Dio operi qualcosa di più grande di quanto noi potremmo raggiungere con le sole nostre forze.

A tale riguardo san Tommaso spiega, in una sua lunga quaestio, che vi sono alcune cose di cui noi possiamo disporre e che possiamo realizzare perché sono in nostro potere, ma ve ne sono altre che possono essere da noi operate soltanto se lo chiediamo a chi può più di noi, cioè a Dio per il quale nulla è impossibile.

Blaise Pascal si chiedeva: «Perché Dio ha istituito la preghiera?». E rispondeva: «Per comunicare alle sue creature la possibilità di cooperare alle sue opere» (Pensieri, 513).

Dio non vuole fare nulla senza di noi; ci vuole suoi collaboratori. Nella preghiera ci rende capaci di collaborare con lui e ottenere quello che con le sole nostre forze non potremmo mai conseguire.

Così quando Monica, la madre di sant’Agostino, supplica Dio nel pianto perché suo figlio ritrovi la fede, non elude il suo impegno di madre, perché come madre aveva fatto tutto quello che riteneva di poter fare, ma senza aver ottenuto quanto desiderava.

Ma, pregando con fiducia e costanza, Monica ottiene che Dio agisca nel profondo della coscienza di Agostino, e lì nell’intimità del cuore, dove liberamente l’uomo gioca il suo destino, si svolge il mistero dell’azione di Dio e Agostino si converte.

Il punto di contatto dell’azione di Dio e dell’azione dell’uomo è sempre misterioso, ma la fede ci dà la certezza che al di sopra di noi sta non solo la mano, ma il cuore di Dio, che agisce e guida le cose nel profondo.

San Giovanni Paolo ii diceva che è nella preghiera fatta con fede che sta il segreto per affrontare ogni problema e difficoltà. Chi prega non si scoraggia mai, neppure davanti alle difficoltà più gravi, perché sente Dio accanto a sé e trova rifugio, serenità e pace fra le sue braccia paterne (Giovanni Paolo ii, Angelus dell’8 settembre 2002).

Di certo, chiedere l’aiuto di Dio non dispensa dall’agire. Preghiera e impegno umano non si escludono, ma si implicano l’un l’altro.

È noto quanto diceva san Francesco di Sales: «Prega come se tutto dipendesse da Dio, e impegnati come se tutto dipendesse da te», perché tutto dipende da Dio e insieme tutto dipende dall’uomo.

I protagonisti e gli artefici di quanto avviene nella storia sono sempre due: l’uomo e Dio. La persona umana che agisce liberamente e che può intraprendere anche strade sbagliate e compiere atti disumani, e Dio, sopra di noi, che tiene in mano le redini di questo mondo e veglia sulla grande storia e sulla piccola storia di ogni persona. Dio sa trarre il bene anche dal male e fa in modo che «tutto concorra al bene di coloro che amano Dio» (Rom 8, 28).

Pregare non significa evadere dalla storia e dai problemi che essa presenta. Al contrario, è scegliere di affrontare la realtà delle varie situazioni non da soli, ma con la forza che viene dall’alto, che ha la sua sorgente in Dio (Giovanni Paolo ii, Angelus dell’8 settembre 2002).

Chi parla con Dio nella preghiera, chi pensa con Dio apprende a diventare saggio, sapiente e buono. Diventa anche forte e coraggioso, con la forza di Dio che resiste al male e promuove il bene; acquista perfino criteri di giudizio validi anche per le cose del mondo (Benedetto xvi, Angelus del 15 agosto 2005).

Il tempo che diamo a Dio nella preghiera è quello meglio impiegato.

Accogliere l’invito del Papa di fare diventare il 2024 l’“Anno della preghiera” non è solo il miglior modo di preparazione all’Anno Santo 2025, ma è anche la strada per ottenere l’aiuto di Dio per superare questo momento carico di drammatiche sofferenze che l’umanità sta attraversando.

di Giovanni Battista Re
Decano del Collegio cardinalizio