· Città del Vaticano ·

Urbi et Orbi

 Urbi et Orbi  QUO-296
28 dicembre 2023

«Si avvicina il Giubileo, che inizierà tra un anno. Questo periodo di preparazione sia occasione per convertire il cuore; per dire “no” alla guerra e “sì” alla pace». È l’invito che, il Papa dalla loggia della Benedizione della basilica Vaticana ha rivolto «urbi et orbi», alla città di Roma e al mondo, con il messaggio natalizio. Eccone i punti nodali.

Lo sguardo e il cuore dei cristiani di tutto il mondo sono rivolti a Betlemme; lì, dove in questi giorni regnano dolore e silenzio.

Ci riempie di speranza sapere che il Signore è nato per noi. Ecco la notizia che cambia il corso della storia!

Quello di Betlemme è l’annuncio di «una grande gioia». Non la felicità passeggera del mondo, non l’allegria del divertimento, ma una gioia “grande” perché ci fa “grandi”.

Oggi noi esseri umani, con i nostri limiti, abbracciamo la certezza di essere nati per il Cielo.

Oggi a Betlemme tra le tenebre della terra si è accesa questa fiamma inestinguibile, oggi sulle oscurità del mondo prevale la luce di Dio.

Nella Scrittura, al Principe della pace si oppone «il principe di questo mondo» che, seminando morte, agisce contro il Signore.

Lo vediamo a Betlemme quando, dopo la nascita del Salvatore, avviene la strage degli innocenti.

Quante stragi di innocenti nel mondo: nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra.

Sono i piccoli Gesù di oggi, questi bambini la cui infanzia è devastata dalle guerre.

Allora dire “sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra, follia senza scuse.

Bisogna dire “no” alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà.

E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?

Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti!

La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti.

Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre.

Isaia ha scritto di un giorno in cui «una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione». Con l’aiuto di Dio, diamoci da fare perché quel giorno si avvicini!

Si avvicini in Israele e Palestina, dove la guerra scuote la vita di quelle popolazioni.

Le abbraccio tutte, in particolare le comunità cristiane di Gaza, la parrocchia di Gaza, e dell’intera Terra Santa.

Porto nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio.

Supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti.

Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le Parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale. Preghiamo per la pace in Palestina e in Israele.

Il mio pensiero va alla popolazione della martoriata Siria, come pure a quella dello Yemen ancora in sofferenza. Penso al caro popolo libanese e prego perché possa ritrovare presto stabilità politica e sociale.

Con gli occhi fissi sul Bambino Gesù imploro la pace per l’Ucraina. Rinnoviamo la vicinanza spirituale e umana al suo martoriato popolo.

Si avvicini il giorno della pace definitiva tra Armenia e Azerbaigian. La favoriscano la prosecuzione delle iniziative umanitarie, il ritorno degli sfollati nelle loro case in legalità e sicurezza, e il mutuo rispetto delle tradizioni religiose e dei luoghi di culto.

Non dimentichiamo le tensioni e i conflitti che sconvolgono la regione del Sahel, il Corno d’Africa, il Sudan, come il Camerun, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan.

Si avvicini il giorno in cui si rinsalderanno i vincoli fraterni nella penisola coreana, aprendo percorsi di dialogo e riconciliazione che possano creare le condizioni per una pace duratura.

Il Figlio di Dio... ispiri le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà del continente americano, affinché si trovino soluzioni idonee a superare i dissidi sociali e politici, per lottare contro le forme di povertà che offendono la dignità delle persone, per appianare le disuguaglianze e per affrontare il doloroso fenomeno delle migrazioni.

Dal presepe, il Bambino ci chiede di essere voce di chi non ha voce: degli innocenti, morti per mancanza di acqua e di pane; di quanti non riescono a trovare un lavoro o l’hanno perso; di quanti sono obbligati a fuggire dalla propria patria in cerca di un avvenire migliore, rischiando la vita in viaggi estenuanti e in balia di trafficanti senza scrupoli.