· Città del Vaticano ·

Il magistero

 Il magistero  QUO-296
28 dicembre 2023

Domenica 24

L’ombra è un dono divino

Oggi, quarta domenica di Avvento, il Vangelo presenta la scena dell’Annunciazione. L’angelo, per spiegare a Maria come concepirà Gesù, le dice: «Lo Spirito scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra».

In una terra come quella di Maria, perennemente assolata, una nuvola di passaggio, un albero che resiste alla siccità e offre riparo, una tenda ospitale portano sollievo e protezione.

L’ombra è un dono e l’angelo descrive così il modo di fare di Dio, amore gentile che abbraccia, feconda e custodisce, senza fare violenza [né] ferire la libertà.

L’ombra parla della gentilezza di Dio. È come se dicesse a Maria e a tutti noi oggi: «Sono qui per te e mi offro come tuo rifugio e tuo riparo».

È qualcosa che possiamo sperimentare anche tra noi, quando tra amici, fidanzati, sposi, genitori e figli, si è delicati, rispettosi, prendendosi cura degli altri con gentilezza.

Dio ama così e chiama noi a fare lo stesso: accogliendo, proteggendo, rispettando.

Pensare a tutti, a chi è emarginato, a chi è lontano dalla gioia del Natale.

Chiediamoci: desidero lasciarmi avvolgere dall’ombra dello Spirito Santo, dalla dolcezza e dalla mitezza, dalla gentilezza di Dio, facendogli posto nel cuore, accostandomi al suo perdono, all’Eucaristia? Per quali persone sole e bisognose potrei essere ombra che ristora, amicizia che consola?

Territori
contaminati

Saluto i cittadini italiani che vivono in territori riconosciuti contaminati e che da tempo attendono la bonifica.

Esprimo solidarietà a queste popolazioni e auspico che la loro voce sia ascoltata.

Sobrietà
e semplicità

Auguro un Natale nella preghiera e nella sobrietà: non confondiamo la festa con il consumismo! Come cristiani si deve festeggiare in semplicità, senza sprechi, condividendo con chi manca del necessario o di compagnia.

(Angelus in piazza San Pietro)

Col cuore
a Betlemme
dove Gesù
è rifiutato
dalla logica
della guerra

«Il censimento di tutta la terra». È questo il contesto nel quale Gesù nasce. Il Vangelo ne parla con accuratezza. Ciò fa emergere un grande contrasto: mentre l’imperatore conta gli abitanti del mondo, Dio vi entra quasi di nascosto, sceglie la via della piccolezza.

Nessuno dei potenti si accorge di Lui, solo alcuni pastori, ai margini della vita sociale.

Non un dio adirato che castiga, ma il Dio misericordioso che entra debole nel mondo.

Il nostro cuore stasera è a Betlemme, dove ancora il Principe della pace viene rifiutato dalla logica perdente della guerra, con il ruggire delle armi che anche oggi gli impedisce di trovare alloggio.

Il censimento manifesta la trama troppo umana che attraversa la storia: quella di un mondo che cerca il potere e la potenza, la fama e la gloria, dove tutto si misura con successi e risultati, cifre e numeri.

Ma al contempo nel censimento risalta la via di Gesù, che viene a cercarci attraverso l’incarnazione.

Non è il dio della prestazione, ma il Dio dell’incarnazione. Non sovverte le ingiustizie dall’alto con forza, ma dal basso con amore; si cala nei nostri limiti; non evita le fragilità.

C’è il rischio di vivere il Natale avendo in testa un’idea pagana, come se Dio fosse un padrone che sta in cielo; un dio che si sposa con il potere, con il successo mondano e con l’idolatria del consumismo.

Torna l’immagine falsa di un dio distaccato e permaloso, che si comporta bene coi buoni e si adira coi cattivi; un dio fatto a nostra immagine, utile a risolver problemi e toglier mali.

Lui non usa la bacchetta magica, non è il dio commerciale del “tutto e subito”; non ci salva premendo un bottone, ma si fa vicino.

Nato per tutti

Eppure, quanto è radicata in noi l’idea mondana di un dio distante e controllore, rigido, che aiuta i suoi a prevalere!

Non è così: Lui è nato per tutti... sta al di là di ogni calcolo umano eppure si lascia censire dai nostri conteggi; rivoluziona la storia abitandola; ci rispetta al punto da permetterci di rifiutarlo; cancella il peccato facendosene carico, non toglie il dolore ma lo trasforma, non ci leva i problemi, ma dà alle nostre vite una speranza.

Desidera così tanto abbracciare le nostre esistenze che, infinito, si fa finito; grande, si fa piccolo; giusto, abita le nostre ingiustizie. Ecco lo stupore del Natale: non un miscuglio di affetti sdolcinati.

Guardiamo il presepe, che è il segnale rivelatore del volto di Dio. Stupiamoci perché “si è fatto carne”. parola che il Vangelo utilizza per dirci che Dio è entrato fino in fondo nella nostra condizione umana.

Perché? Perché ci ama al punto da ritenerci più preziosi di ogni altra cosa.

Per Dio tu non sei un numero, sei un volto; il tuo nome è scritto nel suo cuore.

Ma tu, guardando al tuo cuore, alle prestazioni non all’altezza, al mondo che giudica e non perdona, forse vivi male questo Natale, pensando di non andare bene, covando un senso di inadeguatezza e di insoddisfazione per le tue cadute, i problemi e i peccati.

Oggi lascia l’iniziativa a Gesù. Come i pastori che hanno lasciato le loro greggi, lascia il recinto delle tue malinconie.

Senza maschere, senza corazze, getta in Lui i tuoi affanni. Lui non attende le tue prestazioni di successo, ma il tuo cuore aperto e confidente. E tu in Lui riscoprirai chi sei.

Stanotte il Signore è venuto alla luce per illuminare la tua vita. Cristo non guarda i numeri, ma i volti.

Chi, però, guarda a Lui, tra le folli corse di un mondo sempre indaffarato e indifferente?

Vicini
al Bambino

A Betlemme, mentre molta gente, presa dall’ebbrezza del censimento, andava e veniva, riempiva alloggi e locande parlando del più e del meno, alcuni sono stati vicini a Gesù: Maria e Giuseppe, i pastori, i magi. Impariamo da loro.

Questa notte, è il tempo dell’adorazione... è la via per accogliere l’incarnazione. Perché nel silenzio Gesù, Parola del Padre, si fa carne.

Facciamo anche noi come a Betlemme, che significa “casa del pane”: stiamo davanti a Lui, Pane di vita.

Adorare
nello stupore

Riscopriamo l’adorazione, perché adorare non è perdere tempo, ma permettere a Dio di abitare il nostro tempo.

È collaborare all’opera del Signore, che come lievito cambia il mondo. È intercedere, riparare, consentire a Dio di raddrizzare la storia.

Un grande narratore di imprese epiche scrisse a suo figlio (J.R.R. Tolkien, “Lettera 43”, marzo 1941): «Ti offro l’unica cosa grande da amare sulla terra: il Santissimo Sacramento. Lì troverai fascino, gloria, onore, fedeltà e la vera via di tutti i tuoi amori sulla terra».

(Messa della Notte di Natale
nella basilica Vaticana)

Martedì 26

Stefano
il primo
martire

Oggi celebriamo santo Stefano, primo martire... uomo di buona reputazione, che serviva alle mense e amministrava la carità.

Per questa generosa integrità non può fare a meno di testimoniare ciò che ha di più prezioso: la fede in Gesù, e questo scatena l’ira dei suoi avversari, che lo uccidono lapidandolo.

Persecutore
e perseguitato

Tutto accade davanti a un giovane, Saulo, zelante persecutore dei cristiani, che fa da “garante” dell’esecuzione.

Pensiamo a questa scena: il persecutore e il perseguitato. Tra loro sembra esserci un muro impenetrabile, duro come l’integralismo del giovane fariseo e come le pietre lanciate contro il condannato.

Eppure, qualcosa li unisce: attraverso la testimonianza di Stefano, già il Signore sta preparando nel cuore di Saulo la conversione che lo porterà a essere un grande Apostolo.

Si diceva, nei tempi delle persecuzioni — e anche oggi è giusto dirlo — “il sangue dei martiri seme di cristiani”.

Il suo sacrificio lancia un seme che, correndo in direzione opposta ai sassi, si pianta nel petto del suo peggiore rivale.

Oggi, duemila anni dopo, purtroppo vediamo che la persecuzione continua. Ancora ci sono tanti che soffrono e muoiono per testimoniare Gesù, come c’è chi è penalizzato a vari livelli per il fatto di comportarsi in modo coerente con il Vangelo, e chi fa fatica ogni giorno a rimanere fedele, senza clamore, ai propri buoni doveri, mentre il mondo ne ride.

Adesso come allora, il seme dei loro sacrifici che sembra morire, germoglia, perché Dio attraverso di loro continua a operare prodigi, a cambiare i cuori e a salvare gli uomini.

Chiediamoci: mi interesso e prego per chi ancora oggi soffre e muore per la fede?

A mia volta, cerco di testimoniare il Vangelo con coerenza, mitezza e fiducia?

Credo che il seme del bene porterà frutto anche se non vedo risultati immediati?

Libertà
religiosa

Nel segno della testimonianza di Santo Stefano, sono vicino alle comunità cristiane che soffrono discriminazioni e le esorto a perseverare nella carità verso tutti, lottando pacificamente per la giustizia e la libertà religiosa.

I media ci mostrano che cosa la guerra produce: abbiamo visto la Siria, vediamo Gaza. Pensiamo alla martoriata Ucraina. Un deserto di morte. È questo che si vuole? I popoli vogliono la pace. Preghiamo, lottiamo per la pace.

Vi invito a sostare davanti al grande Presepe di Piazza San Pietro, ispirato a quello che San Francesco fece a Greccio ottocento anni fa.

Osservando le statue, vedrete sui volti e negli atteggiamenti un tratto comune: uno stupore che si fa adorazione.

(Angelus in piazza San Pietro)

Mercoledì 27

Custodire
il cuore e non
dialogare
col diavolo

Oggi vorrei introdurre un ciclo di catechesi sul tema dei vizi e delle virtù. E possiamo partire dall’inizio della Bibbia, dove il libro della Genesi, attraverso il racconto dei progenitori, presenta la dinamica del male e della tentazione.

Pensiamo al Paradiso terreste. Nel quadro idilliaco rappresentato dal giardino dell’Eden, compare un personaggio che diventa il simbolo della tentazione: il serpente, personaggio che seduce.

È un animale insidioso: si muove lentamente, strisciando, qualche volta non ti accorgi della sua presenza, perché riesce a mimetizzarsi con l’ambiente ed è pericoloso.

Quando comincia a dialogare con Adamo ed Eva dimostra di essere anche un dialettico raffinato.

Incomincia come si fa nei pettegolezzi cattivi, con una domanda maliziosa: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?».

La frase è falsa: Dio, in realtà, ha offerto all’uomo e alla donna tutti i frutti del giardino, tranne quelli dell’albero della conoscenza del bene e del male.

Riconoscere
il limite

Questa proibizione non vuole interdire all’uomo l’uso della ragione, come talvolta mal si interpreta, ma è una misura di sapienza.

Come a dire: riconosci il limite, non sentirti padrone di tutto, perché la superbia è l’inizio di tutti i mali.

La storia ci dice che Dio pone i progenitori come signori e custodi del creato, ma vuole preservarli dalla presunzione di onnipotenza, una brutta tentazione anche adesso.

È l’insidia più pericolosa.

Adamo ed Eva non riuscirono ad opporsi.

L’idea di un Dio non proprio buono, che voleva tenerli sottomessi, si insinuò nella loro mente.

La Bibbia ci spiega che il male non inizia in modo clamoroso, quando un atto è ormai manifesto, ma prima, quando si comincia a intrattenersi con esso, a cullarlo nell’immaginazione, finendo con l’essere irretiti dalle lusinghe.

L’omicidio di Abele non è cominciato con una pietra scagliata, ma con il rancore che Caino ha custodito, facendolo diventare un mostro dentro.

Con il diavolo non si dialoga. Mai!

Non si deve discutere mai. Gesù mai ha dialogato con il diavolo; lo ha cacciato.

Nel deserto, durante le tentazioni, non ha risposto con il dialogo, [ma] con parole della Scrittura, la Parola di Dio.

Il diavolo è un seduttore... è più furbo di tutti noi.

Quando viene una tentazione, mai dialogare. Chiudere la porta, la finestra, chiudere il cuore.

E così, ci difendiamo da questa seduzione, perché il diavolo è astuto, è intelligente.

Ha cercato di tentare Gesù con citazioni bibliche, presentandosi come grande teologo.

Viene la tentazione: chiudiamo la porta, custodiamo il cuore.

È la raccomandazione che troviamo in diversi padri, i santi. E dobbiamo chiedere questa grazia di imparare a custodire il cuore. È una saggezza. Il Signore ci aiuti in questo lavoro.

Chi custodisce il proprio cuore, custodisce un tesoro.

(Udienza generale
nell’Aula Paolo vi )