· Città del Vaticano ·

Luce che illumina le genti

Natale a Betlemme

 Natale a Betlemme   QUO-295
27 dicembre 2023

La celebrazione del patriarca Pizzaballa nella basilica della Natività e la significativa presenza del cardinale Krajewski che ha portato in Terra Santa gli aiuti e l’abbraccio del Papa


Ha portato il saluto del Papa, il suo forte abbraccio, i suoi aiuti e la sua vicinanza: il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità, ha trascorso il Natale in Terra Santa, nell’ambito della sua missione iniziata il 21 dicembre. Krajewski, che l’anno scorso si era recato in Ucraina per le feste natalizie, ha partecipato alle celebrazioni del 24 e 25 dicembre a Betlemme, insieme al patriarca di Gerusalemme dei Latini, cardinale Pierbattista Pizzaballa, e incontrato alcuni familiari di residenti a Gaza che hanno vissuto anche questo tempo in stato di guerra, sotto le bombe israeliane.

In contatto con i media vaticani, l’elemosiniere pontificio si è detto «commosso dalla fede di questi cristiani, come pure dal loro sguardo di speranza. Facevano a Sua Beatitudine domande sul dopo guerra. Nella Striscia più o meno novecento persone non hanno niente, hanno case distrutte. Quando finirà questa maledetta guerra, bisogna quindi essere pronti ad aiutare quelli che vogliono rimanere e quelli che vogliono andare via. Bisogna pensare per esempio a dei prefabbricati, aggiustare le scuole, perché senza scuola come possono rimanere i bambini? Questa gente — commenta il porporato — vive con la speranza che questa guerra deve finire». E incarna il Vangelo in cui «Gesù invita a mettere Dio al primo posto e poi il prossimo». Proprio a Gaza il Papa ha fatto giungere i suoi aiuti «soprattutto per i bambini e i feriti, affinché possano comprare i viveri e le cose necessarie». Krajewski ha fatto sapere di aver approfittato dei momenti conviviali in Terra Santa per capire come “agganciare” l’aiuto del Dicastero per il servizio della carità da lui guidato: «Dobbiamo capire come possiamo muoverci per aiutare questa gente, organizzare qualcosa a livello internazionale per sostenerli. Questo porta già una speranza di Natale».

Agli aiuti del Papa si sono aggiunti quelli annunciati il 24 dicembre dalla Giordania che, grazie al re Abdullah ii , ha fatto pervenire, per mezzo di un elicottero, farmaci e aiuti per il popolo di Gaza: «Tanti paesi non sono riusciti a far niente, invece il re di un piccolo paese è riuscito a farlo. Il vice parroco della parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza — ha riferito il cardinale Krajewski — mi diceva che solo nel comprensorio della Chiesa hanno cinquanta feriti, senza farmaci. Quindi queste medicine sono una benedizione di Natale da parte di gente coraggiosa che, nonostante tutto, cerca varchi aperti per portare aiuti». L’elemosiniere di Sua Santità ha portato il saluto di Francesco al termine della messa di Natale celebrata nella mattina del 25 dicembre dal cardinale patriarca Pizzaballa nella chiesa di Santa Caterina alla Natività: «Era tutta piena, c’erano almeno duemila persone, tutto il popolo di Betlemme. Qui circa 150.000 persone hanno perso il lavoro perché Betlemme è circondata, le persone non possono uscire e, quindi, i tanti che lavoravano fuori hanno perso il lavoro. Nonostante questo sono venuti a festeggiare la nascita di Gesù e la speranza che tutto finirà. A ciascuno ho portato il saluto del Santo Padre, l’abbraccio forte da parte sua, ho detto che lui non li lascia soli, che prega per loro, che organizza gli aiuti, sensibilizza i politici a fermare la guerra, posare le armi, scambiare questa pace internazionale» di cui c’è tanto bisogno. Al termine della messa, in tanti hanno espresso gratitudine al Pontefice: «Ci sono stati applausi per Papa Francesco che non li ha abbandonati mai, che si fa sempre vicino, che soffre come soffrono loro».

Quello vissuto a Betlemme è stato un Natale insolito, senza luci, senza il grande albero addobbato che ogni anno illumina la piazza della Mangiatoia, a pochi metri dalla basilica della Natività. Al suo posto, invece, è stato allestito un presepe ambientato tra le macerie di Gaza, filo spinato, lamiere e crateri lasciati dalle esplosioni. Si tratta di un gesto di solidarietà con i fratelli di Gaza, dove, a causa delle bombe israeliane, sono già morte oltre ventimila persone dal 7 ottobre. «Vorrei stanotte dare voce a un sentimento profondo che credo proviamo tutti e che trova eco nel Vangelo appena proclamato: “Perché non c’era posto per loro” (Lc 2, 7). Come per Maria e Giuseppe, anche per noi, oggi qui, sembra che non ci sia posto per il Natale», ha detto il cardinale Pizzaballa nell’omelia della messa di mezzanotte a Betlemme. Il pensiero del patriarca di Gerusalemme dei Latini è andato «a tutti, senza distinzione, palestinesi e israeliani, a tutti quelli colpiti da questa guerra, a quanti sono nel lutto e nel pianto e attendono un segno di vicinanza e di calore». Un pensiero speciale per Gaza e i suoi due milioni di abitanti: «Davvero quel “non c’era posto per loro” esprime bene la loro situazione, oggi nota a tutti e la cui sofferenza non cessa di gridare al mondo intero. Nessuno più ha un posto sicuro, una casa, un tetto, privati dei beni essenziali di vita, affamati, e più ancora esposti a una violenza incomprensibile. Non sembra esserci posto per loro non solo fisicamente ma nemmeno nella mente di coloro che decidono le sorti dei popoli».

È la situazione in cui «da troppo tempo vive il popolo palestinese — ha osservato Pizzaballa — che, pur vivendo nella propria terra, si sente dire continuamente “non c’è posto per loro”, e attende da decenni che la comunità internazionale trovi soluzioni per porre fine all’occupazione, sotto la quale è costretta a vivere, e alle sue conseguenze. Mi sembra — ha continuato il porporato — che oggi ciascuno sia chiuso nel suo dolore. Odio, rancore e spirito di vendetta occupano tutto lo spazio del cuore, e non lasciano posto alla presenza dell’altro. Eppure, l’altro ci è necessario. Perché il Natale è proprio questo, è Dio che si fa umanamente presente e che apre il nostro cuore a un nuovo modo di guardare il mondo». Il patriarca ha poi chiesto la grazia per se stesso, per la Chiesa di Terra Santa e per ogni Chiesa: «Che essa sia per tutti casa, spazio di riconciliazione e perdono per quanti cercano gioia e pace! Rinasca allora Cristo in questa terra, Sua e nostra, e riparta da qui il cammino del Vangelo della pace per tutto il mondo!». Pizzaballa ha ricordato infine anche la parrocchia latina di Gaza: «Ero solito venire a trovarvi ogni anno e spendere qualche giorno da voi per le feste di Natale e solo Dio sa quanti tentativi ho fatto per essere lì con voi. Non siete soli e noi non vi abbandoneremo mai. Siate coraggiosi come lo siete stati fino ad adesso: ora voi state sperimentando paura, tragedia e morte, ma in questo momento voi siete la nostra luce».

L’inviato del Papa ha continuato la sua missione in Terra Santa il giorno di Santo Stefano, spostandosi in Galilea. La prima tappa è stata nella basilica dell’Annunciazione di Nazaret per una preghiera silenziosa, «sussurrata e sentita per la pace». Dopo la messa e la recita dell’Angelus, Krajewski ha visitato alcune comunità religiose, come le suore della Sacra Famiglia di Nazaret e i Fatebenefratelli, i frati appartenenti all’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio. Nel pomeriggio si è poi raccolto in preghiera sul Monte delle Beatitudini, situato sulle rive del lago di Tiberiade.

Tornato a Gerusalemme, oggi l’elemosiniere ha incontrato le suore Missionarie della Carità. In serata Krajewski farà ritorno in Vaticano.

di Beatrice Guarrera