· Città del Vaticano ·

Gli aiuti dopo la frana che ha sconvolto la vita di una cittadina montana in Ecuador

Suore della speranza

 Suore della speranza  QUO-290
19 dicembre 2023

Ad Alausí le Oblate di San Francesco di Sales gestiscono una scuola


Alle 4,30 del mattino suor Klara-Maria Falzberger parte da Quito, dove vive dal 1997: il suo pick-up è carico di generi alimentari, coperte e tante altre cose di cui hanno bisogno le persone colpite dalla frana; sono 400 chilometri fino ad Alausí e suor Klara-Maria ci impiega otto ore per arrivare. Fino a poche settimane fa avrebbe impiegato solo cinque ore, ma, alla fine di marzo, proprio ad Alausí, dove le suore Oblate di San Francesco di Sales (l’ordine al quale appartiene suor Klara-Maria) gestiscono una scuola, c’è stata una brutta frana. «Era domenica sera, erano circa le 21,10 quando mi ha telefonato, disperata, una nostra insegnante della scuola di Quito, i cui genitori vivono ad Alausí: “È franata la montagna e io non so cosa ne sia stato della mia famiglia”. Ho provato immediatamente a mettermi in contatto con le mie consorelle, che mi hanno detto: “Non sappiamo cosa sia successo: c’è stato un terremoto, è andata via la corrente e ora la gente è uscita in strada, gridando. Tutti piangono e gridano. Non vediamo niente, c’è una nuvola di polvere; speriamo che non sia successo niente agli altri. Noi stiamo bene”».

Nelle sue visite, suor Klara-Maria cerca di distribuire i beni, portandoli direttamente alle persone che sono rimaste ad Alausí. Quello che “avanza” si conserva nella scuola. Attualmente, suor Klara-Maria e le sue consorelle non vengono più settimanalmente da Quito nel paesino di montagna, ma mantengono in ogni caso una certa regolarità nelle visite. Subito dopo la frana, cinque suore sono rimaste ad Alausí per prendersi cura delle persone. Inizialmente non è stato possibile vivere nella scuola e così si sono trasferite nella città di Sibambe, distante circa 30 chilometri. Tuttavia, la chiusura definitiva della scuola non è mai stata un’opzione, come sottolinea suor Klara-Maria: «Quello di cui hanno bisogno le persone è che le nostre suore rimangano con loro. Potremmo dire che la situazione è davvero pericolosa e che per questo ci ritiriamo: ma questo non è possibile. Le persone ci chiedono di non chiudere la scuola: “Non possiamo nemmeno immaginare che la scuola non ci sia più. Abbiamo bisogno di voi!”. Sarebbe come tradire tutte queste persone andare via».

Nel frattempo, ad Alausí è ripresa, più o meno, la vita quotidiana. Molte famiglie non hanno ancora una casa, perché la loro è sepolta sotto la frana, spiega suor Klara-Maria: «Purtroppo sono ancora in attesa che lo Stato, prima o poi e in qualche luogo, assegni loro un nuovo appezzamento di terreno». Alla fine di giugno il governo ecuadoriano ha sospeso anche le forniture degli aiuti d’emergenza alle vittime della catastrofe naturale. Per questo, la popolazione locale sta iniziando a ricostruirsi il villaggio da sola, per quanto possibile, in attesa degli aiuti del governo: per collegare Alausí con i villaggi montani circostanti, per esempio, hanno stabilizzato la terra franata per realizzare nuovi collegamenti stradali.

Dopo la frana, le suore sono rimaste lì, ad Alausí, perché la gente abbia qualcuno con cui parlare o qualcuno che ascolti. Suor Klara-Maria nota che le famiglie non parlano di quanto è accaduto: alla disperazione e alle lacrime del primo momento si è sovrapposta «un’indifferenza quasi disumana. Si tende a minimizzare: “Beh, in fondo non è grave, avrebbe potuto essere peggio: siamo ancora vivi e va bene così”. Ma se poi arriva qualcuno “da fuori” e fa domande, ecco, con quella persona puoi “scaricare” tutto quello che hai tenuto compresso dentro di te per non ferire gli altri».

In prima battuta, l’impegno delle oblate è di riportare ad Alausí i ritmi della quotidianità. Le lezioni si potevano svolgere inizialmente solo in forma virtuale, ma a questo erano abituate dai tempi della pandemia. Subito dopo la frana le suore hanno contattato tutte le alunne e tutti gli alunni chiedendo loro notizie della loro salute, della casa e se avessero perso qualcuno dei loro cari: «E non c’è quasi nessuno che non pianga qualcuno dei suoi cari. Non sempre sono familiari, ma magari i vicini, amici, ricordi. I bambini hanno bisogno di distrazione, hanno bisogno di qualcuno con cui poter parlare, devono sentire che “la vita continua, anche se nella mia famiglia ci sono stati sette, otto morti; nonostante tutto il dolore, devo continuare con la mia vita”. Non è un aiuto solo intellettuale, è una forma di sostegno tutta umana».

Alla fine di giugno 2023, tre mesi dopo la frana, i lavori di recupero sono stati interrotti. A quella data i soccorritori avevano recuperato sessantacinque morti ma suor Klara-Maria sa che ci sono almeno altre dieci persone che rimarranno per sempre sepolte dalla frana, perché Nuevo-Alausí è ancora sepolta sotto 40 metri di terra. Che avrebbe potuto esserci una frana, era prevedibile: le frane sono comuni in questa zona; ma mai se n’erano verificate di queste proporzioni. Per questo in molti erano convinti che se ne sarebbero accorti quando la terra avrebbe iniziato a franare, e che avrebbero fatto in tempo a scappare.

Subito dopo la frana, in molti sono andati via perché la loro casa era crollata o semplicemente perché avevano paura: perché la montagna potrebbe continuare a franare. Tuttavia, negli ultimi mesi e nelle ultime settimane molti di essi sono tornati: a lungo andare, le quote pagate per il subaffitto nei villaggi vicini erano troppo alte, la scuola o il lavoro troppo lontani.

Tuttavia, soprattutto dopo il grande spavento immediatamente successivo alla frana, suor Klara-Maria e le sue consorelle hanno trovato sempre nuova speranza nella cittadina. Ed è in questo senso che il 26 aprile, un mese dopo la frana, sul “Puente Negro” è stata di nuovo issata la bandiera di Alausí. «Per esempio, da Quito tanti studenti di molte scuole che non conoscono né i ragazzi di Alausí né noi ci hanno mandato aiuti, non solo in generi di prima necessità. Particolarmente affettuosa è stata l’iniziativa di una scuola che ha chiesto ai suoi allievi delle elementari di scrivere delle lettere da portare ai ragazzi di Alausí. La prima volta io stessa ho portato un sacco pieno di letterine perché le nostre suore potessero far arrivare ai bambini, agli insegnanti e alle persone i messaggi in esse contenuti: “Sono con te. Non ti scoraggiare. Dio ti protegge”. Sono piccoli, piccolissimi pensieri che riportano la speranza». Messaggi simili sono stati scritti anche sulle lattine che le suore oblate di Quito hanno portato ad Alausí. Subito dopo la frana, anche le suore Oblate di San Francesco di Sales in Austria hanno avviato una campagna di raccolta fondi che nel frattempo si è conclusa.

Suor Klara-Maria sa che può sempre contare sulle sue consorelle, anche fuori dall’Ecuador, e sul loro sostegno in caso di bisogno: «Credo che l’aiuto che ci si dà vicendevolmente sia una luce per chi crede di avere perso tutto. Tra la popolazione c’è una solidarietà immensa: è in queste circostanze che ci si accorge che le persone si aiutano tra di loro».

di Franziska Gömmel


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