La buona Notizia

Nel racconto del Vangelo di Luca, uno dei momenti più esaltanti della storia di Maria. L’angelo Gabriele annuncia a Maria che concepirà un figlio che «verrà chiamato Figlio dell’Altissimo». Su questo incontro tra Maria e l’angelo gli artisti si sono sbizzarriti nei secoli. E sono echi, le loro Annunciazioni, del mutare del significato che questo annuncio destinato a dar vita al cristianesimo avrebbe assunto nel mutare dei tempi. Nel racconto del Vangelo di Luca, vedo certo Maria, ma vedo anche Myriam, l’ebrea allevata nella tradizione, destinata a sposare un uomo della casa di David, lei stessa della stirpe di David, poco amata o addirittura ignorata dai testi ebraici per il significato fondante del cristianesimo che la sua storia assume, ma mai rinnegata in quanto ebrea. E di questo racconto mi colpisce in particolare lo stupore: stupore del destino che le viene annunciato, che mi ricorda Sara e la sua risata quando in Genesi le viene annunciata, a novant’anni, la nascita di Isacco. E ricordo di aver letto nei testi di un grande studioso, Daniel Boyarin, che il Vangelo di Luca non era estraneo, in questo racconto, ad antichi midrashim che narravano della futura nascita del Messia.
Ma quello stupore cos’è? Lo stupore per concepire senza “aver conosciuto uomo”, quello per essere la prescelta di Dio, quello, per dirla ancora con Luca nelle parole straordinariamente potenti del Magnificat, per la profezia che suo figlio sarà destinato a rovesciare «i potenti dai troni»? E mi piace, non trovando risposta nel mio animo di non credente, trovarla nelle immagini dei pittori che hanno dato vita con figure e colori a quello stupore fino a trasformarlo in spavento, in fuga: come nell’Annunciazione di Recanati di Lorenzo Lotto, in cui lo spavento di Maria è moltiplicato da quello del gatto, anche lui in fuga davanti all’angelo. Ma, per tornare ai motivi più specificamente ebraici che questo testo mi evoca, non essendoci prima del Novecento pittori ebrei che potessero rappresentare la visione ebraica dell’Annunciazione, mi volgo alle Annunciazioni di Chagall, che pure preferiva a questo tema quello della Crocefissione: non c’è spavento nelle sue Annunciazioni, ma grandi mazzi di fiori e l’angelo e Maria assomigliano ai fidanzatini che popolano i suoi quadri.
Mi domando il perché, di questa armonia con cui gli occhi di un pittore ebreo, che pur sapeva dipingere i due mondi e il loro scontro oltre al loro incontro, vedevano l’annuncio di Dio a Maria, alla Myriam degli ebrei. E mi chiedo se non fosse perché in quell’annuncio il pittore ebreo vedeva, dal di fuori, la speranza, mentre dal di dentro, nei secoli, l’iconografia cattolica vi coglieva anche il terrore e il tremore di promesse tanto difficili da realizzare nel mondo.
di Anna Foa