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Alla Pontificia Università Gregoriana ricordato il primo presidente della Tanzania

Julius Nyerere, “politico
con l’anima” tra i fondatori dell’Africa moderna

 Julius Nyerere, “politico con l’anima” tra i fondatori dell’Africa moderna  QUO-288
16 dicembre 2023

Non capita spesso di trovarsi di fronte alla figura di Julius Nyerere. Eppure, sebbene per importanza nello sviluppo della cultura politica africana, possa essere paragonabile ad altri grandi come Léopold Sédar Senghor o Nelson Mandela, egli rimane spesso in ombra. A riportarlo alla luce — in occasione del decimo anniversario dell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium e a tre anni dall’Enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco — ci ha pensato un importante convegno internazionale organizzato a fine novembre dalla Pontificia Università Gregoriana, intitolato significativamente: “politico con l’anima” e “Servo di Dio”.

Ma perché Nyerere è annoverabile tra i “politici cattolici” da ricordare? Il 16 settembre 2013, in un’omelia a Casa Santa Marta, Papa Francesco ha evidenziato che i buoni cattolici «si immergono nella politica offrendo il meglio di sé». Nel 2020 ha ribadito che le persone «quando si uniscono per avviare processi sociali di fraternità e di giustizia per tutti, entrano nel campo della carità nella sua forma più vasta, che è la carità politica». In questo senso, «la vita di Nyerere ci permette di dimostrare che l’ottimismo di Francesco non è rivolto a una finta utopia, ma a una realtà pratica vissuta» qui sulla terra, ha detto il gesuita padre Festo Makenda, direttore accademico degli Archivi della Compagnia di Gesù, intervenendo al simposio della Gregoriana. Nyerere, ha scritto Saida Yahya-Othman, professoressa dell’Università di Dar es-Salaam, «sentiva il dolore e la fame delle masse proprio come un padre sente quello dei suoi figli». Il suo pensiero venne plasmato dal cristianesimo — cui aderì ricevendo il battesimo a 20 anni, dopo essere nato in una famiglia della tribù dei Wazanaki del Tanganyika — dotandosi di «quel necessario riconoscimento della dignità umana, che gli ha permesso di affrontare la pubblica piazza per sostenere uno sviluppo incentrato sull’uomo», ha sottolineato ancora padre Makenda.

Nyerere è stato una personalità sui generis, certamente una delle figure più significative dell’Africa del xx secolo. Un cattolico fervente e impegnato. Aveva lavorato come maestro — da qui l’epiteto swahili di “Mwalimu” — nelle suole dei Missionari d’Africa (i Padri bianchi) e metteva la messa al centro della vita («Senza la celebrazione eucaristica sarebbe impossibile per me compiere il mio lavoro», diceva): era arrivato ad appassionarsi così tanto alle Scritture da tradurre i quattro Vangeli e gli Atti degli apostoli in lingua kiswahili.

Leader nazionalista, panafricanista e sostenitore delle lotte di liberazione, venne eletto al Parlamento coloniale nel 1958, divenne primo ministro del Tanganyika nel 1961, quando il Paese ottenne l’indipendenza dalla corona britannica, poi nel 1964 primo presidente della Tanzania, nata dall’unione tra Tanganyika e Zanzibar. Lasciò nel 1985, dopo la guerra del 1978-79 contro l’Uganda di Idi Amin, che portò il Paese a un collasso finanziario.

Aderì al socialismo, conosciuto durante gli studi universitari a Edimburgo, applicandolo alla propria terra e all’identità dell’uomo africano, sulla base di un comunitarismo solidale — ed è questo l’aspetto più originale del suo pensiero — chiamato “ujamaa”, che significa famiglia, comunità, fratellanza, e che si concretizzava nella realizzazione di villaggi autosufficienti di circa 2.000 persone e nella statalizzazione dell’economia. Un’ideologia, questa — ha sostenuto nella sua relazione Ethan R. Sanders, professore alla Regis University negli Usa — che Nyerere aveva tratto dall’umanesimo integrale di Jacques Maritain, nel quale sussiste «un chiaro legame tra dignità umana e giustizia sociale», nonché fede nell’uguaglianza. «Il servizio dell’uomo è infatti lo scopo della società stessa», diceva Nyerere. Pertanto, scriveva ancora nella “Dichiarazione di Arusha” del 1967, «lo sviluppo di un Paese dipende dalla sua gente e non dal denaro. Il requisito più importante è il lavoro». «Questo fondamento sui diritti umani e sulla giustizia — ha evidenziato Sanders —, è confluito anche nella politica estera», nella quale egli fu un sostenitore del movimento dei non allineati e dell’Organizzazione dell’unità africana (Oua). Gli effetti della “villagizzazione” nelle “jamaa”, avvenuta però anche attraverso trasferimenti forzati della popolazione, furono positivi dal punto di vista della crescita dell’alfabetizzazione e del miglioramento dei servizi sanitari, ma certamente non efficienti dal punto di vista economico, con l’innesco di meccanismi di corruzione e parassitismo.

La sua figura ha suscitato dunque opposte reazioni. Se i suoi critici lo accusano di aver abbracciato un sistema contro la libertà, in molti ne ammirano il profilo umano — di persona integerrima, sobria, capace di dialogare con tutti e sempre dalla parte degli oppressi — oltre che politico. Tanto che alla sua morte, James Wolfensohn, all’epoca presidente della Banca mondiale, affermò che «Nyerere è stato uno dei padri fondatori dell’Africa moderna. Uno dei pochi leader mondiali i cui alti ideali, integrità morale e umiltà abbiano ispirato le persone oneste di tutto il mondo». E se è vero che il cristianesimo ha decisamente forgiato il suo pensiero, è anche vero il contrario. «Le sue idee hanno avuto un’influenza sia su Paolo vi che su Giovanni Paolo ii », ha sostenuto ancora Sanders. Accenti per esempio sulla lotta per l’educazione e contro la povertà, o sul sottosviluppo e un’economia centrata sull’uomo, «si ritrovano nella Populorum progressio e nella Centesimus annus». Cambiamenti nella Dottrina sociale della Chiesa poi ripresi anche nella Evangelii Gaudium e nella Fratelli tutti.

Nel 2005 l’allora Congregazione per le Cause dei Santi ha dato il suo benestare affinché possa essere chiamato “Servo di Dio”. Nel 2006 il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar es-Salaam, ha avviato la fase diocesana del processo di beatificazione.

di Roberto Paglialonga