· Città del Vaticano ·

L’attesa

Gesù Sapienza del Padre

 Gesù Sapienza del Padre  QUO-288
16 dicembre 2023

Avvento  di riflessione e gioia


In attesa del 25 dicembre, la Chiesa si immerge nella profonda meditazione dell’incarnazione del Signore, del mistero della kenosis, lo svuotamento di Dio, che si fa Carne nel Figlio. Questo sacro avvenimento è celebrato annualmente con devozione nella solennità del Natale.

Nel percorso di preparazione alla ricorrenza natalizia, i testi liturgici dell’Avvento guidano i fedeli verso un’accoglienza consapevole di questo eccezionale dono della venuta del Signore. Particolare enfasi è posta nel periodo detto delle “Ferie maggiori”, dal 17 al 24 dicembre, quando l’ufficio dell’Avvento si arricchisce di maggiore solennità. In questo tempo distinto, i canti vesperali delle antifone maggiori risuonano nella preghiera serale della Chiesa, quando quest’ultima alza un grido verso il Messia, invocando ardente la Sua venuta. Tramite titoli biblici, queste antifone esprimono un’aspirazione crescente verso la celebrazione imminente del Natale, alimentando un’attesa che viene infine colmata dalla Sua presenza.

Ogni giorno un nuovo titolo, un nuovo aspetto della figura del Messia, introdurrà i nostri lettori, come in una sorta di itinerario spirituale attraverso una serie di articoli dedicati alle antifone maggiori, saggiamente inserite nella liturgia avventizia per accentuare il sentimento di attesa e preparazione. Un appuntamento quotidiano nel quale andremo a scoprire quelle profonde sfumature che caratterizzano questo tempo di riflessione e gioia.

Nell’ambito delle nostre riflessioni sulle antifone maggiori, avremo anche il privilegio di accompagnare i nostri articoli con brani tratti dal libro di Papa Francesco sul presepe, simbolo per eccellenza dell’umile venuta di Cristo nel mondo. Sarà questo un ulteriore spunto di meditazione, per approfondire quotidianamente il mistero dell’Incarnazione così come vissuto e contemplato dal Pontefice. Papa Francesco ci invita a meditare su quest’opera di semplicità divina che sceglie la via della piccolezza per affacciarsi nelle nostre vite: «L’emozione di quella vista mi spinge ad approfondire il mistero cristiano che ama nascondersi dentro ciò che è infinitamente piccolo. In effetti, l’incarnazione di Gesù Cristo resta il cuore della rivelazione di Dio, anche se si dimentica facilmente che il suo dispiegarsi è così discreto al punto da passare inosservato».

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L’antifona del 17 dicembre risuona come un solenne inno di lode, un’ardente invocazione rivolta alla Sapienza eterna che, già esistente prima dell’alba dei tempi, si eleva sublime e maestosa al di sopra di ogni cosa. Questa Sapienza, come anche afferma la letteratura sapienziale, è emanazione «dalla bocca dell’Altissimo» (Siracide, 24, 3). Il Prologo di Giovanni, nel Nuovo Testamento, pone le fondamenta di questo mistero con parole altrettanto solenni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Giovanni, 1, 1-3). La Sapienza è la chiave per comprendere l’atto della Creazione, poiché è il principio mediante il quale il Divino Artista ha plasmato e continua a governare l’universo.

Può essere di supporto, alla meditazione personale, la rilettura del De Trinitate di sant’Agostino: qui il filosofo indaga sulla natura di Dio a partire da una riflessione sulla relazione tra Padre, Figlio e Spirito santo. Affrontando il tema del Verbo, del Logos, ne parla come di quella Parola divina non pronunciata con un suono effimero ma generata sin dall’eternità. La Parola contiene e riflette tutte le idee e le forme eterne ed è il principio creativo attraverso il quale tutte le cose sono venute all’esistenza. Agostino contempla il Verbo come luce della mente, principio ordinatore che illumina ogni uomo e rivela la Verità di Dio. Per il vescovo d’Ippona, l’Incarnazione di questo Verbo in Gesù rappresenta il punto culminante dell’opera di Dio: la Sua Sapienza si fa accessibile, visibile e tangibile all’umanità, così che attraverso Cristo gli uomini possono conoscere Dio e raggiungere la salvezza. In Cristo «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Giovanni, 1, 14). Si tratta di un atto supremo di amore divino ed è la chiave di volta di tutta la storia della Salvezza.

Quel Dio che, attraverso una trama di “eventi e parole” intimamente intrecciati, si era rivelato all’umanità, dialogando con loro come con degli amici, lo stesso Dio che si era manifestato nella Legge data a Mosè, e tramite i profeti e i saggi, ora «in questi giorni ultimi ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Ebrei, 1, 1-2). Agostino, con la sua prospettiva illuminata, afferma: «Egli è Rivelatore del Padre e Creatore della Madre». Nell’espressione si coglie un sublime paradosso: la somma Sapienza, «che tutto dispone», non è minimamente offuscata dalla fragilità di un bambino. Nell’assumere la natura umana, non cessa di irradiare la sua potenza «da un capo all’altro del mondo e di governare con bontà ogni cosa» (Discorso 187).

Similare è la preghiera che san Bernardo, nella Divina Commedia, rivolge a Maria e nella quale possiamo rileggere una summa di tutta la nostra fede cristiana: «Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio» (Paradiso, xxxiii , 1-3). La natura divina, sebbene celata dietro l’umile sembianza dell’Uomo-Dio, non si eclissa, rimane inalterata, nel Cristo, come in un fuoco che arde senza consumarsi, ed è fonte di eterna Verità e Amore. La Sapienza che oggi invochiamo nell’antifona non è solo una virtù dell’anima razionale, come per gli antichi greci. San Tommaso, ispirandosi alla definizione di sophia aristotelica, ne ha arricchito il concetto, fino ad asserire che questa, nella sua forma più profonda e divina, è un dono di Dio, una Grazia infusa che illumina l’intelletto umano e lo eleva oltre i limiti della ragione naturale.

Per l’Aquinate, la sapienza è sì una conoscenza speculativa delle realtà più alte, ma è anche una virtù che orienta la vita morale dell’uomo verso il suo fine ultimo, che è Dio stesso. È in questo contesto che prende forma la sua meravigliosa meditazione sul mistero dell’Incarnazione, cioè l’atto supremo della Sapienza divina che si rende accessibile all’umanità. È l’evento in cui l’eterna Sapienza di Dio, il Logos, si fa uomo in Gesù Cristo, rendendo possibile, così, quella sinergia tra fede e ragione che è al cuore del pensiero di san Tommaso. Per essere più chiari: le verità che una volta erano oggetto di pura fede diventano manifeste e palpabili. Il Verbo di Dio, che ha ordinato l’universo e che lo sostiene con la Sua sapienza, entra nella storia con un volto umano, offrendo un esempio vivente di vita virtuosa e aprendo la via verso una conoscenza intima di Dio che si basa non solo su astratte considerazioni teologiche ma su un dialogo personale e amorevole con Lui.

In definitiva, la Sapienza non è più da cercarsi nei cieli stellati o nelle leggi della natura, ma è incarnata in una persona, il Cristo, il quale è «potenza di Dio e sapienza di Dio» e «ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» ( 1 Corinzi, 1, 24). Il nostro non sia semplicemente un esercizio intellettuale ma un cammino di imitazione di Cristo, un percorso che abbraccia tanto la mente quanto il cuore, e che è reso possibile grazie a quella Grazia divina che illumina e trasforma il cristiano dal dentro, permettendogli di assaporare e vivere quelle verità che altrimenti rimarrebbero inaccessibili.

di Daniele D’Elia


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