· Città del Vaticano ·

Diario da Dubai
I negoziati per il clima alla Cop28

Il malinteso (e il ricatto)
dei finanziamenti

 Il malinteso (e il ricatto) dei finanziamenti  QUO-282
09 dicembre 2023

A Expo City i negoziati per il clima della cop28 di Dubai sono ripresi a pieno ritmo. Il meritato riposo della giornata di giovedì ha dato il tempo ai negoziatori di raccogliere le energie per il rush finale che si prospetta molto delicato. A raccontarci come stanno andando le cose è il direttore del ministero italiano dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Federica Fricano, da diversi anni capo negoziatore per l’Italia nelle Conferenze per il clima: «Il riposo ha consentito a tutte le delegazioni di assimilare le 27 pagine della bozza di accordo e valutare più serenamente le diverse opzioni sul tavolo. A questo punto le decisioni assumono una dimensione molto più politica e sono chiamati a scendere in campo i ministri competenti. Molte importanti questioni però resteranno aperte fino all’ultimo. Sarà infatti compito della presidenza di cop28 raccogliere le istanze di tutti per comprendere le forze in campo e arrivare ad una stesura del testo che metta davvero tutti d’accordo. Un compito non facile».

Rispetto ai grandi temi del Global Stocktake — adattamento, mitigazione e finanza climatica — si dovrà quindi aspettare l’ultimo atto. Ma tante distanze tra parti, e blocchi di paesi, sembrano già anticipare alcuni risultati. Ad una negoziatrice che da anni vive questi tavoli di lavoro non possiamo non chiedere quanto disti la realtà da quello che traspare sui mezzi d’informazione: «Ci sono temi che catturano l’attenzione molto più di quanto dovrebbero, e vengono raccontati da una prospettiva che non rende giustizia alla verità. Sulla finanza climatica ad esempio si sta facendo molta confusione. La discussione su questo tema in realtà era stata programmata per il 2024 e sarà quindi oggetto della cop28 . Questo semplicemente perché dal 2025 deve partire una nuova programmazione finanziaria e i temi ad essa legata andranno affrontati tutti insieme in modo molto più organico».

Ma non è un bene che i paesi poveri facciano finalmente sentire la loro voce? «Certamente! Ma se oggi questo punto monopolizza l’attenzione è soprattutto perché ci sono paesi che stanno legando il proprio impegno per il clima ai finanziamenti richiesti alla comunità internazionale. In questo modo si tradisce lo spirito stesso dell’accordo di Parigi. Nel 2015 ci siamo tutti impegnati a dare il massimo per risolvere la crisi climatica, ognuno secondo le proprie reali possibilità. Ora siamo tutti convinti che la finanza climatica debba intervenire là dove la crisi è più grave, come anche in quei paesi dove azioni necessarie rischiano di essere realizzate per mancanza di risorse. Ma questo non dà a nessuno il diritto di dire: “Se non mi finanziate io inquino”. Per dare una misura di quanto venga distorto il tema basti pensare che oggi ci sono addirittura paesi del G20 che si schierano dalla parte dei poveri e chiedono di essere finanziati altrimenti non si impegneranno per la sostenibilità».

È per questo che ci sono state dichiarazioni cosi tiepide sul famigerato fondo “Perdite e Danni”? Gli Stati Uniti ad esempio parlano di 17 milioni di dollari di fronte ad un progetto che doveva raccogliere 100 miliardi. «Anche qui la confusione mediatica rischia di far passare messaggi sbagliati. Gli Usa hanno stanziato 3 miliardi di dollari per il fondo clima e sono quindi tutt’altro che restii ad investire. Ma il fondo “Perdite e Danni” è in realtà solo una delle tante componenti finanziare di un programma che, come dicevo, sarà valutato in un’altra fase dei negoziati. Nessuno quindi può averlo in simpatia visto che è completamente fuori contesto. Sui danni prodotti dai disastri naturali, per altro, esistono risorse enormi alle quali si può già attingere: penso ai fondi per la cooperazione a quelli per i disastri naturali. Non sono le risorse a mancare spesso, ma il buon senso di affrontare questi aspetti nei modi e nei tempi giusti».

Il direttore torna ai difficili negoziati e intanto ad Expo City la cop28 dedica i suoi lavori al tema dei “Giovani” e dell’”Educazione”, ricordandoci che alla fine il cambiamento climatico è un tema che va sempre ricondotto al dialogo tra le generazioni che si avvicendano su questo pianeta. Da quando alla Cop26 Milano-Glasgow fu organizzata la prima Youth4Climate — una sorta di Cop Giovani che da allora precede i negoziati — ragazzi e ragazze di tutto il mondo hanno moltiplicato gli sforzi per entrare nel dibattito mondiale sul clima e contribuire alla difesa del proprio futuro. Un’iniziativa importante, la Youth4Climate, che quest’anno è stata organizzata a Roma e che ha potuto coinvolgere giovami provenienti da oltre 60 paesi in via di sviluppo. Più di 1000 progetti sono stati valutati dal Centro Undp di Roma per il Clima e l’Energia, che organizzava l’evento e che ne ha premiati circa 50 con un finanziamento a fondo perduto.

Per suggellare questa esperienza internazionale un ambassador d’eccezione come il maestro Giovanni Allevi ha lanciato dalla Blue Zone di Dubai un videoclip inedito dal titolo Tomorrow. Dopo due anni di battaglia contro una grave malattia questo artista di fama internazionale ha deciso di tornare così a sostenere la voce delle nuove generazioni nella loro difficile lotta contro il cambiamento climatico. L’inedito Tomorrow è stato girato a Roma proprio durante la terza edizione della Youth4Climate ed ha potuto godere di una scenografia straordinaria grazie dall’illuminazione del Colosseo che il Parco Archeologico più prestigioso al mondo ha concesso per l’occasione. «La lotta al cambiamento climatico — ha dichiarato Allevi — è soprattutto un gesto d’amore, che in una società superficiale e conformista come la nostra si rivela essere un gesto dirompente e rivoluzionari». Il video di Tomorrow è visibile su https://youtu.be/wNx6a7xKMzM

di Pierluigi Sassi