· Città del Vaticano ·

Storia di una famiglia filippina colpita da vicino dalla violenza di Hamas

Paul, Jovelle e Jhayzen tornano a casa

 Paul, Jovelle e Jhayzen  tornano a casa  QUO-281
07 dicembre 2023

«Padre per favore può benedire il bambino e la mamma?», una richiesta piuttosto abituale per padre Augustin, il parroco francescano di Jaffa. «Mi capita ogni domenica alla fine della messa che una famiglia filippina mi chieda una benedizione particolare prima di partire per far ritorno nelle Filippine — racconta padre Augustin —. È una loro tradizione. Ma questa volta c’era qualcosa di diverso. Il gruppetto di filippini che mi si erano avvicinati erano tutti vestiti di bianco, e la mamma era sola. Inizialmente ho pensato che fosse una ragazza-madre poi con discrezione mi sono avvicinato e sommessamente le ho chiesto “Ma il papà non c’è?” E lei “Eccolo è qui!”. Mi si è gelato il cuore quando mi ha mostrato l’urna con le ceneri di Paul, il giovane marito ucciso il 7 ottobre scorso da Hamas. Paul lavorava come badante in un kibbutz vicino Gaza, assisteva un anziano signore israeliano malato, morto anche lui nell’attacco terroristico. Li hanno trovati insieme, lui sopra al suo assistito, forse in un ultimo disperato tentativo di proteggerlo. Lei, Jovelle, quella mattina era andata a trovare un’amica in un altro kibbutz, e questo l’ha salvata. Jovelle era incinta, il piccolo Jhayzen Paul è nato due settimane fa. Non vedrà mai suo padre».

Sono circa 30.000 i filippini che vivono e lavorano in Israele. La maggior parte come badanti, ma anche come lavoratori agricoli nei kibbutz. La legge israeliana prevede che i permessi di lavoro abbiano una durata massima di due anni. Ma nel caso dei badanti, il permesso può essere prolungato fino a quando l’assistito è in vita, oppure se alla scomparsa di questo trovano subito un altro anziano da accudire. Non pochi, esaurito il permesso di soggiorno, scelgono di rimanere senza documenti nel paese. «È una comunità molto devota che frequenta regolarmente la chiesa — continua padre Augustin —, noi cerchiamo di aiutarli perché spesso si trovano in difficoltà economiche o di inserimento sociale. Ormai negli anni ci sono stati anche diversi matrimoni misti con cittadini israeliani. Al momento ci sono un centinaio di soldati filippini che combattono con Israele a Gaza. Per alcuni di loro arruolarsi nelle schiere dell’Israeli Defence Force significa di fatto acquistarsi la cittadinanza e la possibilità di rimanere». In questi giorni molti migranti filippini stanno facendo ritorno in patria, in ciò aiutati sia dal governo israeliano che da quello filippino.

Per Jovelle e il piccolo Jhayzen sarà un ritorno triste e l’inizio di una nuova vita. E Paul riposerà, da uomo giusto e generoso, nella sua terra.

di Roberto Cetera